“Strega” è il bel racconto di Gabriele Caprioli per “La gaia mensa”, il quarto concorso letterario di Villa Petriolo.
Gabriele Caprioli, di Cernusco sul Naviglio (MI), nasce negli anni 60.
Si diverte nei 70.
Resiste a fatica agli anni 80.
Si adegua negli anni 90.
Il nuovo millennio presenta il conto ma lui non vuole pagare e così continua a scrivere, ora ha una casa ai margini della grande foresta di Milano, si è costruito un soppalco e lassù si sente come il suo animale-simbolo il bradipo e da lassù si illude di poter scrivere qualsiasi cosa.
Racconto “Strega” di Gabriele Caprioli
ci siamo
tutti riuniti intorno al tavolo grande
i bicchieri sono messi lungo una linea retta distanziati di un soffio l’uno dall’altro, allineati e vicini senza toccarsi mai, un po’ come noi fratelli
la strega è di là che cucina per tutti e per ciascuno
promette qualcosa di speciale, un sapore dell’infanzia in grado di riaccendere sinapsi e rivelare piaceri dimenticati
Marina è la sorella più vecchia, per me quasi una zia, è di animo buono ma porta in giro un naso imponente che la fa sembrare irrimediabilmente stronza, per lei la strega si procura il vero Gorgonzola, che è un formaggio gessoso, in buona parte muffo, di sapore rancido e odore pungente, una qualità di formaggio che va esorcizzata con un vino invecchiato altrettanto deciso
la leggenda del Gorgonzola parla di qualcuno che ha dimenticato dello stracchino nelle cantine di un osteria e qualcun’altro che se lo è mangiato lo stesso
mia sorella stasera, spiace dirlo, somiglia un po’ a stracchino andato a male
la strega si è palesata come tale nei miei pensieri una sera durante una lezione di cinema indipendente in un sottoscala di Rogoredo, come ci ero finito in quel giro? una donna, per forza, Carmelina la Venere del Salento, piccoletta rissosa che mi voleva regista ad ogni costo e io, nello spreco di talento quotidiano, la accontentavo partecipando a questi incontri piuttosto noiosi
Matteo è in cattedra e critica, la sua attività preferita, l’opinione che ci siamo fatti è che il primo maschio della famiglia deve aver goduto di speciali immeritati privilegi durante l’infanzia, al punto da maturare un complesso di superiorità nei nostri confronti davvero grottesco, chiunque può percepire l’odio di noi fratelli quando comincia a sentenziare, lui no
la strega cucinerà fegato di manzo o di vitello, lui non sarà soddisfatto della scelta, né della cottura, nonostante ciò farà bis e vuoterà una bottiglia di Merlot
ora la strega azzarda una specie di affettuoso appello, ci siamo, manca solo Mauro, non penso verrà, è morto quando faceva la quinta elementare, mi ricordo bene perché io frequentavo la stessa scuola ed ero in prima e avere un fratello in quinta ti salvava il culo
Mauro era un bambino grosso e rispettato, con una brutta malattia in corpo, mangiava yogurt a valanga e io lo imitavo
la strega finge di non sapere, prepara yogurt alla turca con aggiunta di ciliegie di serra
indizio che non sarà una serata facile
non è mai facile con la strega per casa, siamo cinque estranei alla ricerca del posto migliore, sapendo bene che a nulla vale la distanza, spesso il più distante è il più bersagliato
la strega siederà a capo tavola, noi abbiamo a disposizione tre sedie alla sua destra e tre a sinistra, all’estremità opposta del tavolo il vuoto, sarebbe il posto destinato al marito e la strega di mariti ne ha consumati ben tre prima di dichiararsi vedova inconsolabile
con ogni marito ha generato due figli e comperato un nuovo vigneto cui dedicarsi abbandonando il precedente al suo destino, meglio, ai figli del precedente matrimonio inchiodati a questo destino
perciò noi fratelli abbiamo tutti un vino che porta il nostro nome, è una specie di tradizione famigliare
il mio è un Chianti, forse mi sbaglio, non chiedetemelo, io sono la pecora nera, sono astemio e quando si apriranno le bottiglie sarà per me la parte peggiore della serata, i miei fratelli, scambiandosi bicchieri e vino, abbandoneranno ogni timore, parleranno la stessa lingua e mentre la strega inorgoglisce di quel tintinnare confuso e odoroso, io mi annullerò nell’acqua minerale
Milù è sempre la donna più bella della mia vita, è la bellezza che irride il tempo, che sbuca da un mare di riccioli come una balena silenziosa nella baia
io di Milù non riesco a pensare né dire altro, è bella e per questo le si può perdonare anche la felicità e la fortuna e la vita così comme viene, le spezie poco ortodosse con cui altera i piatti tradizionali
la strega è andata fino fuori regione, per trovare una diavolo di drogheria che avesse un certo zenzero delle Antille da mettere in vista stasera, da farci star male a tutti
la strega ha ripetuto una vita sempre uguale e diversa, un marito benestante e barbuto, un cascinale immenso, polveroso, terra da uva e due figli che appena possibile se ne sarebbero sporcati le mani
alla terza replica lo schema è fallito, mio padre tanto benestante quanto inetto, io e Mauro troppo bambini
infine Mauro è morto, papà è morto e io sono diventato un topo di città, un magrolino pallido allergico ad ogni forma di natura
stanotte, quando la battaglia della tavola si sarà esaurita tra morti, feriti e avanzi, con la macchina me ne andrò a dormire in un qualsiasi motel
la strega sa e non mi odia per questo, l’odio è ingrediente per noi poveracci che mal sopportiamo la vita, lei non ha di questi problemi
si affaccia dalla cucina a intervalli irregolari, intercetta i pensieri di ognuno dei suoi figli e ognuno di noi pensa alle sue debolezze quando è in procinto di cenare con lei
per Mirco la strega avrà riempito di carne macinata, cipolla, capperi e olive e altro i peperoni del suo orto
gialli, rossi, arancioni, verdi, da bambino non capivo mai perché avessero colori differenti, non capivo perché Mirco un giorno era il mio migliore amico e il giorno successivo il mio aguzzino, le unghie sporche che mi piantava nella carne per farmi male, farmi diventare uomo come diceva lui
è il fratello più legato alla terra, il più contadino, penso l’unico che davvero non ha mai desiderato fare altro nella vita che lavorare la terra
non mi ricordo il film ma se ne trovano un’infinità, in cui il personaggio che cucina, colui o colei che sa preparare il cibo assume un ruolo magico, è un alchimista che trasforma il fuoco in vita
è una strega, ho pensato, lei che da sempre governa figli figlie e mariti mariti e debitori incalliti e parenti serpenti e amanti ingombranti e disgrazie sgraziate e pane vino eccetera
il grembiule indosso, la fiamma accesa, la certezza di saper creare il buono anche nel male di certi giorni
la strega è ancora qui, padrona del fuoco, si è fatta costruire una cucina immensa e massiccia, lavori che sono durati tutti gli anni della mia infanzia, almeno questo è il mio ricordo, fino alla scomparsa di papà quando la cucina era finalmente pronta e la strega mise a cuocere tanta carne morta da trasformare casa in una succursale del mattatoio, ci furono combinazioni di aromi da far girare la testa e vini tra i più cattivi in circolazione, bottiglie che venivano dall’inferno del sud, rossi che macchiavano peggio del sangue delle bestie
sapesse la strega che io sono ormai vegetariano, vegetariano e astemio e cittadino, niente altro?
saprà indovinare che ora il mio piatto preferito è il sushi?
si comincia, non ne potevamo più delle nostre chiacchiere interlocutorie, lavoro e famiglia, fotografie di nipoti che non conosco, bambini come tanti altri che sono passati dalla fototessera spiegazzata nel portafogli allo sfondo dell’iphone, senza guadagnare in interesse
si parla del tempo, si fa il conto degli anni trascorsi da quando è accaduto questo e quest’altro
la strega chiede di raggiungerla in cucina, il laboratorio da cui siamo sempre stati esclusi
fa un gran caldo, la confusione è tale da mettere soggezione, c’è un misto di odori inestricabile, c’è un po’ di quella curiosità bambina, c’è la forza che ci tiene insieme
sei teglie pronte, il contenuto nascosto dal coperchio, ogni piatto ha un nome proprio e una ricetta pensata per noi, potrebbe essere solo un gioco bizzarro, allora perché siamo così a disagio?
la strega ha preso ancora una volta qualcosa delle nostre vite e ne ha fatto cucina, magia da incanto, dobbiamo scegliere una portata, alla cieca, assaggiarla e indovinare per chi è stata preparata e di tentativo in tentativo i piatti passeranno di mano e capiremo chi siamo e che sapore abbiamo
questo è l’incantesimo della strega, siamo contenti?
“si mamma”
rispondiamo in un coro sbilenco ma ubbidiente