A onor del vero, le premesse non erano delle migliori; venerdì sera siamo uscite un po’ per abitudine: che fai stai a casa? Mai, nemmeno con la peste bubbonica! Gli sviluppi della serata, però, hanno reso giustizia a questa ferrea regola che da sempre mi impongo (e antidemocraticamente impongo a tutti quelli che hanno la fortuna/sfortuna di conoscermi).
Quando sei in un posto nuovo si procede un po’ per tentativi e diciamo che, forse per la prima volta nella storia, ci abbiamo azzeccato al primo colpo. Il locale scelto non ha disatteso le nostre aspettative: la “fauna” era interessante, la musica si faceva ballare e il barista (futuro padre dei miei figli) ci ha fatto addirittura lo sconto: cosa vuoi di più dalla vita? Forse nemmeno un Lucano!
Tra un gin lemon e l’altro abbiamo avuto la fortuna di assistere all’arresto di un ragazzino da parte di un affascinante poliziotto che più figo non lo potevamo trovare nemmeno in un video dei Village People (con il valore aggiunto dell’eterosessualità che di questi tempi, si sa, è più un’eccezione che una regola).
Spenta la musica e accese le luci, siamo riuscite a conoscere gli unici non italiani nel raggio di 10 km: un gruppo di ragazzi from Cordoba in trasferta a Valencia per un matrimonio, al quale ovviamente prima di tornare a casa, eravamo già state invitate.
L’uscita di sabato è stata da guinness dei primati sia per durata che per intensità: la bellezza di 12 ore comprensive di pit stop a metà “serata” per cambio scarpe e vestiti.
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