Strumenti di tortura contemporanei

Da Marysunright
La scorsa notte è morto Steve Jobs  e ieri tutti i media ne hanno ricordato la sua figura, non solo di grande imprenditore, ma di grande uomo.

Ogni cosa che scriverei, considerando i bellissimi servizi che gli sono stati dedicati, sarebbe inadeguata e con tutta probabilità (oltre che facilità) ricadrei in un discorso banale e retorico.
Oltre al video del suo discorso ai Neolaureati di Stanford (qui), ho trovato molto interessante (e toccante) quello di LaRepubblica che ne ripercorre la vita (qui).
Chiusa questa parentesi, che mi pareva quasi d'obbligo,
comincio con quello che, tutto sommato questo inizio post (mi) serviva ad introdurre:
Di prodotti Apple, nonostante faccia molto figo qui allo Iuav, eccetto il primo Ipod Nano, non ne ho mai avuti, l'oggetto culto di ogni architetetto che si rispetti l'Ibook nn so praticamente cosa sia, so solo che una volta era bianco, mentre ora è diventato argentato.

Meno che meno non ho un IPhone,
non sono una fan di prodotti tecnologici, anche se ne riconosco la grande utilità o le potenzialità che vi sono alla base. Diciamo che semplicemente ne sono poco interessata e che, già il mio semplice Nokia 5228 mi è più che sufficiente.
Bene, ecco nominato il fulcro centrale dell'intero post:
il cellulare.
Il mio amato, ma il più delle volte odiato, cellulare.

Nel mio (sottolineo mio, personale) caso, fonte di un terribile stato d'ansia,
ma anche di una vera e propria ansia da prestazione.
Questo macchiavellico cellulare ha la caratteristica di avere, nel pulsante centrale una lucetta bianca che lentamente si spegne e lentamente si accende, ma (ripeto ma)
quando ricevo una chiamata o un messaggio la lucetta prende a lampeggiare più velocemente. La luce del pulsante centrale è una cosa che mi agita follemente, è capace (lo so che sto descrivendo una stupida ed insgnificante luce in un cellulare) di provocarmi delle pazzesche strette allo stomaco e di farmi passare intere notti insonni.
Cosa c'è di più straziante che aspettare un messaggio di una persona importante che tarda ad arrivare o che forse non arriverà mai?
Aspetti, aspetti, e aspetti ancora, fino a quando senti finalmente il telefono vibrare (io non tengo praticamente mai la suoneria accesa), si allenta la stretta allo stomaco, ci si rilassa un attimo, lo si prende in mano, si sblocca, clicchi su "leggi" e con una profondissima delusione scopri che il mittente non è la persona per cui fremevi tanto (anzi, dirò di più, in quel preciso istante quasi ti irrita e pensi "che cavolo ha da rompere adesso?") o peggio... è un messaggio da parte della vodafone.

Sadica, sadica, sadica pubblicità di stupide compagnie telefoniche con i loro rinnovi e promozioni.
E la stretta allo stomaco spesso non dipende solo dall'attesa, ma anche dalla decisione se inviare o meno quel messaggio... Risponderà? Cosa pensarà? E... se non risponde?
L'ansia da prestazione nello scrivere il messaggio, cercare di "indovinare" cosa scrivere... insomma scrivere il messaggio adatto, o per meglio dire, il messaggio perfetto... Voler sottintendere o far leggere fra le righe, essere maliziosi, non invadenti, divertenti, ironici, dolci, ma non melensi, intelligenti, ma non saccenti o puntigliosi, non ricadere nella banalità, non essere noiosi,
dare un colpo al cerchio e uno alla botte;
Avrei voglia di sentirlo, ma aspetto che stavolta sia lui, vediamo chi cede per primo, ma se poi sembra che non me ne importi niente? Se poi sembra che me ne importi troppo? Di risultare addirittura una disperata?
Certamente non è (solo) colpa del cellulare, ma a mio parere aggrava lo stress legato allo spasmo amoroso (riporto qui di seguito l'estratto di un libro di Vladmir Nabokov, che so già che tutti sapete essere l'autore di Lolita, in cui spiega un po' il tafferuglio dell'amore... scrittori che parlano di tormenti e, pensare che, loro mica ce l'avevano sto affare diabolico chiamato cellulare)

"Non posso fare a meno di pensare che nell’amore ci sia qualcosa di essenzialmente sbagliato. Tra amici si litiga o ci si perde di vista, e anche tra parenti stretti, ma non c’è questo spasimo, questo pathos, questa fatalità che sta attaccata all’amore. L’amicizia non ha mai l’aspetto della condanna. Perché dunque l’amore è così misteriosamente esclusivo? Si possono avere mille amici, ma si deve amare una sola persona." 

Vladimir Nabokov 
- La vera vita di Sebastian Knigh
postilla #1
Riconosco che tante volte mi ha dato delle SODDISFAZIONI E GIOIE incommensurabili sto aggeggio che ho demonizzato finora.

postilla #2
Ciao Giuliano!

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