Quelle che stanno emergendo in questi giorni torridi di fine impero sono verità riscontrate, dichiarazioni che scompaginano anni di depistaggi voluti, una nebulosa che si sta lentamente diradando per mostrare un mondo che si pensava esistesse ma che nessuno aveva mai avuto il coraggio di esplorare. I magistrati di Caltanissetta credono a Spatuzza e non più a Scarantino che, per chi lo dovesse ricordare, è il mafioso che si era autoaccusato del furto dell’auto riempita di tritolo che uccise Paolo Borsellino e la sua scorta, e che fu costretto a mentire dagli stessi dirigenti dei servizi segreti. Quello di Spatuzza, quindi, non è più un teorema ma una puntuale ricostruzione di fatti che, una volta appurati, “certificati” da indagini rigorose hanno dimostrato il “colossale depistaggio” posto in essere da servizi deviati, politici malaccorti, mafiosi ansiosi di concludere un “affare” che si stava rivelando pericoloso: quello giocato sulla vita di Borsellino dopo aver risolto a modo loro il “problema” Falcone. Molte di queste notizie sono ovviamente trapelate, un po’ per la voglia di vederci chiaro dei magistrati colleghi dei due “eroi”, un po’ perché la verità, come sempre, prima o poi viene a galla anche se in Italia il poi è preferibile al prima salvo quando diventa “mai”. Le agenzie battono una dichiarazione, attribuita al pm di Caltanissetta Sergio Lari, in cui si legge: “Siamo a un passo dalla verità”e il mondo della politica va nel pallone. Interrogato da altri giornalisti, il pm Lari smentisce di aver mai pronunciato quella frase, mentre non può non ammettere che le dichiarazioni di Spatuzza hanno aperto un fronte ben più credibile di quello creato ad arte da Scarantino. Gli stessi politici e magistrati che hanno negato il regime di protezione a Spatuzza, vengono colti di sorpresa tanto da spingere l’ex democristiano Beppe Pisanu, presidente della Commissione antimafia, a riconvocare Lari per “maggiori approfondimenti”. Nel frattempo però, Lari si “tutela” dichiarando ad alta voce che “non affronteremo un dibattimento se non avremo prove fortissime”,volendo provare a tradurre potremmo leggere: “andremo in dibattimento una volta riscontrate tutte le dichiarazioni di Gaspare Spatuzza. Siamo sulla buona strada”. Invece di elogiare il lavoro fatto dagli inquirenti nisseni, e di mettersi all’opera per reperire dossier non taroccati che potrebbero dare loro una mano nella difficile opera di ricostruzione dei fatti, la stampa berlusconiana cosa fa? Ohibò, grida al complotto. Nessuno ha nominato Berlusconi, nessuno lo ha accostato a nessuno, nessuno ha detto che le indagini ne dimostreranno una eventuale colpevolezza e Vittorio Feltri (e il sito on-line del Tg1) già lo tutela. Ma da chi e, soprattutto da cosa se non da se stesso? Insomma, la stampa di regime non appena si accenna a voler far luce sulle stragi di Capaci e di via D’Amelio, dà fuori di testa. Ma il motivo qual è? Questa volta siamo d’accordo con Andreotti, pensiamo tutto il male possibile mentre ormai è accertato che ci siano stati “traditori tra i servitori dello stato”. In nessun documento è scritto che Berlusconi fosse uno di loro allora, ci chiediamo, perché Feltri e i berluschini hanno tanta paura delle indagini sulle stragi? Bella domanda, ma forse bisognerebbe farla al “signor Franco” o al generale dei servizi segreti Narracci.
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Stragi di mafia: la fifa blu dei berluschini
Creato il 22 luglio 2010 da Massimoconsorti @massimoconsortiPossono interessarti anche questi articoli :
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