Stralci d'Ispirazione - 6 - Jacqueline Clarke

Da Dalailaps @dalailaps
  
La signora Jacqueline Clarke prese l’aereo per la prima volta il 7 febbraio dello scorso anno.
Aveva viaggiato su navi, automobili e treni, alcune volte per motivi tutt’altro che felici, ma mai prima di quel giorno s’era staccata da terra.
Qualche tempo prima era stata contattata da una giovane ragazza - ebrea e tedesca come lei - e le era stato comunicato che, dopo un’attenta verifica, un ente governativo aveva giudicato come di sua proprietà una vecchia casa disabitata.
Lei capì immediatamente.
Dalla Borgogna, dove viveva ormai da decenni, partì per Parigi accompagnata dal suo chauffeur, per poi arrivare all’aeroporto di Berlino con un volo diretto.
La ragazza la riconobbe subito e le corse incontro tendendo la mano per aiutarla; la signora le sorrise e rifiutò con delicatezza, come per farle capire quanto quei movimenti lenti fossero una riprova a se stessa di forza e dignità.
I suoi capelli erano grigi con leggere ombreggiature che s’avvicinavano all’azzurro, ma mentre il suo volto mascherava ancora bene la sua vera età, alle mani era impossibile non tremare.
Appuntata accanto ad un grosso bottone, risplendeva una spilla blu dal bordo argentato e raffigurante un serpente bianco e un grosso monumento: la giovane la riconobbe subito, durante i suoi anni di lavoro le era capitato spesso di vedere quel simbolo, e capì che quella piccola clip era il ricordo di un medico, probabilmente un parente molto stretto.
Sull’auto, mentre in silenzio si dirigevano verso la loro meta, l’anziana donna ripensò a tutti quei ricordi che le avevano oscurato buona parte dell’adolescenza, rivedendoli più nitidi che mai. Lei era cresciuta nonostante quei buchi nel cuore, ma era stato difficile.
Una volta arrivate, camminando poggiandosi al suo bastone - dono del suo defunto marito e acquistato in una piccola bottega nel Sud della Loira - arrivò davanti al grosso portone della sua prima casa. La ragazza si fece da parte e la lasciò da sola qualche istante.
Lì emersero ricordi dissolti, repressi da una coscienza previdente.
Quel portone di legno scrostato era ancora intero, al culmine dell’arco di pietra che lo sovrastava vi era un 43 nascosto da una grossa croce nera. Un numero cancellato con rabbia per un motivo che lei non riuscì mai a concerpire.
Sfiorando con le dita il legno irregolare rivide la sua storia scorrerle davanti.
Bambina avvolta in un cappotto color ciliegia, si vide correre con la mano in quella della zia mentre trascinava un sacco grande quasi quanto lei, colmo di qualche vestito e di documenti falsi.
Ricordò quando, a metà strada per la Svizzera, suo padre fu catturato e portato via mentre sua zia, tappandole la bocca con la mano, la costringeva a tacere mentre si nascondevano nel bagno lurido di una locanda.
Si ricordò di quando anni dopo incontrò un uomo distinto che le disse di conoscere suo padre: era stato con lui in un campo di prigionia, rinchiuso in una cassa non più grande di un metro cubo. Le aveva raccontato che si erano divisi per tentare di scappare, che lui era stato fortunato, ma che di suo padre non aveva mai più avuto notizia.
La signora Clarke ripensò alle sue speranze svanite.
Staccò la mano dal legno freddo e rifletté sull’immane dolore di perdere qualcuno senza sapere quale sia stata la sua fine. Quanti anni della sua vita erano trascorsi a chiedersi il perché di quell’odio per la sua gente, e quanto tempo a pregare perché lo Stato che l’aveva vista nascere le desse sollievo e risposte chiare.
Guardò quella porta facendo un passo indietro, ricordò ancora e decise che fosse meglio disfarsi di quel posto.
Al ristorante, quello in cui la ragazza aveva tanto insistito perché andassero a riposare un po’, l’anziana signora ringraziò la giovane per averla portata a tanta consapevolezza, la ringraziò di quegli attimi e la incaricò di provvedere a far passare quella proprietà ad un’associazione meritevole.
La ragazza era tentata di consigliarle di far abbattere quel palazzo, credendo che in ciò la signora avrebbe trovato sollievo, ma frenò ogni pensiero e tacque. Capì che, dopo che quella signora aveva trascorso anni colmi di cicatrici morali e di domande, sapere che quella casa sarebbe potuta essere utile l’avrebbe riempita di bontà. Si salutarono e non si incontrarono mai più.
Poco più di un anno dopo Jacqueline Clarke si spense nella sua casa francese. Serena.
           

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