In questi ultimi anni sta spopolando un nuovo modo di mangiare, scelto sempre più da adulti ma soprattutto dai più giovani: lo Street Food, ovvero cibo da strada.
L’organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura, ha stimato che lo street food sfama quotidianamente 2.5 miliardi di persone.
Lo street food affonda le sue origini ai tempi dell’antica Roma, dove erano le persone meno abbienti a consuma questi pasti, acquistati perlopiù per strada dalle botteghe di turno. Potremmo asserire quindi che lo street food è nato per sfamare e non per nutrire. Nei paesi in via di sviluppo, la diffusione dello street food cresce di pari passo con il processo di urbanizzazione, rappresentando così una fonte di reddito per tanti piccoli commercianti, ma anche risolvendo in parte il problema dell’accesso al cibo, caratteristico di questi paesi.
Uno studio condotto da ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e pubblicato su “FOOD AND CHEMICAL TOXICOLOGY” ha esaminato le caratteristiche igieniche e tossicologiche, su numerosi campioni di cibo preparati per strada.
Ne è emerso che per quanto pratico e conveniente, lo street food nasconde comunque non poche insidie per la salute; può causare infatti patologie gastrointestinali, anche con effetti a lungo termine.
I principali fattori di rischio emersi da questo studio dell’ISS, risiedono sia negli ingredienti scelti, che nel metodo di preparazione, oltre che in quello di conservazione.
Partiamo dagli ingredienti.
Secondo l’Iss, per poter mantenere costi bassi, molti degli ingredienti caratteristici degli “Street Food” provengono da aree poco salubri, “ad esempio, pesce catturato in acque contaminate, carni di animali malati e sottoposti a trattamenti antibiotici o antiparassitari”.
PRIMA REGOLA quindi è chiedere ai commercianti la provenienza delle materie prime, che dovrebbero essere sempre in grado di certificare e la loro conformità agli standard di sicurezza.
SECONDA REGOLA: Le condizioni di conservazione degli alimenti.
Da questo studio dell’Iss è emerso che il più delle volte, le condizioni di conservazione sono carenti, a partire dalle stoviglie utilizzate per la preparazione degli stessi, che sono spesso deteriorate, ai contenitori per la conservazione che rilasciano sostanze tossiche.
Quindi cercare di osservare, è il primo passo che possiamo fare per la nostra sicurezza alimentare.
TERZA REGOLA: I metodi di cottura, non sono da sottovalutare, perché offrono la possibilità di incremento di contaminati.
Cotture alla griglia fatte male posso far sviluppare idrocarburi policiclici, o ancora frittura di patate ricche in amido sprigionano acrilamide, o ancora la cottura di alimenti a prevalenza proteica cotti a temperature molto elevate, sprigiona amine eterocicliche.
Tutte queste sostanze si è visto essere correlate con un aumentato rischio di tumori.
QUARTA REGOLA da osservare è di controllare che il cibo esposto che dovrebbe essere sempre tenuto coperto!
Ma cos’è che mette a maggior rischio la salute?
Prestiamo attenzione a “tutto ciò che non subisce la cottura”.
Quindi sia tutti i cibi crudi, ma anche quelli cotti che iniziano la fase del raffreddamento.
QUINTA REGOLA quindi è quella che la struttura deve garantire la catena freddo-caldo.
La fase di temperatura a rischio va dai 5° ai 50°.
Per non rischiare, gli alimenti devono stare sotto i 5° o sopra i 50°. Ad esempio nelle mense o tavole calde, dopo che la carne è stata cotta, viene mantenuta a bagnomaria o sotto raggi infrarossi, per consentire una temperatura idonea stabile.
Ma che cosa succede se mangiamo cibo mal conservato?
La maggior parte di questi alimenti non conservati in modo idoneo, sono in grado di provocare tossinfezioni alimentari, diverse tra loro e difficili da diagnosticare perché le manifestazioni cliniche associate sono spesso diarrea, nausea e vomito, tipiche anche di altre patologie.
SESTA REGOLA di tutto rilievo, sono le proprietà nutrizionali e caloriche di questi alimenti.
Se è vero che lo street food è nato per sfamare e non per “nutrire”, ne consegue che questo modo di alimentarsi deve essere una eccezione e non una abitudine.
Inoltre I metodi di cottura che si prediligono, alterano di molto le proprietà nutritive dei cibi scelti oltre che quelle caloriche, problema questo che sta assumendo sempre più caratteristiche epidemiologiche rilevanti; basta camminare per strada per osservare bambini sempre più piccoli, che vengono sfamati ad esempio con un bel cartoccio di patatine fritte, invece che con una bella frutta di stagione.
Ed ecco che Obesità e patologie ad essa correlate, come ipertensione, dislipidemia, insulino-resistenza per arrivare a diabete, si riscontrano già in età infantile.
Conta molto di più l’esempio che diamo, ovvero ciò che facciamo piuttosto ciò che diciamo che deve essere fatto!
Articolo pubblicato su SaluteStyle
Anno 2 – Numero 3
Giugno – Luglio 2014
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