in un'Italia "salvata" da Monti&soci
(così vi raccontano...)
La misura è colma
"Sono un libero professionista. La rabbia cresce di anno in anno. Per lavorare devo:
- Pagare un IMU più che raddoppiata nell'ultimo anno. Per un ufficio normalissimo devo pagare 1600 euro all'anno.
Servizi dati in cambio = 0
- Uso l'auto al 95% per lavoro, perchè diversamente me ne vado in bicicletta. Posso scaricare al massimo al 40% le spese.
Dall'anno prossimo al 27,5%. Negli ultimi 9 anni il diesel è aumentato da 0,78 a 1,78 euro al litro (soprattutto per le tasse)
- I contributi sulla pensione stanno crescendo di anno in anno da 4 anni. Ora prendono il 6,5 per cento di fatturato in più. Cioè sono aumentati di ben il 54,2% in soli 4 anni.
In anni in cui il fatturato si sta contraendo sempre di più.
La pensione l'hanno portata sempre più in là e con prospettive sempre più magre
- Dopo gli studi di settore, ecco qui il redditometro. Attento: noi vediamo tutto quello che fai. Intercettiamo. Sappiamo tutto di te.
Siamo quasi arrivati alla STASI della Berlino del dopoguerra
Ma non lo capisce nessuno che gli evasori sono quelli che prendono e si portano i miliardi di euro all'estero? Per evadere ci vogliono i miliardi.
Detto questo: ma chi ce lo fa fare di lavorare ancora?"... .........
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L'INFORMAZIONE INDIPENDENTE NON GODE DEL PRIVILEGIO DEI SUSSIDI STATALI.
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HO CHIUSO P.IVA e CESSATO L'ATTIVITA'...
"Partita iva chiusa a marzo, perchè le spese crescevano e il fatturato diminuiva.
Per il governo PD-UDC-PDL non ero congruo.
Il commercialista mi ha suggerito di fare fatture false per pagare più tasse e rientrare nei parametri (rimettendoci secca l'IVA eccetera, a fronte di incassi non avvvenuti). Ho chiuso la partita IVA e cessato l'attività (mi sono autoesodato, senza nessuna copertura) perchè MAI ho fatto un falso a mio favore, e non voglio farli per Monti, Bersani e la Fornero.
Ho lavorato da quando avevo 12 anni.
Mi sono laureato lavorando.
Sono stato emigrante.
Ho versato 32 anni di contributi, alcuni anche da dirigente industriale.
Ma anche la pensione non ci sarà più, perchè ora mi attendono 15 anni senza versamenti, e poi mi arriverà la minima da 480 euro.
Ora vivo con i risparmi di tutta la vita, finchè durano."....
Ecco come il rigore di Monti uccide la prima industria italiana
from L'Indipendenza La spending review fase due, ovvero il secondo pacchetto che fa a capo all’intera riforma di risanamento del bilancio dello Stato, ora inizia veramente a farsi a sentire.
La prima industria italiana, quella del turismo, fonte di enormi entrate tributarie, sarà presto chiamata a sobbarcarsi tutti i costi per le manutenzioni straordinarie relative alle proprietà demaniali dello Stato.
Ciò che sta accadendo in questi giorni, fatti alla mano, ha dell’inverosimile.
Il recente maltempo che ha colpito l’Italia si è scatenato con grande intensità, facendo danni insostenibili su tutte le coste dell’alto Adriatico.
Danni ingenti che hanno colpito tutte le spiagge, comprese quelle più conosciute della costa veneziana come Chioggia, Jesolo, Caorle, Bibione ed altre.
In sostanza, per buona parte di queste spiagge, la sabbia è come se si fosse evaporata, letteralmente sparita, lasciando al suo posto una marea di rifiuti provenienti dai monti e scaricati dai fiumi su tutti gli arenili.
E’ di ieri il servizio, comparso sul quotidiano “La nuova Venezia” a firma del giornalista Giovanni Cagnassi, dove compaiono le dichiarazioni rilasciate dal sindaco di Jesolo relative alla soluzione migliore da adottare per fronteggiare l’enorme danno procurato dal maltempo scatenatosi sul suo Comune.
Il primo cittadino di Jesolo ha prontamente dichiarato alla stampa: “ Con la tassa di scopo e quella di soggiorno sistemiamo l’arenile”.
In sostanza, da tempo la Ue ha emanato una direttiva denominata Bolkestein e la stessa, dopo numerose modifiche, è stata approvata da tutti gli Stati membri.
Come sappiamo, tale direttiva permette a tutti i prestatori di servizi d’Europa di partecipare, dopo aver presentato la propria offerta, alle gare d’appalto estese però a tutta la comunità Europea.
Detto questo, appare veramente fuori luogo l’intervento del sindaco di Jesolo che nel frattempo ha già deciso di applicare due tasse per fronteggiare una spesa che in realtà avrebbe invece dovuto sostenere lo Stato Italiano.
Infatti, il demanio dello Stato, proprietario degli arenili di tutte le coste d’Italia, percepisce già le tasse relative alla sua proprietà con il frutto del pagamento delle concessioni demaniali incassate da tutti gli stabilimenti balneari.
In altre parole, le stesse leggi che emana lo Stato prevedono che in un qualsiasi contratto di affitto o locazione, le spese ordinarie relative alla locazione siano a carico del locatore, mentre invece quelle di natura straordinaria debbano essere sostenute dalla proprietà che cede in locazione i suoi beni.
Come sappiamo, con i recenti provvedimenti legislativi approvati dal governo che prevedono il trasferimento delle competenze del demanio dello Stato alle Regioni, il governo non ha voluto traferite quelle necessarie risorse finanziarie necessarie alla gestione di tali competenze, evitando così di sobbarcarsi i relativi costi derivati dall’applicazione delle stesse.
Ecco perché, alla luce di questi fatti, venendo meno al dovuto sostegno dei costi di natura straordinaria, lo Stato, si appropria ora indebitamente di quelle risorse finanziarie che vengono inevitabilmente a mancare agli Enti locali interessati.
In realtà, ciò che invece dovrebbero fare i Comuni coinvolti, con l’appoggio del governo regionale, è la messa in mora dell’Italia davanti alla Comunità Europea e quindi rifiutarsi di far sostenere ai cittadini i costi derivati da quelle manutenzioni straordinarie, che per logica conseguenza spetterebbero invece allo Stato Italiano.
Insomma, sarebbe più giusto che tale impegno finanziario, oggi ricaduto sugli enti locali, fosse pagato da chi è proprietario di tutti gli arenili d’Italia.
Se lo Stato Italiano si rifiutasse di adempiere ai suoi impegni, oltre ad un naturale e giusto atto di pignoramento sui beni di sua proprietà, sarebbe altrettanto naturale e giusto mettere in pratica una soluzione alternativa e tanto per fare un esempio dare quella completa attuazione, attraverso il referendum regionale, a quel diritto naturale che si chiama autodeterminazione.
Sindaco di Cantù: “Immorale pagare imposte a uno Stato clientelare”
from L'Indipendenza Scrivo questa lettera a tutti voi, perché dopo cinque mesi dalla mia elezione alla carica di sindaco della nostra città, sono oggi molto più arrabbiato di quanto non lo fossi cinque mesi fa e con questa lettera voglio dunque spiegarvene le ragioni.
Nel corso di questi cinque mesi non ho passato giorno senza ricevere richieste d’aiuto da parte di imprenditori con l’acqua alla gola o sull’orlo del fallimento, cassaintegrati e disoccupati allo stremo delle forze, padri e madri di famiglia che non riescono più a pagare il mutuo, le bollette sempre più salate, l’affitto, e persino i beni di primaria necessità.
Storie quotidiane di nuova dilagante povertà che mi tolgono letteralmente il sonno.
Ne cito una, l’ultima, per ora, di una lunga serie: una giovane donna sola, che a gennaio ha perso il lavoro, e da allora tenta di sopravvivere, insieme alla sua bambina di sette anni, con 200 euro mensili, appena sufficienti per comprare pane, pasta e riso.
Nel contempo, in questi stessi mesi, ho continuato, come nei vent’anni precedenti, a leggere sui giornali di indecenti finanziamenti ai partiti ed ai loro giornali e fondazioni, e di parlamentari, ministri, consiglieri e assessori regionali, di tutti i partiti, senza distinzione fra destra, centro e sinistra, che oltre a beneficiare, tutti quanti, onesti e disonesti, di privilegi vergognosi, si appropriano spesso di denaro pubblico per acquistare ostriche, barche, macchine di lusso, o per pagarsi il dentista o la vacanza per sé e per i propri familiari ed amici. E come se non bastasse, taluni fanno addirittura affari con la criminalità organizzata.
Infine, in questi stessi cinque mesi, io e gli altri componenti di Giunta siamo stati costretti a fare continuamente salti mortali, alzando le imposte locali e tagliando servizi ai nostri cittadini, per tentare di far quadrare un bilancio comunale ridotto all’osso dai continui tagli, lacci e gravami che il governo impone, praticamente quotidianamente, al nostro come a tutti gli altri comuni italiani.
Queste cose io credo che un sindaco abbia il diritto e, soprattutto, il dovere di denunciarle a voce alta.
E non accetto che taluni rappresentanti di partito dicano che il mio ruolo istituzionale richiederebbe, come è stato scritto, “maggiore responsabilità”.
Al contrario io credo che sarei un irresponsabile se tacessi.
Il silenzio istituzionale su queste vergogne è infatti, a mio avviso, la causa principale del disastro in cui versa oggi il paese. E dunque io non intendo affatto tacere.
Ma non mi sorprende, ovviamente, che siano uomini di partito a pensare che un sindaco debba stare buono buono in un angolo ad ingoiare rospi.
Loro sono abituati a ragionare con una mentalità distorta dalla faziosità. Io credo, al contrario, che sia irresponsabile ed anzi addirittura immorale stare dentro un partito, qualsiasi partito, che benefici di finanziamenti per i quali il popolo italiano con referendum aveva manifestato la sua totale contrarietà, ed usufruisce di privilegi veramente immorali.
Non accetto dunque suggerimenti e, meno che meno, lezioni da chi sta dentro un partito e ritengo invece che questa gente, piuttosto, considerando quanto danno i partiti hanno prodotto in questo paese, dovrebbe avere il pudore di nascondersi o, quantomeno, di starsene zitta invece di dispensare lezioni al prossimo.
Ma evidentemente c’è gente, nei partiti, che non ha il senso del pudore né della decenza. Io la penso in maniera del tutto opposta rispetto a questa gente e per questo, nei giorni scorsi, ho voluto dirlo con chiarezza toccando il solo tasto rispetto al quale, ovviamente, i partiti ed i loro lacchè risultano molto sensibili: il tasto delle imposte.
Tasto dolente, perché ridurre, per legge o per scelta popolare, il livello delle imposte, significa togliere ossigeno al sistema corrotto dentro il quale i partiti sguazzano da decenni.
E qui voglio dunque ribadire, con ancor maggiore decisione, il concetto già espresso pubblicamente nei giorni scorsi: in una situazione vergognosa e sfrontata com’è quella in cui versa in nostro paese da decenni, a causa della spudorata partitocrazia italiana, una situazione nella quale le tasse che i cittadini onesti versano all’erario servono ad ingrassare i partiti e tutti coloro che gravitano dentro ed intorno ad essi, se un imprenditore mi confessa che senza evadere il fisco non riesce più a tenere in piedi la sua azienda, io non solo lo comprendo ma addirittura, moralmente, lo giustifico.
E lo giustifico, innanzitutto, perché per quanto mi riguarda, di fronte all’alternativa fra pagare tali e tante tasse ingiuste e perciò chiudere o rischiare di chiudere i battenti della sua azienda e licenziare i dipendenti, oppure non pagarle, in tutto o in parte, e così continuare a fare impresa, è a mio avviso del tutto morale, anche se non legittimo, scegliere la seconda alternativa.
Ma in più aggiungo che, a mio personale avviso, è doppiamente immorale pagare le tasse ad uno Stato che non le utilizza per migliorare i servizi al cittadino (che in Italia peggiorano a vista d’occhio e subiscono continuamente i reiterati tagli del governo) ma, al contrario, le utilizza per mantenere i privilegi intollerabili di partiti, parlamentari, ministri, consiglieri ed assessori regionali e provinciali, nonché dei loro lacchè, servitori e clienti.
In condizioni simili, a mio avviso, non è affatto immorale evadere il fisco ma lo è, piuttosto, pagare le imposte ad uno Stato che le utilizza per mantenere tali e tanti parassitismi e privilegi.
L’immoralità e l’illegalità, in questo nostro ingiusto Paese, non è infatti di chi evade il fisco per la necessità di non fallire o licenziare, oppure, nel caso dei lavoratori dipendenti, fa del lavoro nero o fuori busta per mantenere la famiglia, ma piuttosto dello Stato che massacra gli onesti e non fa nulla contro i parassiti che si annidano ovunque e le sanguisughe che ingrassano e gozzovigliano col sangue degli onesti e dei poveracci, togliendo loro letteralmente il pane di bocca, come oggi purtroppo accade in Italia.
E come potrei, inoltre, da sindaco, non comprendere le lamentele legittime dei miei concittadini contro le istituzioni statali ed i partiti statali, quando io stesso, nel mio ruolo istituzionale, son costretto da quelle stesse istituzioni statali a contare i pannolini per le scuole materne ed i rotoli di carta igienica per le elementari, e ad applicare un’imposta ingiusta come l’IMU (che sommata a tutte le altre imposte comunali non arriva neppure al 2% dell’intero ammontare delle imposte che in Italia versiamo all’erario) la cui entrata è appena sufficiente per chiudere al minimo il bilancio del mio comune, mentre all’ombra dello Stato e delle Regioni, approfittatori e parassiti di ogni genere, gozzovigliano alle spalle del futuro dei nostri figli.
E’ infatti noto che l’ammontare complessivo del peso fiscale in Italia, sommando imposte dirette ed indirette, è oggi assolutamente insopportabile e supera abbondantemente, se sommato agli oneri sociali, il 70% del reddito lordo complessivo prodotto dai cittadini onesti.
E’ inoltre noto, e lo ribadisco, che ogni impresa, in questo momento, se paga tutte le tasse, le imposte e i balzelli che lo Stato gli impone, chiude i battenti nel giro di una settimana.
Ma occorre anche aggiungere che il peso di questo fisco strozzino non grava solo sugli imprenditori di ogni settore, ma anche sui singoli lavoratori dipendenti.
E questo giustifica, per esempio, il fatto che qualsiasi lavoratore dipendente dotato di buon senso, se può, preferisce farsi pagare gli straordinari fuori busta.
Perché è infatti evidente che il costo del lavoro in Italia, certamente alto se valutato sulla base della competitività internazionale, non dipende affatto dal salario netto dei lavoratori dipendenti (che sono fra i peggio pagati in Europa) quanto piuttosto dal fatto che se un lavoratore intasca 1000 euro netti al mese, il costo per l’azienda che lo ha assunto è di più di 2500 euro, a causa del fatto che molto più di quel che il lavoratore intasca finisce nel pozzo senza fondo della spesa statale utile ad ingrassare i parassiti di Stato.
Ed è ovvio che qualsiasi imprenditore preferirebbe pagare di più i suoi dipendenti e buttare meno soldi nel pozzo nero dello Stato.
Tutto questo mi fa dire, senza timore di smentita e senza mezze misure, che lo Stato oggi, in Italia, è ormai uno strumento nelle mani dei furbi, dedito allo strozzinaggio legalizzato ai danni di Comuni, imprese e contribuenti onesti, al solo scopo di garantire privilegi e parassitismi intollerabili, che si annidano in profondità dentro ed intorno al sistema nazionale dei partiti.
Queste non sono opinioni del sindaco di Cantù ma fatti indiscutibili. Verità oggettive.
E chi le nega, evidentemente vive fuori dal mondo oppure ha interesse a negarle, magari perché sta dentro, o gravita intorno, al corrotto sistema dei partiti nazionali (composto, lo ripeto, da tutti i partiti di qualsiasi colorazione, nessuno escluso) e perciò beneficia, direttamente od indirettamente, delle vergogne della spudorata partitocrazia italiana.
Una situazione di questo tipo sarebbe difficilmente tollerabile persino se vivessimo in Danimarca (paese nel quale i servizi pubblici sono assolutamente d’eccellenza), ma diventa del tutto intollerabile se si vive in un paese come l’Italia, in cui il livello dei servizi pubblici è il peggiore d’Europa.
Ed è doppiamente intollerabile se si pensa che, come dicevo, nel nostro paese il denaro pubblico viene principalmente utilizzato per mantenere ingiustizie di ogni genere che si accompagnano a livelli di corruzione da terzo mondo.
Affermare queste verità, come ho fatto nei giorni scorsi e come qui ribadisco, non significa certo invitare i cittadini ad evadere il fisco.
Significa piuttosto esprimere, da Sindaco oltre che da cittadino, la totale comprensione per chi fatica a pagare le imposte e per chi decide di non pagarle, nonché la personale indignazione e rabbia per le scelte scellerate di uno Stato che, da un lato, mette irresponsabilmente in ginocchio le imprese (e , di conseguenza, i lavoratori) e con esse gli enti locali (ai quali impone vincoli e tagli che più assurdi ed ingiusti non si può, costringendoci ad alzare le imposte locali per garantire quei servizi oggi indispensabili per la sopravvivenza di coloro che solo ai Comuni possono rivolgersi) e dall’altro lato legittima e mantiene parassitismi e privilegi degni del peggiore Medioevo.
E a chi pensa che io esageri dicendo queste cose, o addirittura s’indigna se un Sindaco grida ad alta voce queste verità evidenti, voglio addirittura dire di più: se avessimo più coraggio tutti quanti (Sindaci, imprenditori, lavoratori, pensionati, giovani), dovremmo organizzare una rivolta fiscale condivisa, che metta finalmente in ginocchio e butti fuori dallo Stato i parassiti ed i privilegiati della partitocrazia.
Questa sarebbe la sola cosa utile da fare in questo momento. E la storia ce lo insegna. Un grande paese come gli Stati Uniti, non è forse nato da una rivolta fiscale?
Senza quella rivolta, probabilmente l’intero nord America sarebbe ancora una semplice colonia inglese. Dunque un grande paese come l’Italia non potrebbe forse rinascere, e sarebbe ora, facendo altrettanto?
Concludo scusandomi con tutti voi, perché in una situazione di questo tipo io sono costretto ad applicare a voi ed a me stesso imposte locali che giudico ingiuste.
Sappiate che preferirei chiudere il bilancio del nostro Comune riprendendomi, come sarebbe giusto, i soldi che lo Stato strozzino ci toglie ogni giorno per mantenere i suoi privilegi.
Ma, purtroppo, questo non è in mio potere. Sappiate però che le imposte locali (IMU e addizionale IRPEF, innanzitutto) che versate al nostro Comune servono per tenere in piedi la nostra comunità e non certo per mantenere privilegi che, da che ci siamo noi, a Cantù non esistono più né esisteranno in futuro, per lo meno finché a governare la nostra città continueremo ad essere noi. Purtroppo vorrei fare di più, molto di più, per migliorare la nostra città, ma la situazione contabile del nostro Comune è in questo momento, a causa delle citate scellerate scelte statali, assolutamente allucinante e mi consente, a mala pena, di gestire l’ordinario.
Sperò però che le mie recenti prese di posizione in materia di fisco, che qui ho voluto ribadire a voi tutti, ed il conseguente clamore che hanno già suscitato, convincano anche altri sindaci ad alzare la testa con coraggio (come mi pare stia in parte già accadendo) in modo che si possa, insieme, dare una spallata al sistema dei partiti per riappropriarci, finalmente, della nostra democrazia della quale, da troppo tempo, i partiti ed i loro uomini ci hanno espropriato.
*Sindaco fieramente civico del Comune di Cantù
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