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Storie di uomini, di donne e di eroismo e dedizione raccontate dal museo della memoria assisi 1943-44

Creato il 01 agosto 2014 da Goodmorningumbria @goodmrnngumbria
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di Benedetta Tintillini

Tutti dimenticano, troppo in fretta, carnefici e vittime, e la storia, inesorabilmente, si ripete. L’umanità non impara nulla dai propri errori, ed anche le civiltà più “progredite” mostrano la loro bestialità.
Eppure ad Assisi, poco più di mezzo secolo fa, ci sono state persone che hanno rischiato la loro vita per difendere altri esseri umani, senza pensare alla razza o alla religione, senza riflettere sui rischi, guidate solamente dal loro senso di giustizia e pietà.
Oltre 300 furono i rifugiati ad Assisi durante la pulizia etnica nazi-fascista e tutti si salvarono, nessuno di loro fu deportato o giustiziato.

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A Palazzo Vallemani, il “Museo della Memoria Assisi 1943-44” si snoda lungo 4 sale espositive dove, dal 2011, grazie all’impegno di Marina Rosati ed alla figura coraggiosa di don Aldo Brunacci, le piccole grandi storie di ordinario eroismo sono portate alla conoscenza del pubblico, nell’intenzione di mantenere vivo il ricordo, sia per rendere loro omaggio, sia per far si che la lezione impartita da quel periodo sciagurato sia sempre viva.
Assisi è una piccola città che può fregiarsi dell’onore di avere ben 7 “Giusti tra le Nazioni”, dei quali ora, sommariamente, faremo la conoscenza, lasciando poi al lettore il piacere di approfondire le loro storie e gli aneddoti visitando il Museo.
“Giusto fra le Nazioni” è il massimo riconoscimento dello stato ebraico verso i non ebrei che, a prezzo della loro vita, e senza fini di lucro, si sono adoperati per salvare delle persone di religione ebraica.
Il primo è Don Aldo Brunacci, appunto, parroco in Assisi, città che accolse molti sfollati, attratti dalla figura di San Francesco e dall’aura di misticismo della città. Data l’emergenza, dietro ordine papale, fu organizzato un comitato di accoglienza per questi sfollati, organizzato, appunto, da don Aldo. A dirigere le operazioni il Vescovo Giuseppe Placido Nicolini, anche lui riconosciuto Giusto fra le Nazioni, uomo illuminato grazie al quale, tra l’altro, San Francesco fu nominato Patrono d’Italia.
Gli ebrei venivano convogliati al convento di San Francesco, e da li smistati in altri conventi o in case private.

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In queste storie, come alcuni sapranno, si inserisce anche le figura di Gino Bartali, famoso campione del ciclismo, che fece la spola tra Assisi e Firenze, portando, all’interno della canna della sua bicicletta, i documenti falsi destinati a donare agli ebrei una nuova identità. Anche Gino Bartali, lo scorso settembre, è stato riconosciuto Giusto fra le Nazioni.
Nella stanza seguente incontriamo la figura di Padre Rufino Nicacci, figura di riferimento dal punto di vista prettamente operativo, di questa organizzazione occulta. Padre Rufino era il Padre Guardiano del convento di San Damiano e frequentava il convento di San Quirico, uno dei conventi dove furono nascosti gli ebrei. Questo convento subì anche un tentativo di irruzione da parte delle truppe tedesche; irruzione impedita dalla Madre Superiora del convento, Madre Giuseppina Biviglia, anch’essa riconosciuta, a dicembre del 2013, Giusto tra le Nazioni.
Figure essenziali in questa vicenda sono anche quelle dei tipografi, padre e figlio, Luigi e Trento Brizi, anch’essi fregiati del riconoscimento di Giusto fra le Nazioni. In Assisi, clandestinamente, stampavano i documenti destinati a donare una nuova identità agli ebrei fuggiaschi. La macchina da stampa ed il corredo di attrezzature originali possono essere ammirate nel Museo. Sull’esempio di altri tipografi del nord Italia iniziarono l’attività clandestina, ispirandosi, per i cognomi, agli elenchi del telefono dell’Italia del sud.
Conosciamo poi la figura del dottor Muller, tedesco, uomo di regime, era il comandante delle truppe tedesche in Assisi. Cattolico, medico, ogni mattina andava a pregare a San Francesco, benché al corrente di cosa fosse in atto per salvare gli ebrei conservò sempre il segreto, e prima di lasciare Assisi, durante la ritirata, consegnò nelle mani del Vescovo e dei rappresentanti del Comune, ingenti quantitativi di farmaci e materiale sanitario a beneficio della popolazione. Addirittura piantonò porta San Pietro per scongiurare qualche atto disperato di rappresaglia da parte di qualche tedesco in ritirata.
Tornò ad Assisi, il dott. Muller, negli anni ’50, accolto da grandissimi festeggiamenti.
La città fu decretata città ospedaliera e quindi al riparo dai bombardamenti, permettendo così la salvezza di esseri umani e testimonianze storiche ed artistiche uniche al mondo. Ciò grazie anche all’intervento del Podestà dell’epoca: Arnaldo Fortini, che si adoperò fortemente per la salvaguardia della città e addirittura, pur essendo a conoscenza della vera identità di alcuni ebrei, non ne fece mai parola.
Il settimo riconoscimento di Giusto fra le Nazioni è stato assegnato all’ordine delle suore Stimmatine, in memoria di Suor Ermella Brandi.
Una sala è adibita alla raccolta di testimonianze di vita quotidiana: dalle carte annonarie (con i nomi falsi) per distribuzione dei cibi, alle carte d’identità false, al libricino che possedevano le bimbe della famiglia ebrea Viterbi (poi diventata Vanelli ed infine Vitelli). Per rendere più plausibile la falsa identità, le bimbe studiavano a memoria il libretto contenente appunti riguardanti, nel loro caso, la Puglia, terra di origine del loro nome, qualora fossero sottoposte ad interrogatori da parte di militari tedeschi.
Mille sono le storie e gli aneddoti conservati in queste stanze: interessante la storia di un bimbo che nacque in un monastero di clausura, tanto da stravolgere la quotidianità delle suore, che se lo passavano, attraverso la ruota, per tenerlo in braccio un pochino per uno. Una donna ebrea, Clara Weis, morì all’interno di un convento, e fu fatta uscire con rito cattolico e sepolta col nome di Bianca Bianchi.
Il Museo è un monito ed un grido di speranza, il genere umano è capace di tanta cattiveria ma anche, di enorme e sovrumana bontà… è questo che ci deve far sperare per il nostro futuro, in quest’epoca non meno buia, a mio avviso, di quella narrata in queste stanze. Tutti dobbiamo fare tesoro delle esperienze passate, ed il nostro più grande tesoro è la Memoria.

In collaborazione con www.umbriaecultura.it



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