Cari topi, questo post nasce da una simpatica discussione che ho avuto con una mia cara amica blogger qualche sera fa. Lei si chiama Marta, è sarda, offre a tutti la bellezza di questo suo blog http://tramedipensieri.wordpress.com/ ed è amante di tante cose: la musica, la poesia, tutto ciò che è arte e la sua Sardegna. La sua Sardegna fatta si, di luoghi incantevoli, di acqua cristallina, di storie, di costruzioni, ma anche di tradizioni e folklore. A segnare indelebilmente, nei ricordi e nel linguaggio di tutti, queste ultime due cose che affascinano moltissimo Marta, ci sono le protagoniste di questo post, le Streghe o Fate. Ebbene si perchè anche Marta ha le “sue” Streghe. Streghe diverse dalle “mie”. Streghe/Fate che hanno un nome arcaico, poetico: esse si chiamano Janas. E sono Fate molto diverse dalle mie Streghe che hanno invece un nome molto più terra-terra se vogliamo: Bazue. Da non confondere la vera Strega con la vera Fata, questo lo so, ma quel che ci faceva ridere e discutere a me e Marta, era comunque un dialogo basato su queste figure femminili misteriose delle quali abbiamo sempre sentito parlare e con le quali siamo cresciute. E c’è chi le chiama in un modo, chi in un altro. Sono pochi i paesi in cui le distinguono. Sono i paesi ricchi di questi personaggi, nei quali esistono anche gli Elfi e gli Gnomi. Esistono o sono esistiti, chi lo sa. Fatto stà che, le figure della mia amica, si comportavano in un certo modo e vivevano in un certo modo e avevano un loro obbiettivo, completamente diverso dalle mie che, come le ho fatto notare, erano molto più indaffarate delle sue
Si narra che un tempo lontano, in terra di Sardegna vivevano le Janas.
Erano fate leggendarie, spesso buone, talvolta cattive.
Belle, schive e misteriose, erano preda dei pastori, dai quali si proteggevano rintanandosi tra le rocce.
A loro apparteneva un’arte: ricamavano arazzi stupefacenti che acquisivano poteri occulti, se esposti alla luna.
Perciò per azionare l’incantesimo, le fate erano costrette ad uscire e stendere sulla pietra le loro creazioni, concedendole alle tenebre.
Ma bastava rubare un solo filo dell’abito indossato dalle Janas, per possederle in eterno.
E i pastori questo lo sapevano…