Strage di Brindisi: poche ore dopo. Inizia il carosello di frasi fatte e preconfezionate da tirare fuori alla prima occasione utile. "Atto di indescrivibile gravità", "colpo al cuore del Paese", "delitto aberrante", "insieme senza bandiere", "siamo tutti brindisini", "capire chi è il nemico". Frasi di circostanza che lasciano il tempo che trovano. La mafia, è vero, attenta alla libertà e alla democrazia ma soprattutto lascia dei solchi devastanti all'interno delle famiglie colpite. Le affermazioni di coloro che dovrebbero rappresentarci istituzionalmente rappresentano una doppia ferita mortale. Una doppietta Stato-mafia che fa male. Un male lacerante e profondo. Perché anziché disperdersi in mille parole lo Stato non combatte la mafia? Domanda ingenua. Perché lo Stato molto spesso è sinonimo stesso di mafia. Fate attenzione. Lo Stato è sempre attento, con le sue presunte campagne in nome della legalità, a combattere le piccole realtà della criminalità, i pesci piccoli, la cosiddetta paranza. Si contrasta l'immigrazione, la merce contraffatta venduta nei mercati, i piccoli reati, lo spaccio al dettaglio di sostanze stupefacenti. Ma lo Stato non ha quasi mai dichiarato guerra esplicita contro la mafia. Questione di paura, di riverenza o di complicità? Difficile dirlo. Più facile prevedere la confluenza di tutti questi aspetti. Ogni tanto lo Stato per mantenere un minimo di credibilità e di potere istituzionale diffonde ai quattro venti l'arresto di un criminale appartenente alla mafia. Giusto per sbandierare la sua presunta lotta contro le associazioni di stampo mafioso. Un'occasione di autocelebrazione per gli organi di polizia nostrana che mostra così la sua vicinanza ai cittadini. Chi si è esposto direttamente al fine di combattere la malavita mafiosa ha dovuto rinunciare in prima persona alla propria libertà, alla propria vita. Saviano ne è un esempio. Vivente per adesso. Ma non è tutto. Un'altra affermazione del ministro dell'Interno Cancellieri contribuisce ad insinuare in me altre perplessità. Definire l'attentato di Brindisi come un “fatto anomalo” fa riflettere. Vile e subdolo poiché uccide le vite di giovani innocenti sarebbe più appropriato. Ma anomalo mi sembra fuori luogo. Siamo forse davanti al primo colpo inferto dalla mafia nei confronti di innocenti? Ben vengano, quindi, fiaccolate e manifestazioni in nome della lotta alla mafia promosse dai cittadini, la cui matrice provenga dal basso. La presa di coscienza e l'informazione in merito non sono mai abbastanza. Ma fermiamo ogni tentativo istituzionale, solamente di pura facciata, che tenti di contrastare la mafia. Se la mafia non la si sconfigge in breve tempo almeno promuoviamo un'azione concreta fin da adesso: fermiamo l'ipocrisia. Magazine Società
Strage di Brindisi: poche ore dopo. Inizia il carosello di frasi fatte e preconfezionate da tirare fuori alla prima occasione utile. "Atto di indescrivibile gravità", "colpo al cuore del Paese", "delitto aberrante", "insieme senza bandiere", "siamo tutti brindisini", "capire chi è il nemico". Frasi di circostanza che lasciano il tempo che trovano. La mafia, è vero, attenta alla libertà e alla democrazia ma soprattutto lascia dei solchi devastanti all'interno delle famiglie colpite. Le affermazioni di coloro che dovrebbero rappresentarci istituzionalmente rappresentano una doppia ferita mortale. Una doppietta Stato-mafia che fa male. Un male lacerante e profondo. Perché anziché disperdersi in mille parole lo Stato non combatte la mafia? Domanda ingenua. Perché lo Stato molto spesso è sinonimo stesso di mafia. Fate attenzione. Lo Stato è sempre attento, con le sue presunte campagne in nome della legalità, a combattere le piccole realtà della criminalità, i pesci piccoli, la cosiddetta paranza. Si contrasta l'immigrazione, la merce contraffatta venduta nei mercati, i piccoli reati, lo spaccio al dettaglio di sostanze stupefacenti. Ma lo Stato non ha quasi mai dichiarato guerra esplicita contro la mafia. Questione di paura, di riverenza o di complicità? Difficile dirlo. Più facile prevedere la confluenza di tutti questi aspetti. Ogni tanto lo Stato per mantenere un minimo di credibilità e di potere istituzionale diffonde ai quattro venti l'arresto di un criminale appartenente alla mafia. Giusto per sbandierare la sua presunta lotta contro le associazioni di stampo mafioso. Un'occasione di autocelebrazione per gli organi di polizia nostrana che mostra così la sua vicinanza ai cittadini. Chi si è esposto direttamente al fine di combattere la malavita mafiosa ha dovuto rinunciare in prima persona alla propria libertà, alla propria vita. Saviano ne è un esempio. Vivente per adesso. Ma non è tutto. Un'altra affermazione del ministro dell'Interno Cancellieri contribuisce ad insinuare in me altre perplessità. Definire l'attentato di Brindisi come un “fatto anomalo” fa riflettere. Vile e subdolo poiché uccide le vite di giovani innocenti sarebbe più appropriato. Ma anomalo mi sembra fuori luogo. Siamo forse davanti al primo colpo inferto dalla mafia nei confronti di innocenti? Ben vengano, quindi, fiaccolate e manifestazioni in nome della lotta alla mafia promosse dai cittadini, la cui matrice provenga dal basso. La presa di coscienza e l'informazione in merito non sono mai abbastanza. Ma fermiamo ogni tentativo istituzionale, solamente di pura facciata, che tenti di contrastare la mafia. Se la mafia non la si sconfigge in breve tempo almeno promuoviamo un'azione concreta fin da adesso: fermiamo l'ipocrisia. Potrebbero interessarti anche :
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