Strasbourg / St. Denis

Creato il 26 novembre 2012 da Postscriptum

Il naturale fluire della gente, informe eppur apparentemente razionale, mi ha sempre divertito. Nel suo attimo di mera osservazione – quello immediatamente precedente l’esame psicologico – diventa situazione di puro rilassamento cerebrale. Alla stessa stregua di un pomeriggio trascorso a guardare le onde che arrivano sulla battigia, dunque senza alcuna intenzione morale. È possibile ricercare le intenzioni recondite o sociologiche di un’onda? Credo di no, e forse a questo dato dovrebbe fermarsi l’uomo ponendosi dinanzi a un altro uomo. Ma è operazione impossibile, lo so per certo, sono sempre stato curioso e mi è sempre piaciuto immaginare l’occupazione, il lavoro, il pensiero politico, del passante. Ad esempio, non potete immaginare il divertimento che mi provoca guardare un tizio con la faccia da serial killer che attraversa la strada, affibbiargli chissà quali delitti e poi risolvere l’indagine con una alzata di spalle, con un semplice “invece”: magari fa il ricercatore di fondi per bambini malatissimi e poverissimi, e non farebbe male ad una cocciniglia da succo di frutta.

Il posto ideale per riflessioni di tal genere può essere una piazza, o una stazione di metropolitana. Ecco perché, credo, ragionamenti non dissimili avrà svolto Roy Hargrove, mentre si trovava ad attendere sulla Strasbourg/St. Denis. Pensieri rilassati, tranquillità d’animo e puro divertimento contagioso, tutto ciò sembra esplodere con esuberanza dal brano – omonimo della stazione in questione – di cui tra poco accennerò qualcosa.

Formalmente scrivendo, il pezzo è il terzo in scaletta dell’ottimo Earfood , pubblicato dal trombettista nel 2008. Un disco che è veramente cibo per orecchie, senza alcuna presunzione del virtuoso Roy. Non so quanto senso abbia ascoltare o scrivere d’un album dichiaratamente hard bop nel 2012. Forse nessuno, ed il mio è un atteggiamento da bollare come reazionario. Ma fatto sta cheStrasbourg/St. Denis (link) non può non essere ascoltato, pretende attenzione per la sua prepotenza. Va ascoltato anche con spensieratezza, quella d’un ascoltatore di buona musica pop quando si sofferma piacevolmente sulla ormai datata Get What You Give dei New Radicals, o quell d’un rockettaro che si lascia andare con gli Ac/Dc. Con l’aggiunta, nel caso di Roy Hargrove, di aver a che fare con musicisti tecnicamente superbi.

Il brano, poi, è così bello da spazzar via tutti gli altri. Capace di annientare l’interesse per gli altri pur validi pezzi (The stinger e Style ad esempio). Strasbourg/St. Denis va ascoltato con la stessa attenzione e allegria che si può riservare ad un raffinato buon calice di vino. Consiglio un Cabernet Sauvignon-Nero d’Avola, da accompagnare a formaggi stagionati e…scherzo, scherzo, bevete e mangiate quello che volete, basta che sia divertente! Bevete, anche per la sete che ancora non avete, vi consiglierebbe Rabelais.

La versione che voglio raccomandare al lettore, riguardo questo splendido brano, è quella colta da un concerto al New Morning di Parigi nel 2007. Da precisare che il locale si trova proprio nel quartiere della Stazione. Leggo da alcuni commenti sul video che il quartiere è conosciuto come luogo ameno di interscambio ideologico per mezzo di incentivanti stupefacenti e di transazioni commerciali ad interesse meretricio-copulativo. A ciò il commentatore tende a voler collegare l’esclamazione iniziale di Roy Hargrove: It’s a Fun Place!

Personalmente, preferisco pensare che Hargrove si sia divertito più “idealmente”, per il fermento culturale della locale comunità di colore.

Potrei continuare a scrivere dicendovi che si sentono forti influenze di James Williams (ex Jazz Messengers e seguace del pianista Bobby Timmons), nel modo di procedere più soul che jazz. Potrei dirvi che il picchiettare delle dita di Clayton sul piano mi solletica la schiena ed è più vicino al pop che alla seriosità di certo jazz di ricerca. E – Giove tonante – Montez Coleman non è un batterista, ma un picchiatore! Dovrei obbligatoriamente dilungarmi sull’eloquio ed il fraseggio effervescente dei due fiati. Dirvi del pompare continuo del contrabbasso e affermare senza alcuna forma di vergogna che questo brano è una “canzone” a tutti gli effetti…

Ma perché annoiarvi ancora con i formalismi di certa stampa jazzistica conservatrice. Mi piace la ricerca e apprezzo anche gli eterei lavori della nordica ECM, ma – per la divina Iside – ho bisogno di divertirmi con spensierattezza di tanto in tanto, e questo è il pezzo adatto per farlo!

Gaetano Celestre (Il ritorno di Babar da Celestropoli)

 Denis


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