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Strider – Recensione

Da Videogiochi @ZGiochi
Recensione del 22/02/2014

Cover Strider

PC - PS3 - PS4 - Xbox 360 - Xbox One Pegi 12 TESTATO SU
XONE

Genere: ,

Sviluppatore: Double Helix Games

Produttore: Capcom

Distributore: Halifax

Lingua: Inglese (sub ITA)

Giocatori: 1

Data di uscita: 19/02/2014

VISITA LA SCHEDA DI Strider

Pro-1Il flusso costante di nuovi poteri e nemici mantiene il combattimento fresco Contro-1I livelli di gioco sono piuttosto noiosi e ripetitivi

Pro-2Lo Strider è caratterizzato benissimo Contro-2I controlli macchinosi vi faranno imprecare

Pro-3Boss Fight entusiasmanti Contro-3Level Design piatto

Quella di Strider è una storia lunga. Sono passati infatti 25 anni da quando Hiryu e la sua Cypher affettavano orde di nemici in un comparto tecnico/estetico spaccamascella per l’epoca. Un brand storico quello di Capcom, che dopo aver mostrato i muscoli e la sua velocità nei tempi che furono, oggi fa finalmente il suo ritorno; un po’ in sordina, è vero, ma l’importante è che lo Strider Hiryu sia di nuovo tra noi, anche se in una versione di dimensioni limitate all’inverosimile.

Strider

lo Strider è tornato?

Sì, è tornato, ma purtroppo per noi quel capolavoro di un tempo è rimasto là, ancorato ai cuori dei vecchi giocatori, che a malincuore rivedranno lo Strider in una dimensione molto ristretta per il nome che porta. Affidato all’inizio del suo sviluppo al team Grin, il titolo ha subito varie gestazioni finendo poi in mano a Double Helix Games, gli autori dell’ottimo reboot di Killer Instinct, nonché responsabili insieme a Capcom dello sviluppo di questo Strider, disponibile unicamente in digital delivery. La storia inizia… Beh, la storia in teoria non inizia, dacché premeremo il tasto start, ci ritroveremo subito a correre senza un motivo preciso mentre affetteremo i primi malcapitati, in una Kazakh City non proprio ben disegnata ed ispirata, ma che molto presto rivelerà un complotto quasi simile a quello che lo Strider Hiryu ha già vissuto.

Poche pretese per mettere in piedi uno story telling che tenga, ma stiamo parlando sempre e comunque di un titolo in forma digitale che vede nel gameplay ed altri aspetti il suo lato migliore. Dunque non è nella storia che dobbiamo andare a cercare i pretesti per un buon gioco, ma in una modernizzazione di fondo che vede uno stile di gioco decisamente più profondo, con l’inserimento di una struttura da metroidvania che funziona (diciamo benino, NdR) e ci consentirà questa volta di esplorare in lungo ed in largo, grazie anche al rampino e ai nuovi poteri, i monotoni livelli che dilagano tra gallerie e gallerie, alla ricerca di segreti o potenziamenti. Una struttura decisamente buona ma non sfruttata al massimo, visto che ci costringerà a rallentare l’azione e passare alla tediosa fase platform, che riesce ad introdurre qualcosa di nuovo, ma a causa di controlli meccanicamente ostici, soprattutto con l’avanzare dei livelli, eliminerà in parte quel piacere che il vecchio titolo regalava a chi, 25 anni fa, spendeva un gettone nello splendido cabinato Capcom per godersi il frenetico e veloce Strider. Dunque, raramente ci ritroveremo ad approfondire la ricerca di un qualsiasi oggetto o modalità sbloccabile, a meno che questo non sia strettamente necessario all’avanzamento del gioco, ma anche qui un level design piatto non riesce ad invogliare appieno il giocatore nell’esplorazione.

Un vero peccato, ma Double Helix ha saputo anche risparmiare e riproporre vecchie tematiche. Tornano la potenza compulsiva e frenetica dello Strider ed i suoi poteri (tanti dal vecchio richiamo e ognuno sbloccabile con il progresso nel gioco), in grado di bilanciarsi molto bene con la struttura da action bidimensionale e con le varianti di nemici e boss fight proposte durante l’intero arco dell’avventura, che sapranno sempre tenere fresco il combattimento, anche se parecchie volte ci ritroveremo ad imprecare a causa di meccaniche di gioco tutt’altro che comode. Quest’ultime non di facile accesso per alcuni semplici motivi: se il gameplay in sé è rimasto pressoché invariato rispetto all’originale, lo stesso non si può dire infatti dei vari poteri o cambi di energia della Cypher. I poteri sono attuabili grazie ai tasti dorsali e i cambi di energia della spada tramite croce direzionale, comandi che risultano essere scomodi ed imprecisi per certi versi. Soprattutto sul cambio repentino di energia, dove il nostro Strider cambierà colore di sciarpa e della Cypher in base al colore dei nemici che ci si pareranno di fronte, il tutto in stile shooter 2D (Ikaruga tanto per dirne uno), ovvero adottando il colore d’attacco con la tinta richiesta dalla nemesi di turno. Come se non bastasse, se non cambieremo repentinamente potere (cosa praticamente impossibile) incontreremo una morte prematura, anche perché se è vero che potremo attraversare interi livelli solamente scavalcando i nemici che ci si pareranno davanti, in una difficoltà generale abbastanza bassa è anche vero che le boss fight sono davvero ostiche, per non parlarne ai massimi livelli di difficoltà, dove a quel punto saremo chiamati a capire i vari pattern di attacco e studiare il nostro avversario. Proprio in questo preciso frangente Strider dà il meglio di sé, portando quella vecchia sensazione del buttare gettoni invano, imprecando meravigliosamente davanti allo schermo del televisore. Peccato che al passaggio della boss fight di turno si ritorni ai canoni standard studiati da Double Helix Games per dare una forma più accessibile a tutti i videogiocatori odierni, con un’avventura principale che vi terrà occupati per circa 4-5 ore, mentre la ricerca di collezionabili, potenziamenti e modalità extra vi accompagnerà per circa il doppio di quella durata.

Per quanto riguarda il comparto grafico è doveroso sottolineare che il gioco non sia nemmeno paragonabile a quello che fu il lontano Strider spaccamascella del 1989, difatti in questa versione digital delivery troviamo molte carenze tecniche e stilistiche, e nonostante i 60 frame e i 1080p delle versioni Xbox One e PS4 (la prima è quella da noi testata), il gioco scorre sempre velocissimo, ma non riesce mai a decollare e convincere, complice un level design veramente di basso livello, con colori monotematici, carenze di animazioni e strutture tutte abbastanza simili l’una con l’altra, che inevitabilmente porteranno al disorientamento. Sottolineiamo anche l’odio profondo che abbiamo provato per i sottotitoli (in Italiano) che occupano metà schermo, soffocando le immagini di gioco, un senso di fastidio ineguagliabile. Discorso diverso per quanto riguarda la colonna sonora, sempre incisiva e di grande impatto nostalgico, saprà remixare al meglio vecchie soundtrack con new entry molto azzeccate, regalando alle avventure di questo nuovo Strider un accompagnamento degno di un ninja.

Strider – Recensione IN CONCLUSIONE
Strider è un gradito ritorno che va a spegnersi dopo poche ore di gioco, mostrando tante gravi carenze di fondo che, nonostante il nome che porti, non possono passare inosservate. Il gioco di Double Helix è certamente una buona rivisitazione di una vecchia gloria, con tanto di struttura in stile metroidvania ed altre buone novità, ma i controlli mal implementati, una storia di fondo banale, così come il level design mai ispirato e sempre abbastanza uguale per tutta la durata, non rendono giustizia ad un titolo svecchiato non benissimo, che vede nella caratterizzazione del personaggio principale e dei vari nemici, che nelle loro differenze sapranno mantenere il flusso del combattimento sempre fresco, i suoi colpi migliori, regalando allo Strider Hiryu un ritorno più che sufficiente... Sperando, per la prossima volta, in una produzione più impegnativa da parte di Capcom. Lo Strider se la meriterebbe. ZVOTO 7
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