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Storytelling – L’onorevole Nardi

Creato il 23 novembre 2013 da Abattoir

di Pigi Arisco

arte

di Giulio Durini

Giovanni Nardi stava seduto sulla branda della cella, la schiena poggiata al muro grigio ed umido, gli occhiali spessi ed appannati dalla condensa del proprio fiato. Dietro le lenti uno sguardo annoiato. Di fronte a lui due detenuti si rotolavano sul pavimento, avvinghiati, nei volti di ognuno lo sguardo allucinato ed un ghigno satanico. Giovanni non sentiva le grida. Merito dei tappi di cera nelle orecchie.
Ma come ha fatto un onorevole del parlamento, eletto democraticamente dai cittadini, a finire in una simile situazione?

Fin dalla prima elezione l’allora giovane Nardi aveva dedicato ogni risorsa a ritagliarsi un posto nell’olimpo di quei parlamentari che sposavano una causa e la portavano avanti per tutta la vita. I cosiddetti esperti, quelli che venivano chiamati in televisione tutte le volte che si affrontava l’argomento a loro caro; ed il suo argomento era la famiglia, quella vera, quella giusta, quella descritta nelle Sacre Scritture.
Aveva così scelto anche i suoi nemici: le famiglie storte, brutte, illegali. Quelle con due mamme, due padri o quelle eterosessuali ma senza la benedizione del nostro unico e vero dio. Quello cristiano cattolico.
Dopo tanti anni Giovanni Nardi era diventato una vera autorità in materia di famiglia. I suoi compagni di partito al governo erano pronti ad appoggiare la proposta di legge che autorizzava le forze di polizia a rinchiudere un omosessuale presso le apposite case di cura del male che lui possedeva. Giovanni Nardi era convinto che tale misura avrebbe fatto fare al suo Paese un grande balzo in avanti verso la civilizzazione. Purtroppo nel suo Paese vigeva la democrazia, e quindi bisognava passare dal test elettorale. Sì, insomma, quelle due giornate in cui bisogna far credere al popolo di essere sovrano.
Quelle maledette elezioni confermarono che il popolo non è affatto sovrano, ma sancirono che è anche traditore! Maledetti, avevano consegnato il governo del Paese all’altra parte politica. Le avvisaglie per una disfatta c’erano state tutte. Qualche anno prima venne eletto un presidente negro e progressista a capo del Paese più forte del mondo. Il mondo cattolico rispose con un pontefice che parlava solo latino, per di più con cadenza teutonica. Molto austero… Poi il pontefice nella sua austerità si era lasciato andare a qualche scandalo che coinvolgeva un paio di guardie svizzere e fu costretto a dimettersi.  Alla fumata bianca il povero Giovanni prese un altro terribile colpo. Fu eletto un papa negro, quello che qualche anno prima aveva sposato una donna oggettivamente orribile nell’aspetto.

La deriva oscena che la morale pubblica stava prendendo subì una brusca accelerata ed in pochi mesi la famiglia cristiano-cattolico-romana venne surclassata da un’orda anarchica di disobbedienti, miscredenti, atei, sodomiti e donne senza il minimo senso del pudore o della sottomissione. A quel punto mancava solo il colpo di grazia, che puntualmente arrivò. Dopo una crisi di governo venne eletto, per la prima volta, un presidente del consiglio sodomita.
In realtà qualche anno prima ne avevano avuto un altro così, ma quello era un sodomita attivo e poi prediligeva solo persone del sesso opposto e possibilmente minorenni, quindi tutto sommato in linea con il pensiero di Giovanni. Quello nuovo, invece, parlava della libertà di farsi sodomizzare, di amare, baciare e crescere figli con un altro uomo! Per uno come Giovanni Nardi, dalla impeccabile levatura morale, era impossibile accettare una cosa simile.

Fece opposizione, duramente, ma sempre nel rispetto della democrazia, cercando di arruolare compagni di battaglia tra i banchi di quel parlamento che aveva guadagnato grazie ai voti di gente timorata di dio. La parte avversa però controllava la stampa giudeo-sodomita che ormai lo derideva dalle prime pagine dei giornali quasi ogni giorno. Abbandonò quindi la strada democratica, si diede alla latitanza, organizzò un gruppo di resistenza attiva e armata contro la deriva dei sani princìpi che identificavano la sua intera esistenza. Nacquero così i CCCP, Combattenti Cristiano Cattolici Puritani.
Vennero arrestati quasi subito, visto che mentire era peccato, preso uno, presi tutti. Giovanni Nardi fu processato ed incarcerato.
Giovanni era così costretto a dividere la cella con altri due uomini, ex parlamentari come lui, ma del partito “La Corda”, che erano stati incarcerati perché, sconvolti dall’elezione del papa negro, avevano tentato di assaltare con bombe a mano e mitragliette Castel Sant’Angelo. I due che rispondevano ai nomi di Mario Porchettio ed Umberto Barbini corsero ad armi spiegate verso il castello in pieno giorno. Furono fermati ed arrestati ancora prima di arrivare al portone.
In cella quei due non facevano altro che litigare su questioni abbastanza infantili. La gara a chi ce l’avesse più duro degenerò fino a quando non cominciarono a prendersi reciprocamente a schiaffoni, sul pene.
Fu il classico colpo di fulmine, i due scoprirono che tutta quella aggressività era dovuta alla repressione della loro vera natura omosessuale. Dagli schiaffi passarono alle carezze, poi i baci e poi tutto il resto.

Adesso Giovanni Nardi stava seduto sulla branda, a guardare quei due che trascorrevano tutto il giorno ad amarsi nelle posizioni più diverse, infilandosi vicendevolmente il pene in ogni anfratto disponibile. La cera nelle orecchie gli risparmiava almeno i gemiti e grugniti.
In principio non voleva neanche guardarli, da qualche giorno invece, l’abitudine a quella vista aveva cominciato a scavare, come un trapano, un piccolo foro nella salda morale che lo sorreggeva, come una diga sorregge milioni di tonnellate d’acqua.
L’erezione che gli venne il giorno dopo segnò un altro passo avanti del trapano. Il buco vero e proprio si formò quando si alzò dalla branda e cominciò a carezzare i glutei sudaticci di un Porchettio ansimante che non la smetteva di pompare sul suo ex compagno di partito. Da quel momento fu come quando il bambino toglie il dito dal buco della diga. Miliardi di metri cubi di passione amorosa liberarono finalmente Giovanni Nardi dal castigo che si era imposto fin dalla pubertà.
Amò senza freni, con una passione incredibile, e mandò in estasi suprema i suoi due compagni di cella fino alle prime luci dell’alba. Poi, dopo una breve siesta, ancora tutto sudato e appiccicoso, schiacciò il viso tra le sbarre della cella e gridò con tutta la forza che gli era rimasta: «IO, GIOVANNI NARDI SONO UNA CHECCAAAA! DA OGGI VOGLIO UN UOMO ACCANTO A ME, DENTRO DI ME, E NE AVRÒ UNO AL GIORNO, SEMPRE DIVERSO».
Una standing ovation arrivò dall’intero carcere, tutti i detenuti applaudirono esaltati ed eccitati, anche i compagni di cella che loro malgrado erano costretti al sesso passivo applaudirono; si prospettava un periodo di riposo per i loro stanchi anfratti.
Da quel giorno il carcere da luogo di sofferenza e punizione venne trasformato nel carcere dell’amore. Andare in quel carcere costituiva un premio per i detenuti meritevoli che ne avessero fatto richiesta.

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Giovanni aveva dimostrato una inaspettata capacità nel trasformare l’aggressività di un uomo rinchiuso in amore e serenità.
Il direttore del carcere lo cambiava di cella ogni settimana, ed ogni settimana Giovanni si lasciava alle spalle un uomo in lacrime, innamorato perso, distrutto dall’abbandono e dalla consapevolezza che Giovanni non sarebbe mai stato soltanto suo.
Giovanni divenne così una vera istituzione nel mondo carcerario ed il direttore del carcere ricevette diverse offerte in denaro da parte degli altri istituti penitenziari per aver ceduto, o almeno affittato, il detenuto.
Il direttore rifiutò ogni offerta, perché anche lui, in un pomeriggio di solitudine, aveva voluto provare il Nardi e da allora non era più riuscito a farne a meno.
Poco prima della pensione il direttore riuscì a far cambiare il nome del carcere in “Carcere Giovanni Nardi, casa del libero amore”.


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