Mettere in atto questo progetto si rivelò meno semplice del previsto. Riccardo era negato per i lavori manuali: assemblare due comodini acquistati all'Ikea si era rivelato un compito decisamente arduo, ne rideva spesso con sua moglie. Acquistò un paio di libri, due manuali di quelli che promettono di renderti un provetto artigiano non appena arrivati all'ultima pagina, ma non ne lesse neppure metà; non aveva la pazienza di leggere per intero le istruzioni quando acquistavano un elettrodomestico - un'altra cosa che Barbara sottolineava spesso, sorridendo - figurarsi un manuale. Provò a cercare delle informazioni in rete e alla fine andò in uno di quei grandi magazzini per il fai-da-te che ci sono intorno alla città e acquistò tutto quello che gli sembrava necessario. Avevano un vecchio garage, rimasto vuoto, lì stabilì il suo laboratorio segreto dove solo lui poteva entrare, sistemò il tavolo da lavoro, tutti gli attrezzi, una scorta di legno, si comprò anche un grembiule; il giorno in cui cominciò a tagliare il suo primo pezzo di legno il garage sembrava proprio il laboratorio di un falegname.
La cosa più difficile fu decidere cosa fare. L'idea di costruire un gioco di legno gli era venuta all'improvviso e di quella fu immediatamente convinto: il legno è un materiale caldo, profumato, antico, adatto per costruire un gioco. Fu molto più problematico decidere quale giocattolo fare: bisognava cominciare con qualcosa di semplice, di realizzabile in tempi certi, il compleanno non poteva certo essere rimandato. Tra le foto su Google aveva visto quella di un piccolo fucile di legno; ricordò che anche lui ne aveva avuto uno, con cui si divertiva a sparare un elastico, tenuto teso da una molletta da bucato. Lui e Barbara avevano deciso che non gli avrebbero comprato armi giocattolo, le consideravano giochi diseducativi e questo era il più grosso ostacolo al suo progetto. Non sapeva decidersi: da una parte la possibilità di riuscire a costruire qualcosa, dall'altra la rinuncia a un principio a cui entrambi tenevano molto. La prima opzione ebbe la meglio, pensò che in fondo lui da piccolo giocava spesso con i soldatini eppure era diventato pacifista convinto; anzi i suoi preferiti erano i soldati dell'Unione, le giubbe blu, eppure era cresciuto parteggiando per gli indiani. Poteva pur costruire per suo figlio un piccolo fucile di legno, poi gli avrebbe insegnato a leggere l'Iliade e lì Alberto avrebbe imparato cosa è la guerra e a tenere per i vinti.
La costruzione del fucile si rivelò, come previsto, complicata; di fatto ne fece due, perché il primo si rovinò nella delicata fase della limatura; non voleva che Alberto si facesse male con una scheggia e così finì per limare troppo. Comunque alla fine il piccolo fucile era pronto, con la sua molletta, con il suo elastico verde; faceva quel buon odore di legno che gli ricordava l'infanzia. Fu un piccolo successo.
Riccardo pensò immediatamente a cosa costruire per il successivo Natale e si mise a progettare una piccola fattoria. Nei mesi successivi la costruzione dei giocattoli continuò con sempre maggior intensità; ormai stava diventando sempre più bravo, riusciva a realizzare giocattoli sempre più elaborati, sempre più grandi, sempre più elaborati.
I colleghi appresero con tristezza che Riccardo era morto, per la rottura di un aneurisma; era andato in pensione da quasi quattro anni, ma non mancava settimana che non facesse un salto in ufficio, anche solo per un saluto e non mancava mai alle iniziative promosse dal circolo ricreativo. Certo a volte era più malinconico del solito, ma chiunque avesse perso la moglie e il figlio di cinque anni in un incidente così drammatico sarebbe impazzito. Quando i parenti andarono a sistemare le sue cose, trovarono nel suo garage decine e decine di giocattoli di legno.
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