di Vito Catania
Cʼè confusione oggi nei corridoi. È il giorno di Carnevale e il preside e i professori hanno deciso di organizzare una festa in maschera per tutti gli studenti della scuola.
Seduti sul tavolo del bidello, come una piccola combriccola di marinai marpioni, un Batman, un mago e uno zombie hanno già adocchiato tre fatine infreddolite riunite nellʼangolo opposto. Un fantasma bianco cerca disperatamente di allineare i suoi occhi con i buchi del cappuccio, mentre sciami di ballerine, gnomi, samurai e principesse corrono confusamente facendo lo slalom tra i genitori compiaciuti.
Fuori, seduto da solo sulla panchina sotto il ciliegio, cʼè invece il clown Salvatore Gadino.
Salvatore Gadino ha dodici anni e ha scelto di indossare il vestito da clown esclusivamente per il grosso sorriso dipinto sulla faccia. In realtà, quel sorriso scarlatto è un efficace diversivo alla sua grigia musoneria; perché Salvatore Gadino non ama affatto ridere! Soprattutto quando non esiste un valido motivo per farlo.
Salvatore Gadino dondola le sue gambe a cadenza regolare e guarda adesso Spiderman e Superman che confabulano a pochi metri da lui, vicino al cancello. Dopo un cenno di intesa, i due supereroi decidono allʼimprovviso di muoversi e raggiungono presto Salvatore svuotandogli un intero sacchetto di coriandoli sulla testa.
Salvatore Gadino non ha eroi. Salvatore Gadino non vuole assolutamente parlare di eroi; ha imparato ad odiarli dal giorno in cui suo padre vive sotto un altro tetto.
Salvatore Gadino ha imparato dai libri di scuola che gli eroi fanno spesso una brutta fine, come suo padre del resto, del quale conserva il ricordo indelebile dell’ultima carezza.
Salvatore Gadino non dimentica la sua assenza scolastica del 23 maggio dell’anno scorso; non aveva febbre quel giorno e neppure mal di pancia, doveva solo consegnare alla professoressa un tema su uno dei più grandi e conosciuti eroi dell’Italia: Giovanni Falcone.
Salvatore Gadino è seduto da solo sulla panchina sotto il ciliegio e mentre mastica un pugno di coriandoli osserva immobile l’insegna della sua scuola: la “Paolo Borsellino”. È vero, gli eroi lo perseguitano!
L’esistenza degli eroi presuppone che il mondo venga diviso in buoni e cattivi, in belli e brutti, in famosi e sconosciuti, in giusti e sbagliati. Allʼinterno di questo perenne dualismo Salvatore Gadino non ha mai trovato posto; e non certamente a causa di un suo merito o di una sua colpa, ma semplicemente per il fatto di essere Salvatore Gadino, figlio di Ignazio Gadino, questʼultimo uscito di casa una mattina di primavera di tre anni fa, e mai più ritornato.
Salvatore Gadino è seduto da solo sulla panchina sotto il ciliegio, si toglie adesso la parrucca colorata facendo cadere a terra centinaia di coriandoli. Ognuno di essi ha un colore e una forma diversa, ma guardandoli nel loro insieme sembrano comunque tutti uguali, vivaci, leggeri… e quindi terribilmente noiosi.
Salvatore Gadino si alza dalla panchina sotto il ciliegio. Sua madre è venuta a prenderlo finalmente!
Il giorno di Carnevale è per Salvatore Gadino un giorno come gli altri, un giorno in cui l’unica vera novità è quella di indossare una maschera e coprirne un’altra.
Il giorno di Carnevale è il giorno in cui Salvatore Gadino va a fare visita a suo padre, Ignazio Gadino, rinchiuso da tre anni allʼUcciardone per aver barbaramente assassinato, in una tiepida mattina di primavera, il notaio Belletto.
Ma tutto questo Salvatore Gadino non lʼha mai saputo.
Forse.