di Fabio Campo
«Pronto, buongiorno, potrei parlare con il direttore?».
«Guardi, il direttore è molto impegnato, può dire a me».
«Ehm… avrei bisogno di parlare proprio con lui. Per favore dovrebbe dirgli che sono il nipote sudamericano del suo amico George… lui capirà».
Breve silenzio infastidito. «D’accordo, attenda un attimo in linea».
Dopo pochi secondi di attesa, una squillante e piacevole voce tenorile rispose al telefono: «Pronto, John Lennon all’apparecchio, chi parla?».
«Ehm… signor Lennon buonasera, io sono Francisco, si ricorda di me? Sono il nipote del sue ex-collega George Harrison».
«Ah, sì… certo, e come sta quel vecchio finocchio coi baffi?».
«Signore, temo che George sia morto, undici anni fa a Los Angeles. Lei è anche venuto al funerale, ha pure fatto un bel discorso. Si ricorda? Ci siamo conosciuti lì».
«Eh già, che tragedia. Ci mancherà tanto il povero George, lui ed i suoi splendidi soli di batteria».
«Signore, nonno era chitarrista. Ma non importa, volevo chiederle una consulenza professionale. Io desidero organizzare una rivoluzione!».
«Figliolo, sei venuto nel posto giusto. Noi della Lennon-Ono revolution S.p.A. le rivoluzioni le sappiamo fare meglio di chiunque altro. Rivoluzione interiore significa rivoluzione esteriore. Lo dice anche il nostro slogan in TV. Non abbiamo concorrenza, gli altri sono solo dilettanti al nostro confronto! Basta guardare i grafici delle nostre revenue del terzo quarto del 2011 per rendersi conto che…».
«Sì, certo! Infatti mi hanno detto di rivolgermi a voi con fiducia. Volevo chiederle se posso passare dalla vostra sede e spiegarle in dettaglio i motivi della rivoluzione che vorremmo organizzare».
«Ma sì, certo. Per il nipote di un collega questo ed altro. Che ne diresti di giovedì prossimo?».
«Sì signore, sono venuto a Liverpool solo per incontrarla, per me va benissimo!».
«Va bene figliolo, allora ci vediamo giovedì prossimo a mezzogiorno».
«Sarò puntualissimo signore».
«Bravo, bravo… ora devo andare che il tempo è denaro».
«Grazie ancora signor Lennon».
«Prego figliolo e mi raccomando, salutami tuo nonno Ringo».
«Ehm… sì… certo, non mancherò».
L’incontro
Francisco arrivò puntualissimo alla Lennon-Ono revolution S.p.A.; entrò in punta di piedi nella stanza di sir John Lennon che si trovava nella posizione del loto in meditazione. Non c’erano sedie, per cui rimase in piedi in attesa che l’ex Beatles finisse la sua meditazione. Quell’uomo immobile, con la sua aria serena, riempiva la stanza silenziosa di pace interiore e spiritualità. Poi Francisco si accorse che John non stava meditando. Improvvisamente egli si alzò, si aggiustò l’auricolare bluetooth che aveva ad un orecchio e disse sgarbatamente:
«Ok, ok, Jack, ora basta, io ho ascoltato tutte le tue cazzate in silenzio. Ero qui seduto, non stavo neanche fumando. Ma ora mi ascolti tu. Voglio almeno il doppio. È la mia ultima offerta. Prendere o lasciare! Sai che vale tutti i soldi che ti chiedo. Se non ricevo una mail di conferma da te entro domani mi rivolgerò ai musi gialli. Sai che quegli stronzi col pisello piccolo non fanno mai questioni di prezzo! Sì, sì, certo fratello, pace e serenità anche a te. E che il tuo karma si liberi presto verso l’illuminazione universale». Poi, volgendosi a Francisco: «E ora chi cazzo sei tu?? Ho molto da fare!».
«Signor Lennon, mi scusi. Avevamo un appuntamento, sono il nipote di George Harrison».
«Di chi? Vabbè non importa. Posso dedicarti al massimo dieci minuti. Cosa vuoi?».
«Intanto la ringrazio di avermi ricevuto con così poco preavviso. Lei è la nostra ultima speranza, l’ultima speranza del mio popolo. Nel paese del Sudamerica da cui provengo il potere è in mano ad un gruppo di incompetenti e corrotti politici che per quarant’anni hanno pensato solo ai loro profitti e hanno abbandonato un meraviglioso Paese alla povertà e al degrado sociale».
John Lennon parve interessarsi, chiuse gli occhi e con aria meditativa rispose: «Continua pure figliolo. Dove vuoi arrivare?».
«Signor Lennon, nel mio Paese c’è sempre più gente disoccupata. La povertà dilaga, la corruzione è come un cancro che contagia ogni istituzione pubblica e privata. I governanti hanno fatto di tutto per instupidire la gente, renderla ignorante, incapace di pensare. Il mio popolo ormai è preoccupato solo di sopravvivere, non dà più nessun valore alle idee, ai valori. Provano a protestare, ma ogni protesta è strumentalizzata da qualcuno. Ogni interesse è gestito da gruppi di potere che fanno il bello e il cattivo tempo. E non cambia mai nulla».
«Purtroppo il popolo è sempre stato oppresso dal padrone».
«Sì, è vero. Ma non è solo un problema del popolo. In realtà da noi non esiste neanche più la classe operaia. Anche i laureati fanno gli operai se capita, e molta gente di quella che un tempo faceva parte della classe più indigente si è immischiata nella politica ed è diventata il “padrone”. Ora è tutto molto confuso».
«No figliolo, il popolo è il popolo ed il padrone è il padrone ed è il nemico… è tutto molto semplice».
«Ecco… va bene… e insomma, vogliamo fare la rivoluzione e riportare l’uguaglianza e la pace sociale… e…».
«Chi è il vostro sponsor?».
«Prego? Non ho capito signore».
«Sì, sì, a parte le cazzate su uguaglianza, pace, armonia, cortesia e convenienza… chi la finanzia la vostra rivoluzione? Politica estera? Petrolieri? I cinesi? I sudafricani? La lobby dei farmacisti? Insomma chi cazzo caccia i soldi?».
«Non credo di capire signore. Noi siamo un popolo che vuole recuperare la propria dignità, che è pronto a combattere per riconquistare i principi base che ogni società civile…».
«Ok, ok non ci sono soldi. Ma perché mi ci devo mettere sempre io con certi clienti. Vabbè. Senti, ovviamente siete comunisti, giusto?».
«Signore, purtroppo ormai nel mio Paese la sinistra si è alleata con la destra e si alternano a governare rubando in modo uguale. Tecnicamente non so se essere comunisti abbia ancora molto senso da noi».
«Allora tu mi vuoi fare incazzare!! Cosa cazzo sei? Un moderato? O un baciapile di merda?? Magari vai pure in chiesa? O siete comunisti o non se ne fa nulla!».
«Noi abbiamo delle idee, insomma pensiamo che le cose potrebbero andare meglio se la società cambiasse in un certo modo. Perché dobbiamo per forza fare parte di un partito?».
«Ecco… bravi! Allora hanno tutti torto e solo voi avete ragione! Vogliono fare la rivoluzione e non sanno neanche se sono comunisti, ma che cazzo di generazione… ai miei tempi…».
«Va bene signore, siamo comunisti. Ne parlerò con gli altri, non credo sia un problema».
«Intanto chiamami compagno e non signore».
«Sì, compagno Lennon».
«Ecco. Adesso dimmi, ce le avete le magliette di Che Guevara?».
«Ma signore… ehm… compagno, quelli sono solo dei gadget per ragazzini. Davvero è importante averle?».
«Certo figliolo, se non ce l’hai significa che non hai davvero voglia di cambiare qualcosa».
«Ma… davvero? E va bene, ci compreremo le magliette del Che».
«Noi ne vendiamo ai clienti a prezzi ridotti. Poi concorda con la segretaria il numero di lotti».
«Va bene. E… allora che consigli può darci… compagno, per la nostra rivoluzione? Deve essere un colpo di stato violento? Dobbiamo impossessarci dei mezzi di comunicazione, oppure rapire qualcuno?».
«Io intanto fossi in te mi farei crescere la barba ed i capelli. Così rasato ed ordinato sembri un fottuto fascista».
«Ma signore io non ce li ho i capelli!».
«E che significa, puoi farti un trapianto. Io sarei un po’ per i dread che fanno molto cultura rasta che è anche pacifista e gli sbirri non ti fermano mai».
«Va bene… mi faccio trapiantare i rasta. E poi cosa facciamo? Organizziamo un esercito al confine e…».
«Senti, a musica come state?».
«A musica?».
«Sì, insomma, cosa ascoltate? Canti popolari? Gli inti illimani? Un po’ di roba cubana?».
«Beh… in realtà io ascolto l’heavy metal compagno!».
«Ma cosa cazzo c’entra l’heavy metal con la rivoluzione? Quelli vogliono solo scopare e basta. Ora, anch’io sono per l’amore libero, ma con heavy metal non ci si capisce niente. No, no, ci vuole musica rivoluzionaria».
«Compagno, per la rivoluzione cambierò pure gusti musicali. Ma adesso passiamo all’azione, organizzaci, aiutaci a cambiare il nostro Paese, a trovare finalmente una vita dignitosa».
«Sì, sì, “mettiamo al potere la fantasia”, “mettiamo i fiori nei cannoni”, “consumate di più e vivrete di meno”… etc. Figliolo il mio tempo è scaduto. Passa dalla segretaria per il conto. Parliamoci chiaro, se non avete sponsor non andate da nessuna parte, ma con i consigli che ti ho dato almeno protesterete in modo adeguato».
E sir John Lennon fece per andare via dalla meeting room. Francisco non ci vide più per la rabbia, prese la rivoltella che aveva in tasca, la puntò minaccioso alla faccia dell’ex beatles e disse con voce roca: «Vedi, “compagno”? Questa rivoltella era di mio padre che l’ha ereditata da suo padre. Quest’arma cinquant’anni fa ha ucciso il dittatore del mio Paese ma è ancora capace di sparare e di uccidere!! Ci credi?».
John Lennon guardò l’arma con occhio attento, poi gliela strappò dalle mani noncurante, la esaminò con attenzione sotto lo sguardo esterrefatto di Francisco. Poi disse: «Hai ragione figliolo, ora cominciamo a ragionare. Per un’arma storica potrei darti anche 500 sterline. Passa dalla segretaria e lei la valuterà in modo onesto. Poi prendi un altro appuntamento e discuteremo della tua rivoluzione. Ora devo andare. Fratello, pace e serenità a te. E che il tuo karma si liberi presto verso l’illuminazione universale».
Sir Lennon rispose al telefono che aveva ripreso a suonare. Uscì dalla meeting room “Live peace”. E sparì per i corridoi.
Francisco rimase solo a guardare la sua rivoltella, rivolta, rivoluzione quotata 500 sterline.
E ci rimase male.
Sperava almeno 1000.