Oggi pensavo a quando ci siamo incontrati e a quanto la nostra storia sia stata diversa da tutte le mie relazioni. A quanto a essere diverso sia stato tu, soprattutto. A quanto tu mi abbia capita e resa felice, a quanto una cosa come la nostra sia rara.
Non dimentico mai niente, eppure c’è una cosa che non riesco a recuperare.
Ricordo il mio primo bacio, dato a un tizio che dopo due settimane mi lasciò con una telefonata di ventiquattro secondi, ricordo quando a otto anni inciampai su una catena e ruppi i miei occhiali nuovi, ricordo quando andai a sbattere contro un palo della luce chiacchierando con un amico come tutte le volte che sbatto il naso contro le vetrine, ricordo anche quando iniziai a scrivere mettendo dei cuoricini sopra tutte le i e quando una mia compagna di classe iniziò a rubarmi alcune penne colorate.
Invece se penso a quella cosa che vorrei recuperare è come se avessi una polaroid davanti agli occhi tutti i giorni a ricordarmi che non potrò più riavere quello che la luce ha impresso nella mia memoria e sulla mia pelle, come un tatuaggio.
Ricordo quando assaggiai il tiramisù per la prima volta, ricordo la prima volta che dissi una bugia e la prima volta che lasciai un ragazzo trattandolo come non si meritava.
Ricordo quando ti vidi coi capelli tagliati, ricordo il tuo sorridere e pulirmi i lati della bocca sporchi di gelato, le nostre dita intrecciate per caso e a quanto non volessero lasciarsi, ricordo le tue lenzuola e il tuo rendermi tua sempre come fosse la prima volta, assaporando i miei baci come fossero la prima nevicata di dicembre. Ricordo i tuoi occhi e il tuo guardarmi come fossi un gioiello. I tuoi sorrisi e il nostro stare sempre bene.
Sto pensando, ma ancora non ricordo come recuperare una cosa importante, quella che più mi manca.
Ricordo quel tratto nascosto del fiume in cui ci siamo tuffati e abbracciati e alla sera in cui, mentre eravamo al telefono, sei venuto sotto la mia finestra per sentirmi più vicina, per sapere che c’ero davvero e le emozioni erano reciproche.
Ricordo quando mi hai ferita e a quando ne siamo usciti: mi hai insegnato il sapore di un perdono che non ero mai stata capace di assaggiare, quello che è stato l’unica via per la guarigione.
Ricordo quando mi hai chiamata amore e di come ti chiesi se l'avessi detto veramente o desiderassi rimangiarlo e ributtarlo dentro nella gola.
Perché con te sembrava tutto reale e irreale allo stesso momento, come un’allegoria dipinta.
Ricordo il nostro perderci in macchina, la prima volta che ci avvicinammo per stare assieme sotto il mio piccolo ombrello e quella volta che piovve talmente forte da obbligarci a restare in auto, fermi nel parcheggio di un cinema. Ricordo i sorrisi che disegnavo sul vetro appannato, per farti pensare alla nostra felicità anche quando sarebbe tornato il sole.
Ricordo, qualche giorno fa, il mio vagare sotto la pioggia per nascondere le lacrime.
Ricordo il tuo dirmi che ero la tua vita e che il mio profumo di fiori orientali fosse letteralmente inebriante. Ricordo di avertene regalata una boccetta perché ci faceva pensare all’odore di luoghi in cui sognavamo di andare assieme, e che dopo aver fatto l’amore mi rotolavo sui tuoi cuscini perché quell’odore ti cullasse di notte. E non si trattava di erotismo, ma di odorare quell’innocenza di cui soltanto l’amore è portatore.
Ieri ho pensato a te. Domani sarà la stessa cosa.
La consolazione che ho trovato sta nel fatto che anche se certi rapporti finiscono non significa che siano stati meno pieni di vero amore. Ma, di nuovo, non è ancora questa la cosa che cerco.
Ricordo il sentirmi viva come non mai, l’apnea prima dei nostri baci e l’apnea che sentivo nella gola quando ti stavo distante per troppo tempo. Ricordo come vederti arrivare in quella tua auto fosse, come in un paradosso, aria pura per i miei polmoni.
E forse ora inizio a capire cos’è che vorrei ritrovare.
Ricordo anche quanto, per voler sincera, sono stata dura con te. Ricordo il tuo capirmi, di nuovo. Ricordo lacrime, umore altalenante e prese di coscienza. Parecchie prese di coscienza.
Ricordo la fine di una storia, con motivi concreti che il cuore non vuole capire ancora oggi, a distanza di quelli che sembrano secoli.
Perché devo darmi una sberla per realizzare che non si è trattato di un film o di una di quelle storie che leggo nei miei libri. Sono lì, è come se potessi rivedere tutto.
Della mia vita mi ricordo tutto troppo, troppo bene.
La capacità e l’impossibilità di fare delle scelte. La volontà di qualcuno che mi guidasse come un faro e il desiderio di avere la forza di una grande nave per solcare da sola tutti i mari. La voglia di correre via e quella di avere un’ancora che mi tenga salda alla terra. I momenti in cui mi sono sentita completamente vuota e avrei voluto ricominciare da zero, per poi trovare la voglia di riempire quei vuoti con l’amore di qualcuno.
E ho capito qual è il problema.
Certe volte vorrei essere la vecchia me stessa, quella che sono stata molti anni fa e che tu mi hai fatto il dono di riuscire a tirare fuori. Sono stata spensierata, capace di dare leggerezza alle responsabilità, difficile da sfiorare con cattiverie e con la testa tra le nuvole quel tanto che basta per equilibrare ogni giorno.
Perché certe cose ti cambiano, ti lasciano strascichi di emozioni che se sei fortunato ti trascini dietro come un sacco di piume, ma se hai una cosa come la nostra e poi la perdi senti le sensazioni come le catene di un condannato.
Così ora, mentre passo tutti i santi giorni a scostare la tenda e a cercare la tua sagoma, non ricordo questo dettaglio decisamente rilevante: com’è che hai fatto a trovare la traccia di quella lei che sono stata? Io, dopo questa storia, non sono più capace di essere la stessa.
Mi sto cercando.
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