di Claudia Boddi
Lavorare con le storie è uno strumento fondamentale per chi è occupato in professioni d’aiuto. Le storie sociali aiutano a comprendere non solo il background del nostro interlocutore, i suoi sistemi valoriali, le sue aspettative e priorità, ma serve in particolare a connettere fra loro gli elementi biografici creando le condizioni per leggerli in maniera complessa e approntare l’intervento in un’ottica olistica e di sistema.
Spesso la richiesta con la quale gli utenti si presentano ai servizi sociali è qualcosa di esteriore che cela uno o più problemi di matrice diversa che possono essere riconosciuti solo attraverso un inquadramento più ampio della situazione. Per spiegare questo concetto, mai metafora fu più appropriata di quella del famoso iceberg di cui è visibile solo la punta dalla superficie dell’acqua che nasconde invece non si sa bene cosa sotto il livello del galleggiamento.
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La realtà dei servizi alla persona oggi è molto critica – almeno sul territorio italiano – dal momento che, in seguito ai vari accorpamenti di settori, passaggi di funzione e riorganizzazioni interne con l’unico obiettivo principale, quello di ridurre la spesa, le figure di riferimento si ritrovano oberate da un numero esorbitante di utenti cui dover dare con difficoltà risposte concrete e con pochissimo spazio per la riflessività sull’agire professionale e sul processo metodologico applicato. Ma le storie non si compongono solo durante i colloqui programmati o nei momenti canonici destinati ad incontri di vario tipo con il professionista in questione. Le biografie si raccolgono ovunque ci sia contatto con la persona, ascolto attivo ed empatia.
Chi svolge lavori assistenziali, per esempio, si ritrova ad essere spesso destinatario di informazioni biografiche molto importanti che magari fanno fatica a uscire o non escono proprio fuori in contesti più strutturati. Sono tutti elementi imprescindibili per attribuire un significato professionale alle informazioni delle quali gli operatori sociali vengono messi al corrente e che devono essere usate per leggere in termini di sistema dinamico ogni singola individualità all’interno dei percorsi di intervento intrapresi.
Porre attenzione alle storie significa costruire una prospettiva, evidenziare i processi di inclusione ed esclusione sociale, negli specifici ambiti di lavoro. Significa affrontare correttamente la formazione dell’identità – parte integrante e imprescindibile dell’approccio biografico -, mettendo in relazione le singole acquisizioni in maniera complessa e non lineare. La costruzione dell’identità è un processo interiore, segreto, attivo e personale che mantiene al tempo stesso una relazione inevitabile con il mondo fuori di noi. Ed è proprio questa ambivalenza di diretta derivazione dalla filosofia kantiana che, per la prima volta vide il dualismo tra soggetto e oggetto, che mette in evidenza le peculiarità delle storie individuali in un’ottica contestuale.
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