Insomma, arriviamo lì davanti e ci sono ad accoglierci un signore e una signorina, con la divisa dell'AMA.Io scendo per spiegargli cosa dobbiamo buttare e, mentre il tizio bestemmia a mezza bocca, la signorina ci apre la sbarra e ci indica la zona per buttare il legno.Nonostante si possa pensare il contrario dei teatranti, noi sappiamo bene cosa si prova a fare dei lavori pesanti mentre la gente ti fa perdere tempo. Per questo tiriamo fuori tutto il legno dal furgone in sette minuti netti. E parliamo di una cucina intera. Mobiletti, cassetti, sportelli, pensili, ripiani. Una furgonata di legno.
Visualizzatelo pieno di legno... Fatto? Bene, andiamo avanti.
A questo punto rimangono da buttare tre cose tre: forno, frigorifero e piano cottura. Da conferirsi nell'area "elettrodomestici". Distanza dall'area "legno"? Cinquanta metri.Ecco, a questo punto arriva smadonnando il tizio, che era rimasto a guardare la sua collega che ci indicava il posto, e ci dice che dobbiamo andare via. Basta, stop, finito, chiudiamo. Tornate alle 14.00.Ma dai, ci mancano tre cose! Facciamo in un attimo...No, dovemo da chiude'! Tornate dopo.Ma siamo lontani, dovremmo girare due ore...Niente da fare, il signore è irremovibile.Si chiude alle 12.00.E' la regola.E noi le regole le rispettiamo. Siamo tornati nel pomeriggio, con grande perdita di tempo e qualche imprecazione.
Bene, è proprio da questa piccola disavventura urbana che è nata la mia riflessione. Ma uno strappo alla regola no?
Che poi lo strappo alla regola è una bestia strana...Si deve fare? Non si deve fare? E quanto si deve fare?Perchè a forza di "strappi alle regole" le case crollano, i soldi finiscono, i disonesti prosperano. O no?- Qui non si dovrebbe costruire, che c'è... -- Ma sì, facciamo uno strappo alla regola! -
Ma allo stesso tempo non è raro trovarsi davanti a cose tipo la scena di "Un fiorino!" in Non ci resta che piangere... Ve la ricordate, no? Un tipico esempio di pedante applicazione letterale delle regole.
Capito di che parlo? C'è di che intripparsi con la storia delle regole e degli strappi!
Ed è facile ricollegarsi con tutti gli argomenti che di solito trattiamo qui sul blog... Insomma, le regole sono importanti, aiutano le persone ad agire in maniera corretta. Anche nella scrittura. Per esempio tra le "regole" della buona scrittura annoveriamo qualche must come per esempio...
- Non usare avverbi...
- Niente infodump, ovvero pagine e pagine di informazioni inutili sulla geografia del vostro mondo inventato...
- Niente cambi eccessivi o bruschi di POV, punto di vista, quando si narra una storia...
E potrei andare avanti! Ora, vi sfido a dimostrarmi che un periodo farcito di avverbi come un tacchino il Giorno del Ringraziamento sia piacevole da leggere. O che siano godibili le prime venti pagine del 90% dei romanzi fantasy scritti da esordienti (ma anche "veterani"...) piene di descrizioni della creazione dei Monti Afrlla, che comunque non verranno mai attraversati dai nostri eroi. O che sia bello trovarsi a leggere una scena di combattimento di cui non capite nulla perché non si capisce chi dei due combattenti la stia "raccontando"...
Però... Ci sono gli strappi.
Perché gli avverbi non sono inutilizzabili, e il punto di vista può anche cambiare da un capitolo all'altro (George R. R. Martin, do you know?)... Per non parlare di certe idee geniali di ambientazione, che meritano di essere raccontate, anche con un poco elegante as you know, Bob.
O sbaglio? Questa è un'annosa questione, affrontata già altre volte da chi è più esperto e più saggio di me. Però è solo un esempio, di come a volte sia le regole che gli strappi possano contribuire al successo (o al fallimento) di qualcosa. Qualsiasi cosa.
Perché è a forza di strappi che gli imbecilli si ritrovano a spendere migliaia di Euro (dei contribuenti) per comprarsi il SUV, ché non si sa mai, la neve a Roma ormai è una consuetudine...
Ma è a forza di regole ferree che, per esempio, certe Scuole creano studenti disadattati senza alcun amore per la cultura o per lo studio.
Qui parlo per esperienza, ma non posso fare nomi. Basta comunque pensare all'ansia di finire il programma che fa perdere di vista l'intento educativo del programma stesso. Vabbè, piccola polemica personale contro il mondo della scuola incapace. :D
Ora mi fermo qui con gli esempi, ma in effetti ce ne sono a centinaia, alcuni neppure li immagino, ora mentre scrivo. Ci sarebbe da parlare dei Giochi di Ruolo, e dei loro tomi con pagine e pagine di regole, di numeri, di statistiche. E dei Dungeon Masters e dei giocatori che lasciano fare alla fantasia, all'improvvisazione, alla recitazione, e che ogni tanto segnano qualcosa sulle schede, o tirano un d20.
Insomma queste riflessioni si facevano con mia moglie negli ultimi giorni... E sostanzialmente il punto a cui siamo arrivati è il seguente: esistono regole tecniche e regole morali.
Le regole morali sono spesso soggettive, spesso autodeterminate dalla nostra coscienza, hanno origine dai nostri princìpi. Sono, secondo me, quelle a cui non si concedono strappi.
Poi ci sono le regole tecniche. Quelle che spesso si rendono necessarie per migliorare la qualità della convivenza civile, e per riportare su un piano più "pratico" le regole morali della nostra coscienza. Quelle che servono (o dovrebbero servire) a mettere un freno al "momento del paraculo", che scatta sempre quando si rimane solo sul piano aleatorio dei princìpi. Queste sono le regole che, secondo me, ogni tanto si possono strappare.
Perché, come diceva un signore parecchio più saggio di me, circa 2.000 anni fa, "Il Sabato fu fatto per l'Uomo, non l'Uomo per il Sabato".
E poi lo ha detto anche De Andrè, no? "Lo sanno a memoria il Diritto di Dio, ma scordano sempre il perdono..."
E voi? Che ne pensate? Regole? Strappi? Morale? Tecnica? Imperativo categorico? Sono curioso di sapere se l'argomento stimola anche a voi riflessioni, pensieri o anche travasi di bile...