Gli Striker sono fautori di un heavy metal ispirato agli anni Ottanta e hanno un’evidente preferenza per i tempi veloci e i riff dal sapore thrash, sulla linea dei conterranei Skull Fist e Cauldron. Dopo l’esordio sulla scena preannunciato dall’ep Road Warrior nel 2009 e avvenuto sulla lunga distanza l’anno successivo con il genuino ma ancora piuttosto acerbo Eyes In The Night, è soprattutto con Armed To The Teeth, secondo album pubblicato nel 2012, che il gruppo canadese ha riscosso i favori di pubblico e critica. Il possesso della giusta attitudine, le melodie trascinanti affidate a cori con facile presa e a curate armonie chitarristiche, la presenza di un cantante di razza come Dan Cleary in grado di ergersi al di sopra dei suoi omologhi, l’espressione complessiva di un sano divertimento: queste, in estrema sintesi, le sensazioni suscitate dalla musica degli Striker. Nulla di troppo originale o innovativo, quindi, anzi: tutto piuttosto in linea con i cliché un poco retrò dell’heavy metal tradizionale, tuttavia in grado di comunicare con immediatezza un piacere autentico all’ascoltatore. A due anni di distanza dal più maturo City Of Gold, gli Striker non scombussolano più di tanto la loro proposta compositiva, ma vi introducono alcuni elementi di novità. Si registra infatti un maggiore rafforzamento del suono, divenuto più compatto e nitido, complice anche la produzione, affidata nuovamente a Fredrik Nordström (conosciuto per le sue collaborazioni con, ad esempio, Arch Enemy, Bring Me The Horizon, Hammerfall, Powerwolf, Soilwork, Opeth, In Flames…), particolarmente tagliente e in grado di evocare un’atmosfera concertistica, quasi da presa diretta. L’influenza della NWOBHM (Judas Priest in primis) prevale sempre, corroborata adesso da un adeguamento progressivo ai canoni del thrash d’annata (Anthrax e Death Angel, questi ultimi nei passaggi più sostenuti).
L’apertura di Stand In The Fire è affidata a “Phoenix Lights”, brano efficace e rapido che colpisce subito nel segno con la sua ritmica priva di compromessi e con un assolo di grande ispirazione affidato alla chitarra di Timothy Brown, oggi affiancato alla sei corde dal nuovo innesto Trent “The Quantum Villain” Halliwell. Il livello generale delle composizioni si eleva ulteriormente con le successive, merito dell’alternanza frenetica tra inni trascinanti (“United” e “Too Late”) e tracce esplosive (l’energica “The Iron Never Lies”, la furiosa “Out For Blood”, la velocissima “Better Times” e la graffiante “Outlaw”). Piccola concessione alla melodia e al lato più introspettivo degli Striker è la ballata “One Life”, posta a conclusione simbolica di un album che prende la mosse dalla vecchia scuola heavy metal e ha la capacità indubbia di trarne gli insegnamenti maggiori, per poi metterli a frutto e conferire loro una veste più fresca e rinnovata. Stiamo assistendo alla nascita di una New Wave Of Heavy Metal? I numerosi indizi presenti nell’album, così come il grande proliferare di gruppi, segnatamente nordamericani, che al pari degli Striker riscoprono le origini di queste sonorità, fanno propendere per il sì.
Tracklist
01. Phoenix Lights
02. Out for Blood
03. Too Late
04. Stand In The Fire
05. The Iron Never Lies
06. Escape From Shred City
07. Outlaw
08. Locked In
09. United
10. Better Times
11. One Life