Non mi metterò certo a ipotizzare chi abbia vinto nel duello streaming tra Grillo e Renzi, a strologare se il guru del M5S sia “fascista” come dice qualche piddino posseduto dagli alieni o se Renzi abbia fatto scena muta semplicemente perché appena fuori dal mellifluo ambiente di partito o dei media amici, non ha nulla da dire. Lascio il compito ai mass mediologi veri o presunti perché la cosa vera è che ancora una volta hanno perso i cittadini.
Grillo è andato da Renzi a dirgliene quattro che è poi quello che volevano gli iscritti e lo ha fatto nel suo modo da uomo di spettacolo, è stato come un torrente in piena a cui Renzi non ha saputo far fronte, non perché sia un “democratico”, ma proprio perché al di fuori di un contesto in cui non può far valere il perso dell’autorità, non è stato in grado di sfoggiare la solita parlantina e si è limitato a qualche battuta. Figuriamoci come sarà loquace di fronte alla sua grande elettrice, ossia la Merkel, che non è simpatica come Grillo, ma che è una specie di panzer quando vuole raggiungere uno scopo come sa chi è in grado di seguire le conferenze stampa della cancelliera o le sue repliche in Parlamento. Tuttavia è stata un’occasione mancata per Grillo di stringere all’angolo l’avversario, di stanarlo dall’antro degli slogan e magari per Renzi di mostrare che invece dietro lo spot c’è davvero un prodotto: forse perché entrambi erano impari rispetto a questo compito. I cittadini sono stati privati di un momento di verità per capire chi è davvero il premier in pectore, ancora una volta sono stati defraudati di un’informazione che non fosse quella autoreferenziale dello scontro di fronte alla telecamera.
Se fossi stato nel “portavoce” del M5S dopo aver sottolineato i voltafaccia dell’ultimo mese invece di affermare tout court che Renzi è l’uomo dei finanzieri (non quelli in divisa, s’intende) avrei semplicemente chiesto a Renzi dove concordava e dove dissentiva rispetto alla lettera che un gruppo di economisti tra cui Guido Rossi e Luciano Gallino avevano scritto un anno e mezzo fa proprio sulla carenza e la distorsione della realtà operata dai media e dalle istituzioni: “La politica è scontro d’interessi, e la gestione di questa crisi economica e sociale non fa eccezione. Ma una particolarità c’è, e configura, a nostro avviso, una grave lesione della democrazia. Il modo in cui si parla della crisi costituisce una sistematica deformazione della realtà e un’intollerabile sottrazione di informazioni a danno dell’opinione pubblica. Le scelte delle autorità comunitarie e dei governi europei, all’origine di un attacco alle condizioni di vita e di lavoro e ai diritti sociali delle popolazioni che non ha precedenti nel secondo dopoguerra, vengono rappresentate … come comportamenti obbligati … immediatamente determinati da una crisi a sua volta raffigurata come conseguenza dell’eccessiva generosità dei livelli retributivi e dei sistemi pubblici di welfare. Viene nascosto all’opinione pubblica che, lungi dall’essere un’evidenza, tale rappresentazione riflette un punto di vista ben definito (quello della teoria economica neoliberale), oggetto di severe critiche da parte di economisti non meno autorevoli dei suoi sostenitori.”
Ecco credo che sarebbe stato l’ideale per saggiare la consistenza del monologhismo di provincia del Renzi, direttamente derivato da Amici miei, ma anche il modo per gettare una luce più generale sul depistaggio sistematico a cui siamo esposti dalla lente anamorfica dell’informazione. Cosa avrebbe detto Renzi che sceglie i propri consiglieri, padrini e finanziatori proprio nel campo del liberismo? Capisco che lo scontro fra due personalità sia più appassionante dal punto di vista dello spettacolo, ma per questo esiste la fiction. E forse sarebbe bene cominciare a rendere la politica un genere a parte se vogliamo scrivere il copione del nostro futuro.