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strage di innocenti

Da Dallomoantonella

Lo so, cari amici, siamo ad agosto, stanno finendo le ferie, vorremmo parlare di cose leggere, goderci gli ultimi giorni di poco sole e molta tranquillità, più o meno, e  perchè mai allora preoccuparsi di fatti tristi e terribili, come potrebbe essere la questione che  la nostra istituzione familiare sta saltando per aria?

A cosa mi riferisco?

Alla strage degli innocenti, che vengono ormai sempre più spesso uccisi  dai padri, o dalle madri, o da un familiare. Per non parlare di quelli che non vengono uccisi, ma violentati e schiavizzati.

E’ luogo  comune pensare che un tempo queste cose non accadevano, non riempivano la cronaca, e che quindi un tempo la nostra società doveva conoscere tempi migliori. Qualcuno replicherebbe che  accadevano ma si tenevano sotto silenzio. Senz’altro. Un abuso lo puoi tenere sotto silenzio, ma non certo un assassinio.

L’uccisione dei figli fino a non molto addietro  riguardava più che altro il triste scenario delle madri assassine, per lo più ritenute malate di mente, e per lo più rinchiuse dentro luoghi di detenzione speciali.

Oggi sempre più spesso sono i padri che si arrogano il diritto di uccidere, di sterminare, spesso addirittura  l’intera famiglia.

Si cerca sgomenti di dare delle spiegazioni razionali ad un gesto  così irrazionale.

Si parla di momenti di follia, di perdita momentanea della ragione, di raptus omicidi, di depressioni; quasi sempre siamo davanti a persone assolutamente normali, ritenute da tutti affettuose ed equilibrate.

Intere famiglie vengono gettate nello sconforto più assoluto, nel giro di un attimo, di un istante che cambia per sempre  la vita.

Non entro nel merito delle singole situazioni, ognuna delle quali senz’altro conserva il suo specifico universo fatto di personalismi, di profondità e di imponderabili  sentimenti, per sviscerare i quali si potrebbero riempire tutti i libri del mondo.

A me interessa solo il dato di fatto, l’evento sociale e palese che è sempre più palese sotto i nostri occhi.

Non sono una psichiatra, nè una psicologa, nè una criminologa, sono solo una filosofa, ossia una persona che si interroga sul fenomeno, sulle sue possibili dinamiche spirituali, sociali e di pensiero.

Quello che un tempo era oggetto di tragedie greche alle quali andavamo assistendo alla ricerca di un pathos dentro il quale riconoscerci, alla ricerca di una agorà   da condividere, alla ricerca di una liberazione di tensioni da spurgare in un modo per lo più indolore, oggi accade sotto i nostri occhi, dentro le nostre case, dentro i nostri affetti più intimi e sacri.

Ci siamo messi noi stessi sulla scena. Non stiamo più recitando nè assistendo ad una messa in opera liberatrice e rigenerante. La tragedia siamo diventati noi stessi.

E’ il trionfo del nichilismo, di quel fenomeno novecentesco  che veniva ventilato come assurdo e grottesco, come conseguenza estrema quanto improbabile di un desiderio delirante di potenza.

Io ti ho dato la vita, io te la tolgo.  Io soffro terribilmente  e per liberarmi del mio dolore, nè creo un altro ancora più grande, ancora più estremo, che possa sovrastarmi  e portare via con me tutto quello che avrebbe dovuto  rendermi felice ed invece mi ha deluso, mi ha tradito, mi ha ostacolato, mi ha lasciato solo…

Uomini incapaci del dolore, incapaci di soffrire, incapaci di accettare, incapaci di ridimensionarsi, incapaci di farsi autocritica, incapaci di sacrificarsi.

Siamo caduti nel tempo dell’antieroismo.

Non vedo altra spiegazione che questa.

E’  senz’altro anche  la nostra stessa società che non ci educa al dolore  ed alla sua sopportazione.

Tutto ci trasmette l’amore per l’edonismo, l’apparenza, il successo. Sei non sei bello, vincente, considerato e chiacchierato, che non gusta, allora non sei nessuno, non conti nulla, e se un giorno questo castello di carta comincia a cigolare vacillando, tu ti senti finito e perso.

Davanti a te vedi solo il buio, il precipitare dentro un baratro del quale non vedi facilmente la fine.

Meglio diventare folli, che sopportare questa fatica del diventare adulti e del farsi carico delle proprie responsabilità.  Come farebbero  veri padri. Come farebbero  vere madri.

Meglio prendersela con un innocente, facile preda  priva di autodifesa che ci si offre con tutta la propria ingenuità ed  inconsapevolezza.

E in un istante da padre amorevole che ha dato la vita,   ci autonominiamo   carnefice, giudice assoluto, demonio  incontrastato.

 


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