Magazine Per Lei

Stupri: vittime per due volte

Creato il 01 marzo 2012 da Marypinagiuliaalessiafabiana

In questo blog  abbiamo affrontato più volte il tema della violenza. Personalmente mi è capitato di scrivere molto sui femminicidi, sulle violenze domestiche e sugli stupri.

 Vorrei soffermarmi su due casi di stupro. Due casi più violenti e strazianti del solito: quello di Annamaria Scarfò e quello della giovane violentata a Pizzoli (Aq) qualche settimana fa.

Chi è Annamaria Scarfò: circa 13 anni fa una ragazzina di 13 anni di una provincia calabrese precisamente a San Martino di Taurianova viene ripetutamente violentata dal branco, composto da i soliti ragazzi “per bene” .

Annamaria cercò di denunciare subito l’accaduto, raccontando l’episodio al prete del suo paese ma non ricevette alcun aiuto e per di più non venne neanche creduta.

Dopo il primo episodio di violenza e dopo il negato tentativo di denuncia e di soccorso , Annamaria , in silenzio subisce per tre anni violenze fisiche e psicologiche che si susseguono con continue minacce, abusata e usata anche per pagare debiti altrui .

Un giorno il branco chiede lei di portare sua sorella. Solo allora per amore della sorella e per proteggerla riesce a dire basta a quell’incubo. Va dai carabinieri e denuncia tutti, uno ad uno i suoi aguzzini.

Si potrebbe pensare che denunciare sia come opporsi, va fatto assolutamente, ma troppo spesso non è una liberazione, è l’inizio di un altro tormento. Annamaria da quel momento in poi riceve da tutto il paese:  insulti, stalking, telefonate minatorie, dispetti, le hanno ammazzato persino il cane.

Per il paese lei se l’è cercata, per il paese lei è una puttana, perchè denunciando ha rovinato “bravi ragazzi” e “bravi padri di famiglia”. Per il paese lei è la “Malanova” (in calabrese : cattiva notizia, sventura) . Così è intitolato anche il libro della sua storia scritto a quattro mani dalla stessa Annamaria e Cristina Zagaria.

Ma lei, lottatrice, non si da per vinta grazie anche al sostegno del suo legale (Rosalba Sciarrone). Nel 2009 riesce ad ottenere l’appoggio dallo Stato con l’entrata in vigore della legge antistalking. Da circa due anni  vive sotto scorta ed è stata costretta ad abbandonare il suo paese per trasferirsi in una località protetta.

Ma ieri per Annamaria è arrivata un’ennesima brutta notizia. Ieri si teneva una delle prime udienze sullo stalking e persecuzioni che si sono scatenate dopo la sua denuncia.

La difesa degli imputati ha chiesto la sospensione dell’udienza. Il giudice ha accolto l’istanza ed ha rimandato la decisione alla Corte di Cassazione.

Le motivazioni della sospensione : “…il clamore mediatico sollevato intorno al caso, può influenzare la corte” . Annamaria dovrà attendere ancora per ottenere ciò che le spetta: solo un po’ di giustizia!

Ripensando, questo caso di Annamaria Scarfò ha diversi elementi simili a quello della ragazza che qualche settimana fa ha subito un’atroce e brutale violenza a Pizzoli in provincia dell’Aquila.

Le storie sono molto diverse. Annamaria era una ragazzina vittima di un branco, vittima dell’ignoranza e dell’omertà di una provinicia del profondo sud. L’altra ragazza è più grande, va all’università, è una fuori sede. Questa ragazza una sera va ad una festa, l’incubo peggiore della sua vita la attende appena fuori dal locale.

Le cose che accomunano queste violenze, sono tante,sono le parole, i giudizi, i comemnti. Ma soprattutto i carnefici : i “bravi ragazzi” .

Il carnefice di questa ragazza (per ora l’unico indiziato) è un militare, un soldato,  uno che per mestiere dovrebbe proteggere i più deboli, avere come ideali la lealtà, l’ordine e il rigore, l’umanità e la solidarietà. Questi più o meno sono gli ideali che dovrebbero essere innati, in un uomo o una donna che decide di diventare soldato o poliziotto.

Lo stesso ha anche dichiarato di aver usato semplicemente una mano nel rapporto con la studentessa. Una mano però non crea lacerazioni genitali talmente profonde da richiedere un’urgente operazione chirurgica, con più di quaranta punti. Una mano non è neanche capace di lasciare sotto-shock una ragazza da settimane,oramai.

Il soldato, ha anche dichiarato più volte che il rapporto era consenziente. Cosa c’è di consenziente in una violenza?

In questi due casi, così sconvolgenti ci sono le solite due frasi che accompagnano ogni caso di stupro da secoli : “Era un RAPPORTO CONSENZIENTE” ,”S’è L’è CERCATA”! Queste parole rimbombano nelle nostre menti come martelli pneumatici e pesano come macigni.

 Cosa significa “andarsela a cercare”?

Andare ad una festa è andarsela a cercare? Uscire fuori dal locale con un ragazzo che hai conosciuto alla festa è andarsela a cercare? Che nesso c’è tra l’ uscire fuori da un locale -  magari per fumare una sigaretta  o magari per scambiare qualche chiacchiera prendendo una boccata d’aria – con il sentirsi autorizzato a violentare brutalmente la ragazza in questione?

E’ un sistema malato il nostro. La vittima che subisce violenza passa sotto la Santa Inquisizione: cosa indossava, che ora era, che atteggiamenti aveva.

Questo è il folle e primtivo ragionamento fatto da più della metà degli-delle italian* dopo la notizia di un ennesimo stupro.

 Il violentatore viene visto quasi, come un giustiziero della notte che punisce la donna libertina, che magari con una canottiera scollata si era permessa di andare ad una festa, insomma una che  se l’è andata a cercare.

Lola sul suo blog ha postato un vecchio processo di stupro. Ascoltando le parole, le risatine, i doppi sensi di questo processo ci rendiamo conto che non è cambiato nulla: stesse parole, stessa procedura, stesse tattiche per colpevolizzare sempre più la vittima -e giustificare il violento- , stesso modo insensibile e atroce per dirle che forse un po’ le piaceva, che un po’ se l’è andata a cercare.

Sempre nello stesso post, propone  una splendida iniziativa: quella di ritornare a sostenere nei processi di stupro le vittime! Come si faceva qualche anno fa. Penso che il sostegno morale in questi casi sia necessario per affrontare un evento così atroce come un processo di quel tipo. La vittima potrebbe essere una nostra sorella, una nostra mamma, un’amica o una collega. La vittima potremmo essere anche noi. 

DOVREMMO FARLO!

Voi cosa ne pensate?

(Fonti: qui, qui, qui ).

Faby



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :