Lei sta litigando con un reticente lui. A quanto pare i piani per il matrimonio non stanno andando come vuole lei. Che è una questione di prioroità e il lui in questione non sta prendendo le sue abbastanza seriamente. Uh! Devo smetterla di farmi i fatti degli altri? Mica facile quando si fa un lavoro che induce la gente a considerarti parte dell’arredamento... Ancora meno facile se si tratta di un Venerdì sera (sì, un’atra serata lavorativa…) e le sale del Rinascimento italiano sono pressocchè deserte che sono tutti al concerto nell’auditorio e gli strilli della tipa in questione mi hanno riscosso bruscamente dal mio sogno di essere Isabella d’Este (o Lucrezia Borgia, dipende dal momento…) e di possedere tutti gli oggeti in mostra nella sala in questione. Le lancio un’occhiata al vetriolo, ma lei è così impegnata a camminare furiosamente avanti e indietro senza smettere un attimo di abbaiare ordini al suo iPhone che non mi vede neppure.
Eppoi, come al rallentatore, la vedo puntare uno degli sgabelli veneziani del XVI che fanno bella mostra di sè sul plinto bianco e, senza smettere di ululare improperi al disgraziato dall’altra parte del filo, puntarlo con passo deciso.
Urlo (che tanto so già come andrà a finire).
Lei si blocca a mezz’aria, il telefono ancora attaccato all’orecchio, mi guarda con aria seccata che a quanto pare non avevo il diritto di disturbarla.
‘Che c’è??! Non si può usare il cellurare in ‘sto posto?’
(la picchio subito o aspetto che il futuro marito mi venga a dare una mano??)