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Zia Annella è una vecchia zia di mia madre.
Era la moglie di Zio Antonio, il fratello di nonno Gaspare, il padre di mia madre.
E' vedova, da un paio di decenni, ma è rimasta una donna piena di dinamismo.
Ha quasi novant'anni e, da sola, senza nessun aiuto, fa ancora il pane in casa, nel forno a legna che sta lì da quando era bambina.
Zia Annella ammassa il pane a mano la mattina presto, usando il lievito madre di sempre, che avrà novant'anni come lei.
Acqua, farina, un pizzico di sale, lievito naturale e tanto olio di gomito.
Poi lascia crescere al grande montagna di impasto nella vecchia "madre" di legno, sempre la stessa, stendendoci sopra un paio di coperte di lana che lei stessa ha fatto coi ferri da calza, nei ritagli di tempo.
Per non perdere tempo.
Amorevolmente, come un bambino, ne rimbocca pure i lembi intorno all'impasto.
Al caldo il pane non impazzisce, cresce naturalmente e lentamente, come dev'essere.
Qualche ora dopo accende il forno che le ha costruito zio Antonio, quando le ha costruito intorno anche il resto della casa.
Ci butta dentro un paio di fascine di legna che lei stessa ha raccolto nel bosco dietro casa, ramo per ramo: dopo averle legate con una fune di strame, le ha messe a seccare ammassandole a mano nello sgabuzzino che ha ricavato dietro la sua cucina rustica.
Mentre il forno s'infiamma ed ogni singolo mattone si scalda lei divide l'enorme impasto in piccole pagnotte e le copre ancora per farle ancora lievitare.
Quando il forno è ben caldo, e i mattoni rossi si sono arroventati, sono diventati quasi rossi, ammassa il fuoco e i carboni ardenti da una parte e lava con una scopa di saggina impregnata d'acqua il pavimento del forno.
Il vapore che si alza violento dai mattoni roventi esce veloce dal forno, inonda la stanza: zia Annella si copre la bocca e il naso con un fazzoletto di cotone umido e continua a lavorare.
Il caldo è insopportabile: lei ci è abituata, è imperturbabile, non caccia una goccia di sudore, sembra d'amianto.
Appena il tempo di far scomparire i vapori caldi dalla stanza e lei con la pala comincia a infornare, una ad una, le pagnotte: poi se le dimentica, cuoceranno lentamente nel forno stracaldo.
Dopo qualche ora torna nel cucinino, toglie il pane dal forno, a mano a mano che le pagnotte si cuociono.
Estrae prima quelle in fondo al forno, rimpiazzandole con quelle più vicine alla bocca del forno, se non sono ancora cotte a puntino.
Tra quelle già cotte sceglie le più piccole, le taglia a metà e le rimette nel forno per farle biscottare.
Così ne ricava i famosi "pascotti" di zia Annella.
Una parte più piccola li tiene per se; ma la porzione più grande la tieni di conserva, per regalarli ai suoi numerosi ospiti.
Molti a visitare zia Annella ci vanno apposta: per fare incetta di "pascotti".
E stranamente scelgono sempre il giorno in cui zia Annella ha fatto il pane nel suo forno a legna.
Forse questi numerosi visitatori ...disinteressati sono attirati dall'odore irresistibile delle pagnotte appena sfornate che zia Annella ha messo a raffreddare sui graticci di canne, come si faceva una volta.
smr
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