Strane Galanterie

Creato il 18 ottobre 2012 da Ninja

Salve a tutti!

Oggi condivido con voi un fatto che mi è capitato di recente, spero diverta voi quando ha sbalordito me.

Comincio con una nota triste, il mio migliore amico Raifu qui all’estero ritorna nella sua terra natia, la Norvegia, insieme alla sua promessa sposa giapponese. Ha fatto una bella esperienza qui in Canada, per tre anni, ma adesso considera questo capitolo della sua vita chiuso, è tempo di mettere su famiglia e la Norvegia gli concede un margine di sicurezza migliore, lo capisco.

Prima di partire, questo mio amico ha organizzato un party in uno dei mille pub irlandesi del centro. E’ una cosa a cui normalmente non penso, ma Montreal ha subito una immigrazione irlandese molto estesa, ne consegue che è piena di pub. Il caro Raifu è un tizio sui generis: quando il gestore del locale ha voluto sapere quanti ospiti attendesse, gli ha risposto “Mah, non so, potremmo essere tra i dieci e i cento”. La risposta ovviamente è stata “Mi sembra un po’ vago…”.

Risultato: in teoria dovevamo avere tutto per noi il secondo piano del locale, nei fatti dopo circa un’ora e mezza era già pieno così di gente che con noi non c’entrava nulla. Di buono c’è almeno che sono venute ben più di dieci persone, perciò è stata una bella festa…

…finchè non è arrivato Orso.

Orso, tipo piuttosto originale che da un giorno all’altra ha deciso di andarsene dalla megaditta per lavorare per i giapponesi, è un personaggio alquanto inusuale. Programmatore da molti anni, sa parlare solo di due cose: quanto lavori troppo e quanto faccia schifo ciò su cui lavorava prima. Essendo lui appena uscito dalla megaditta, purtroppo tocca a noi essere oggetto delle sue frustrazioni. Se a questo aggiungiamo una imponente statura unita a un massiccio diametro, un occhio pigro che mentre ti parla va per i fatti suoi, un odore corporeo non proprio straordinario e un livello di sudorazione “interessante”, avete di fronte a voi l’interlocutore perfetto per una festa di addio.

Quando è arrivato si era chiaramente già fatto un paio di birre, era più allegro del solito: chiacchierava, scherzava, parlava del più e del meno risparmiandoci le solite solfe. Si è perfino messo in un angolo a condividere con alcuni ex-colleghi le ultime meraviglie della tecnologia (fenomeno sociale altrimenti noto come nerdgasm, per gli anglofoni, in italiano lo tradurrei “sfigasmo”). Io nel frattempo mi tenevo il più lontano possibile.

Purtroppo le mie abilità di schivata non sono state sufficienti. Quando Raifu è andato in mezzo al party per parlare con tutti, mi è toccato l’Orso addosso. La scena è stata epica, fortunatamente non ci ha sentiti nessuno.

Io mi guardavo attorno, nervosamente, cercando di non dargli peso. Più in là vedo la ragazza di Raifu con le sue amiche giapponesi, si fanno delle foto e chiacchierano. Sberla, leggendario ingegnere che sta per partire per San Francisco, è lì che ascolta un paio di ragazzini che vorrebbero diventare programmatori. In un angolo, Pignolone cerca di parlare con dei giapponesi, purtroppo non sa la lingua quanto pensa di saperla col risultato che tutti ridono. Forse avrà detto “cincin”, chissà?

Orso si avvicina, con una birra in mano. Probabilmente è la quarta o quinta della serata per lui. E’ ancora a un livello di odore accettabile. Mi sorride e apre la conversazione.

“Credi anche tu che siano tutti uguali, vero?”

Lo guardo, alzo un sopracciglio, non ho davvero capito a che cosa si riferisca.

“…Eh?”

“Massì i giapponesi, son tutti uguali vero, io ci lavoro tutti i giorni!”

Sono rimasto piuttosto allibito di fronte all’affermazione dozzinale, perciò non ho potuto fare altro che una faccia sgomenta e sorpresa.

“Che cosa?!”

Vista la mia reazione, Orso capisce di avere detto qualche cosa di fuori luogo. E’ il momento di dare fondo al miglior bon ton e rimediare a questa bruttissima figuraccia.

“Scusa, scusa” – mi dice, alzando le mani – “pensavo che tu fossi razzista!”

Ben fatto, Orso, adesso sì che hai rimediato al primo pasticcio! Non sapevo se ridere, incavolarmi, chiedere spiegazioni o mandarlo a quel paese. Ho pensato che tutto sommato non valeva pena fare questioni per una cosa del genere, perciò mi sono semplicemente girato allontandomi: “Credo che me ne andrò, adesso”.

Per qualche motivo, non mi ha più parlato quella sera. Non ho pianto per la perdita.

Saluti di oggi a mia sorella che forse ha trovato casa .



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