Gli Afidi
Gli afidi, o pidocchi delle piante, sono degli insetti che non hanno grande interesse per il sesso dal momento che si uniscono carnalmente appena una volta l’anno. Anche io conosco degli afidi, ora che ci penso. Non biblicamente per fortuna. Qualcuno potrebbe parlare di disturbo del desiderio e proporre subito una pillolina da dar loro, non importa se efficace, tantomeno se innocua. In attesa che le case farmaceutiche si attrezzino, questi poveretti continuano per la loro strada, nella pace dei sensi, provvedendo alla procreazione ciascuno per conto proprio, per partenogenesi. In realtà sono le femmine che ci pensano (“mi tocca sempre fare tutto da me”, già me la vedo la signora afide rimbrottare quello smidollato, su questo non ci sono dubbi, del compagno) producendo dei cloni.
La domanda allora è: perché quell’unico rapporto annuale? La risposta ci viene da uno studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences: si accoppiano per contrarre malattie a trasmissione sessuale! Come tante altre specie, anche gli afidi, sia sul corpo che all’interno di esso, portano dei batteri che hanno una loro funzione ben precisa. Per esempio, alcuni li aiutano a digerire alimenti particolari, altri a resistere a temperature estreme, altri ancora uccidono dei parassiti prima che si stabiliscano dentro il loro corpo e li divorino dall’interno. Facendo sesso quella benedetta volta le femmine degli afidi contraggono questi batteri da maschi infetti e li trasmettono anche alla prole. Come i maschi possano essersi infettati è un argomento che scatena la mia fantasia, ma che preferisco lasciare aperto.
E le cose vanno avanti così, fino alla fine dei tempi, con le femmine a cavarsela da sole con la riproduzione asessuata e asettica, evitando così quel che secondo Guy de Maupassant è il succo di ogni relazione: uno scambio di cattivi umori di giorno e di cattivi odori di notte, e i maschi a disposizione, sempre pronti (capito come? come i poveri protagonisti di film porno che, mentre uno è all’opera, l’altro, lontano dall’obiettivo della camera, viene “tenuto in vita” da una professionista a questo adibita), in attesa che lei gli si conceda. Magari, nel frattempo, arrangiandosi in qualche modo, da soli. A discapito della loro vista, temo. Che frustrazione, però.