Strategie e cambio leadership: l'esempio di Jobs

Creato il 26 agosto 2011 da Elvio Ciccardini @articolando
Uno degli elementi di vulnerabilità delle piccole e medie imprese italiane, almeno prima della crisi economico finanziaria, era il ricambio generale. Gli imprenditori pionieri erano cresciuti, anche di età. Ed era proprio per questo che molte associazioni, tra cui le Camere di Commercio e Assindustria, dedicavano interi seminari al superamento di questo problema con approcci misti: sia economico organizzativi, sia psicologici.
E si! Perchè le imprese, seppur piccole e a conduzione familiare non sono piccoli imperi, in cui morto un re, se ne acclama il nuovo. Le aziende sono cellule sociali. Organizzazioni complesse, fatte di reti di relazione. Non è un caso che il ricambio generazionale rappresenti un momento di estrema vulnerabilità e porti con se il rischio di un'elevata probabilità di mortalità dell'azienda. Questo, ovviamente, vale anche per le grandi.
In questi casi non si parla di ricambi generazionali, ma di cambio di leadership, o di passaggio del timone. Insomma, si sostituisce un "capo" con un altro.
Proprio ieri, Steve Jobs ha abbandonato definitivamente il "timone" della Apple. Il mercato azionario ha reagito con i soliti timori uterini, che hanno determinato una perdita nei titoli azionari della società. Ma si tratta solo di impatto emotivo. Il mercato finale, cioè gli amanti e acquirenti delle idee e dei prodotti di Jobs, al contrario, hanno riempito i social network di frasi di incitamento e di dichiarazione di fedeltà a ciò che essa rappresenta: uno stile di vita.
L'erede è Tim Cook, che affianca Jobs da anni, fino a ieri ne era il braccio destro. Il valore di questo avvicendamento nasce non solo dalle indiscusse capacità di Cook, ma anche dal modo con cui la strategia di passaggio è stata gestita.
Tim Cook, infatti, negli anni ha saputo conquistare la fiducia dei dipendenti, del CDA (Consiglio di Amministrazione) e, sopratutto, di Wall Street. La volontà di Jobs di creare una azienda "squadra" si è dimostrata vincente.
Ad avvalorare l'alto profilo della strategia attuata, un report realizzato dalle società di consulenza A.T.Kearney e Kelley School of Business dell'Università dell'Indiana. Secondo il rapporto in questione, le società che rinnovano la leadership, pescando al proprio interno, ricavano maggiori profitti.
L'analisi (qui potrete trovare il link alla fonte) prende in esame le performance di 500 società non finanziarie dello S&P, dal 1988 al 2007. I risultati mettono in evidenza che, le società che reclutano i loro amministratori internamente, superano in  redditività e valore quelle che hanno preferito rivolgersi ad amministratori esterni, cercando tra i migliori presenti in piazza. In sintesi, gli amministratori "homemade" se la cavano meglio degli altri e costano meno. Infatti, i manager esterni costano circa il 65% in più di quelli interni.
Considerando l'attaccamento dei clienti ai prodotti Apple che rappresentano scelte e stili di vita, più che prodotti tecnologici, e l'acume di Jobs, probabilmente, tra qualche anno, anche Apple si unirà all'elenco in questione.
Ma ora ritorniamo ai piccoli e medi imprenditori italiani. A loro non rimane che un piccolo consiglio ed una precisazione. Il consiglio è non considerare l'azienda in chiave personalistica. E' vero che ha rappresentato il successo economico e sociale di una vita lavorativa, ma l'azienda è, in primis, una squadra. La precisazione va da sè... nelle fasi di passaggio generazionale non è importante che la nuova leadership ricalchi in tutto la vecchia. E' auspicabile, al contrario, che essa venga ridefinita sulle caratteristiche dei successori, o del successore, permettendone la sostenibilità ed agevolandone la portata innovativa.

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