A casa di mamma, ieri, ho trovato un biglietto di mio fratello sul tavolo della cucina: “ha telefonato la signora Ines, saluta te e la nonna e ti lascia il suo nuovo numero di telefono“. Appena tornata a casa, ho chiesto a mamma chi fosse la signora Ines, non ricordavo di averla sentita nominare. E mamma mi ha raccontato che Ines è una signora che aiutava la nonna in casa quando io ero molto piccola, non posso ricordarmene. Che finalmente si è trasferita in un’altra città e che aveva chiamato perchè è rimasta molto affezionata alle donne della mia famiglia. Aiutava la nonna a pulire casa e a fare la spesa, eppure per telefono-anziana e malata-le ha detto che a casa dei nonni ha vissuto il periodo piu’ bello della sua vita. “Figurarsi che vita.-ha detto mamma- Ad Ines hanno dovuto asportare un pezzo di polmone, perchè il marito tornava a casa ubriaco e la picchiava. Una sera, invece di usare le mani ha preso un coltello, e si è salvata per miracolo. Quella donna è un pezzo di pane, -ha aggiunto-una delle persone piu’ buone che abbia mai conosciuto“.
“Una storia di ordinaria violenza maschile” si intitola un articolo di Celeste Costantino apparso su Calabria Ora il 9 aprile, in prima pagina.
Una ragazzina di tredici anni si trova ancora in stato di coma nell’ospedale di Reggio Calabria dopo essere stata presa a sassate alla testa dal fidanzato di diciassette anni dopo una lite “per motivi sentimentali”. La ragazzina ha le orbite sfasciate e non si sa se ha riportato danni cerebrali permanenti. Celeste Costantino scrive “[...]E infine penso alla comunicazione con cui vengono date queste notizie: tutto quello che è avvenuto è stato fatto da un ragazzo “problematico” che pero’ proviene da una famiglia “normale” e non da un ambiente “degradato”. Tutte in fila queste parole-problematico, normale, degradato-ci fanno capire come si ignora o peggio ancora si fa finta di ignorare la realtà. Questo ragazzo sarà anche stato in comunità, ma il suo essere problematico è tale e quale all’humus culturale in cui tutto il mondo si alimenta l’idea del possesso, l’idea che le donne siano delle cose e non delle persone. E stranirsi come succede sempre quando queste violenze avvengono in famiglie “normali” e non in ambienti “degradati”, significa continuare ad alimentare sempre piu’ questa violenza. [...] Mi sembra già di vedere quello che succederà adesso: considerazioni di circostanza, commenti inopportuni o addirittura il silenzio.Niente che ci porti ad una riflessione vera e a una presa di posizione concreta da parte delle istituzioni. Non è sempre e solo colpa della politica, sono tanti i fattori che intervengono davanti a drammi di questo tipo.Sono processi culturali e sociali lenti e complicati, ma è senz’altro la politica a dover fare i primi passi in questa direzione.Per un periodo ho fatto l’esperienza di fare parte della Commissione pari opportunità del comune di Reggio Calabria.E incredibilmente ho scoperto che proprio in quel luogo era praticamente impossibile intraprendere delle iniziative in questa direzione. [...]“
Il 10 aprile il Quotidiano della Calabria titolava in prima pagina “In fin di vita perchè gelosa“, l’ultimo sfregio (definirei questo titolo infelice).E penso al confronto fra i candidati di ieri, alle loro parole. Abbiamo iniziato l’incontro proprio con le proposte riguardanti il contrasto alla violenza e, tra le altre cose, ci siamo sentite dire: che bisogna intervenire sulle “marginalità”, che le donne tacciono quindi ed è difficile riconoscere i segni della violenza , che anche gli uomini sono vittima di violenza, e che bisogna stabilizzare economicamente l’unico centro antiviolenza di Catanzaro (a statuto cattolico). Nel frattempo non mi stanco di ricordare che la Regione Calabria ancora non ha emanato il bando per la legge 20 del 21 agosto 2007 (per il finanziamento ai centri antiviolenza). Siamo decisamente “sistemate per le feste”.
da Calabria Ora del 9 aprile pag.6