Magazine Diario personale

Strane Vignette

Da Bangorn @MarcoBangoSiena

Ci ho messo un po’ a ritrovare questa vignetta che avevo visto in giro. Se non l’avete mai vista, dategli un’occhiata. Rileggetela. Riflettete.
Fatto? Bene, ora vi dirò la mia opinione in merito, e premetto che è solo questo, un’opinione.

Con tutto il rispetto per l'autore

Con tutto il rispetto per l’autore

Questa vignetta potrebbe essere messa nella stessa cartella con quella dei ragazzini di ieri confrontati a quelli di oggi, dove per rappresentare il passato hanno disegnato tutto a colori con i bambini felici che giocano a calcio, mentre per il presente è tutto monocromatico con un bambino triste al centro, triste perché nessuno vuole giocare a palla con lui.
Su questa magari ci tornerò un giorno, perché ne avrei da dire alcune anche su di essa. Parliamo invece del messaggio che vorrebbe far passare questa sulla scuola.

Ieri se un bambino si beccava una nota, una scudisciata, una punizione, un periodo detentivo durante l’intervallo e una qualsivoglia forma di umiliazione verbale e non davanti agli altri, si vedeva raddoppiata la pena, perché poi toccava buscarle pure a casa. Nessuno osava mettere in discussione l’operato dell’insegnante.

Se questo è il modo...

Se questo è il modo…

Certo, gli insegnanti sono esseri alieni, perfetti, automi: non possono sbagliare né avere preferenze tra un alunno e l’altro, né poter provare antipatia per vostro figlio ed eccedere nel punirlo rispetto al suo compagno di banco. Giammai.

E quindi secondo questa vignetta, i genitori che oggi chiedono spiegazioni ANCHE all’insegnante, essendo noi in un secolo in cui siamo tutti più istruiti rispetto al passato, sbagliano. Non dovrebbero farlo. Mortificano il lavoro dell’insegnante, che ripeto, è un vulcaniano perfetto.

I commenti più frequenti sotto questo tipo di vignette riguardano il fatto che una volta era tutto perfetto, c’era rispetto, andava tutto bene, in ginocchio sui ceci era un metodo utile, le bacchettate sulle dita pure, ci sono cresciute generazioni così e altre sciocchezze del genere.
Perché le ritengo sciocchezze? Perché con quei metodi così perfetti, non sono cresciute molte generazioni di studenti. 1 su 10, forse, ha proseguito gli studi. Gli altri a 14 anni andavano a lavorare, finite le medie. E se torniamo indietro nel tempo, c’era pure chi non finiva le elementari.

Umiliare i bambini è un modo per educarli?

Umiliare i bambini è un modo per educarli?

Tutto sempre perfetto nel passato? Non credo. E vi racconto una storia, la storia che mi ha insegnato fin dalle elementari come funzionasse il mondo, e come sarebbe stata la mia vita da lì in poi, visto che non ero né ruffiano né mi andava di umiliarmi per ingraziarmi le persone.

Ero in quarta elementare. Una classe di circa dieci alunni in un paesino di mille anime. La vita del paesino, al tempo, era incentrata sulla parrocchia, e dal lato politico un buon 90% era democristiano. Questo cosa c’entra?, mi chiederete voi. C’entra, perché essere figlio di una famiglia non democristiana e non essere praticante poteva essere un problema con una maestra democristiana e cattolica.
Il giorno dei morti, il 2 novembre, andai con la famiglia a visitare dei parenti a Modena e a fare il giro dei cimiteri. Uno zio di mia madre ci chiese di rimanere a cena, quindi tornammo a casa tardissimo.
Non feci i compiti, e mia madre mi disse di spiegarlo alla maestra. Dovevo farlo io.
Il giorno dopo, l’insegnante partì da me a controllare il quaderno. Io le spiegai la situazione e mi beccai una serie di strilli, un periodo di punizione saltando l’intervallo (5 minuti che avevamo…) e gogna pubblica davanti agli altri compagni. Ero un cattivo esempio e a lei non interessava la giustificazione che avevo da darle.

Passò al tizio dietro di me. Scena muta da parte del bambino. Non aveva fatto i compiti nemmeno lui. Si beccò la sua dose di strilli e la stessa punizione, anche se ormai si era sfogata con me.

Altro alunno, il terzo della fila. Quello stava singhiozzando. Strillo veloce, punizione.
E così proseguì, lasciando per ultima la sua cocca, la sua preferita, la “secchiona”.
Nessuno aveva fatto i compiti, neppure lei. Ma quando si mise a piangere, la maestra andò a consolarla, ad abbracciarla e poi?

Poi chiese se eravamo tutti d’accordo a non punirla, perché lei non aveva mai sbagliato prima. E i miei compagni, lo ricordo come se fosse ieri, furono d’accordo.
Fatemi capire, noi ci becchiamo strilli e punizione, e lei no? E voi siete d’accordo perché avete paura della maestra?

Questa storia vi assicuro è vera, ed è il più brutto episodio che mi sia capitato a scuola. Il primo esempio di disuguaglianza, di ingiustizia e di come nella vita l’importante è essere nella fazione giusta.
Ora, quando mia figlia verrà a casa in lacrime con una nota, una punizione ecc… io vorrò una motivazione da lei, ma la vorrò anche dall’insegnante. E se mai saprò che la maestra ha alzato le mani o umiliato mia figlia, vorrò una giustificazione.
Per cui, se siete d’accordo con il messaggio della vignetta, o non siete andati a scuola, o eravate dalla parte dei cocchi.


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