All’asilo
“L’uomo che fa da sè concentra le forze sulle proprie azioni, conquista se stesso, moltiplica il suo potere e si perfeziona. Bisogna fare delle generazioni future uomini potenti, cioè indipendenti e liberi. Bastano tali principi e l’abolizione dei premi e dei castighi esterni viene da sè. L’uomo comincia a sentire il vero, unico premio che non lo ingannerà mai: la nascita del potere umano e della libertà nella sua vita interiore” (Maria Montessori)
Era il primo giorno di scuola per Lucilla. Era emozionata e aveva anche un po’ di paura, ma non voleva che si vedesse troppo e quindi volava dritta e regolare anche se la sua piccola mano stringeva forte forte quella della mamma.
“Cilla- la mamma la chiamava così- tutto bene?”
“Sì, mamma, sì. Solo le ali mi tremano un po’”
“Le tue ali! Sono emozionate?”
“Sì, forse hanno un po’ paura anche…”
“Stamani resterai un po’ con tutti questi bambini, e i due maestri. Poi mi racconterai se sei stata bene… che ne dici?”
“Starò bene?”
“Se non starai bene, non dovrai tornare”
“Va bene, grazie mamma!”
E le sue manine strinsero un po’ meno.
Appena arrivarono all’asilo dell’Albero Grande, Lucilla vide tanti bambini nel giardino e corse tra loro, come faceva sempre al parco. La mamma e il papà si sorrisero, erano un po’ in apprensione ma sapevano anche che Lucilla sarebbe stata bene insieme ai compagni e che, se le cose fossero andate diversamente, avrebbero trovato insieme una soluzione.
Andarono a salutare i maestri. La maestra Norma e il maestro Regolo erano circondati da tutti i genitori delle piccole lucciole che andavano all’asilo per la prima volta. A tutti dicevano che quella scuola era molto conosciuta, molto apprezzata, che potevano stare tranquilli.
La mamma e il papà di Lucilla salutarono gentilmente, poi andarono da Lucilla e le raccomandarono di stare bene, di essere serena, di parlare con i maestri se c’era qualche problema. Lucilla ormai era pronta per andare con i suoi nuovi amici e rivolse ai genitori solo uno sguardo veloce e mandò un bacio soffiato.
Mentre i genitori si allontanavano, suonaro i campanelli della scuola. Erano piccoli fiori viola che pendevano dall’ingresso e tutti insieme facevano un suono davvero festoso.
I bambini giunsero al volo davanti alla porta e atterrando si mettevano in fila per due. Lucilla li guardava disorientata, non riusciva a trovare un posto dove atterrare e si chiedeva come fosse possibile che gli altri sapessero esattamente come fare. Finalmente atterò, si mise in fondo alla fila da sola e seguì gli altri che entravano. I maestri le sorrisero e lei si sentì felice. Fecero tutti insieme un giro delle foglie spaziose che erano le varie stanze della scuola, videro anche la cavità ombrosa dell’albero in cui il pomeriggio i bambini facevano la nannAa. Tutto le sembrò bello e ordinato. Concluso il giro i maestri dissero: “Aula di disegno!” E gli alunni e le alunne si dissero, sempre in fila, verso la foglia più alta, che guardava il bosco e l’orizzonte. Poi si avvicinarono a degli armadietti per prendere il materiale.
A Lucilla sembrava sempre che gli altri sapessero cosa fare e come farlo, erano sempre ordinatissimi e rapidi, mentre lei doveva guardarsi intorno mille volte prima di riuscire a capire. Ma sapeva che avrebbe imparato, proprio come gli altri. Le piaceva disegnare e lo faceva sempre anche a casa.
Però i maestri vennero a dirle che c’era qualcosa che non andava: doveva stare seduta, non in piedi! Doveva usare il pennello, non le mani! I colori dovevano essere quelli veri, quelli degli oggetti, perchè aveva colorato di blu la mucca che pascolava nel prato?
Lucilla ora era davvero disorientata. Perchè i suoi genitori non le avveano mai detto tutte quelle cose? Perchè gli altri le sapevano fare?
A tavola, provò a chiedere ai suoi amici.
“Brillo, perchè quando ci muoviamo dobbiamo metterci in fila per due?”
“Perchè ce l’hanno insegnato i maestri!”
“Stella, perchè dobbiamo satre seduti quando coloriamo?”
“Perchè ce l’hanno insegnato i maestri!”
“Fiore, perchè dobbiamo colorare le cose dei loro veri colori?”
“Tu non sai proprio niente! Perchè ce l’hanno insegnato i maestri!”
Quando venenro a prenderla i suoi genitori, Lucilla aveva il volto un po’ stanco, ma alla fine si era anche divertita con i nuovi amici e stava esplorando un sacco di nuove cose, quindi quando la mamma le chiese se era stata bene lei sorrise e disse di sì.
Dopo qualche giorno, i maestri dissero alla mamma che Lucilla era molto brava, sapeva fare tante cose, ma che doveva ancora imparare tante regole. Non era abituata a mangiare tutto quello che le veniva offerto e non era abituata a finire tutto. Non sapeva stare seduta in modo educato e tendeva un po’ a fare le cose come le voleva lei, anche se poi, alla fine, ubbidiva.
La mamma non era preparata a sentire quelle parole associate ai bambini, regole, ubbidiRE. Avevano in casa un sistema del tutto diverso, e iniziò a pensare a come poter fare per non far soffrire Lucilla: era giusto come facevano loro o era giusto quello che chiedevano i maestri? Come viveva Lucilla tutti quei rimproveri e quelle regole? Come viveva la contraddizione tra i due sistemi? Perchè non ne aveva parlato a casa?
La mamma ne parlò con il papà e insieme decisero di osservare meglio e capire come stava vivendo la cos Lucilla, cosa ne pensava. Dato che la vedevano serena, pensarono di prendere un po’ di tempo per osservare e provare a parlarne a poco a poco con lei e poi magari con i maestri.
Un giorno, i maestri decisero di portare tutti i piccoli allievi nella fattoria che vedevano sempre dall’albero. Le piccole lucciole si misero tutte in fila, con i loro zainetti, e volarono ordinati fino alla staccionata della stalla. Quando arrivarono, c’erano così tante cose da fare e da vedere, così tante cose nuove da scoprire, che i piccoli si smarrirono. C’era chi non voleva muoversi dalla staccionata perchè aveva paura. Chi voleva tornare indietro e determinato si lanciava in piccoli voli solitari verso l’albero della scuola. C’era, al contrario qualcuno che spericolato si lanciava verso gli animali.
“Fiore, perchè ti avvicini alla mucca?”
“Perchè mi va!”
“Stella, perchè piangi?”
“Perchè questo posto non lo conosco, mi fa paura!”
“Brillo, perchè vuoi tornare a scuola?”
“Perchè stamani volevo disegnare!”
I due maestri ebbero un bel daffare a rincorrere tutti gli alunni, a metterli al sicuro, a farli infine tornare indietro sani e salvi: chi con le guance rigate dal pianto, chi con il broncio, chi arrabbiato, chi scontento, chi con la pancia piena di schifezze raccolte chissà dove!
Distrutti, i due maestri, quando tutti gli alunni se ne furono andati, cominciaronoa chiedersi che cosa non avesse funzionato e perchè quei bambini di solito bene educati si fossero trasformati in incontenibili furie indisciplinate.
Mentre ripensavano a tutto quello che era successo, realizzarono che Lucilla era stata l’unica a comportarsi bene. Non si era mai allontanata troppo, non c’era mai stao bisogno di richiamarla, non aveva raccolto fiori sconosciuti, non si era messa a mangiare la prima cosa trovata per terra…
Proprio lei, che a scuola sembrava aver bisogno continuamente di regole e rimproveri…
Mentre a casa i genitori si interrogavano sulle regole, a scuola i due maestri cominciarono ad interrogarsi sulle non regole. In qualche modo, la risposta di questo enigma era proprio Lucilla.
Una sera, i due maestri e i genitori di Lucilla si trovarono al parco. Stavano passeggiando in una serata estiva molto fresca e piena di stelle. Mentre a scuola, quando parlavano, avevano sempre un ruolo da rispettare, quella sera, in quel posto, ognuno di loro riuscì a dire le cose che pensava davvero, tutti i dubbi e non solo le certezze, tutte le paure e non solo le sicurezze.
Ne uscì fuori che iniziarono a costruire un discorso nuovo, senza ripetere le solite cose che già conoscevano. Ne uscì fuori che i loro discorsi si confusero a tal punto che non sapevano più chi aveva detto una cosa e chi un’altra, perchè alla fine era un discorso che era stato possibile solo perchè tutti avevano detto detto qualcosa che era stato ascoltato dagli altri. Né uscì fuori che quello che avevano imparato era una cosa diversa da quelle da cui erano partiti.
Ne uscì fuori che la soluzione era Lucilla. Non le regole o le non regole, ma Lucilla. Era stata lei, da sola, vivendo le diverse situazioni, a capire come era meglio agire e comportarsi, era stata lei, insieme ai genitori o agli amici o agli insegnanti, a cercare il compromesso che poteva andare bene per tutti, era lei che si metteva ora avanti ora indietro per fare, insegnare o imparare qualcosa.
Le regole, da sole, non esistono. Come le non regole.
Non si possono insegnare ad una piccola lucciola, decisero, tutte le regole per tutte le situazioni che incontrerà. Questa condizione articficale può valere per una piccola casa, per una piccola scuola, dove tutto si svolge più o meno uguale più o meno immutabile di giorno in giorno. Ma quando le lucciole escono e vanno fuori? Quando diventano grandi? Quali regole li possono guidare? Ecco perchè alla fattoria si era tutti smarriti! Si erano trovati senza regole e avevano agito per troppa paura o per troppo coraggio, senza trovare da soli le nuove regole adatte alla nuova situazione.
Ne uscì fuori che la soluzione era Lucilla. Cioè ogni lucciola, ogni cucciolo. Sperimentando da sola, guidata dall’osservare i grandi e i piccoli, Lucilla cercava e spesso trovava da sola la regola giusta per il momento giusto. Certo, sbagliando, con un po’ di approssimazione rispetto alle regole ufficiali della scuola… ma poi perchè bisogna disegnare da seduti e non i piedi? Chi l’aveva detto che i disegni dovevano rispettare i colori naturali? Sperimentando, in un ambiente caldo e sicuro, i bambini e le bambine riuscivano anche a trovare modi nuovi di fare le cose, modi che a volte erano anche migliori.
Il giorno dopo, a casa e a scuola di Lucilla le cose cambiarono un po’ e, a poco a poco, le cose cambiarono anche a casa di alcune di tutte le luccioline: si poteva entrare a scuola anche in modo libero, ma ugualmente rispettoso e ordinato; ci si poteva spostare da un’aula all’altra, bastava dirlo ai maestri; si poteva scegliere se colorare stando in piedi seduti o sdraiati per terra. Si potevano colorare le cose dei colori che non le cose stesse, ma il cuore dei bambini in quel moemnto decideva di colorarle.
E quando tornarono tutti insieme alla fattoria, i bambini e le bambine della scuola dell’Albero Grande non si sentirono smarriti, non si misero selvaggiamente in pericolo.
Ognuno di loro aveva scoperto un proprio modo ordinato e rispettoso di muoversi anche in un posto nuovo: Lucilla imparò i versi dei cavalli, Brillo cercò delle foglie di tutte le misure, Stella disegnò i vari tipi di animali della fattoria, Fiore prese per mano i due più piccoli della scuola e li portò a vedere gli animali più grandi.
Le altre storie le trovate qui. Sono scritte senza pretesa di generalizzazione, solo come un altro modo per raccontare le nostre esperienze!