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Su BMPS la verità del Presidente della fondazione Montepaschi

Da Roxioni
Su BMPS la verità del Presidente della fondazione MontepaschiMps: la verità di Mancini in una lettera.
Su BMPS la verità del Presidente della fondazione MontepaschiGli sforzi della Fondazione per non diluirsi nel 2008 e le responsabilità della politica.
L’aumento di capitale del 2011? Un fulmine a ciel sereno. Lo sforzo fatto per non scendere sotto il 50% del Monte? Una esigenza della politica locale. Gli acquisti di Btp? Una risposta a un “invito” del Tesoro.
Gabriello Mancini ha raccontato la sua verità su quanto è accaduto nell’ultimo anno e mezzo a Siena. E lo fa in una lettera, di cui Economiaweb.it ha preso visione, consegnata ad alcuni consiglieri comunali di Siena alla vigilia del voto su una mozione che avrebbe dovuto essere votata lo scorso 20 marzo. Nel testo del documento presentato dal Pd, e poi ritirato,  si chiedeva di
dare mandato al sindaco Franco Ceccuzzi di «porre in essere tutte le iniziative per ritrovare quanto prima nella Fondazione Mps il soggetto che sostiene lo sviluppo economico e sociale e per mantenere saldo, attraverso essa, il legame con la banca». Ovvero garantire la senesità dell’ente.
L’atto, quindi, metteva in discussione la gestione di Palazzo Sansedoni firmata da Mancini rivolgendo alla sua gestione l’”accusa” peggiore: non essere stata capace di salvaguardare il rapporto tra l’ente e la città ed essere stata responsabile della difficoltà in cui oggi si trova la fondazione, costretta a cedere il 15,5% della banca per non restare soffocata dai debiti.
IMPLICAZIONI DELLA SITUAZIONE DEBITORIA. Nella mozione si faceva riferimento in particolare alla «situazione debitoria pregressa, corredata di garanzie contrattuali con alto profilo di rischio, che se conosciuta nella sua reale dimensione e nelle sue effettive implicazioni, avrebbe potuto determinare valutazioni diverse in ordine all’opportunità di sottoscrivere l’ultimo aumento di capitale del maggio 2011 e l’opportunità di aggiornare il concetto di indipendenza strategica  già a partire dal dicembre 2007, in conseguenza del sostegno della stessa Fondazione ad una rilevante operazione di accrescimento dimensionale compiuta da Mps attraverso l’acquisizione di Antonveneta». E proprio su questo punto Mancini ha voluto dire la sua con una lettera inviata ai consiglieri comunali. Utile per comprendere alcuni passaggi delle ultime manovre portate avanti dalla finanza e della politica senese che orbitano attorno alla Rocca.
IL RETROSCENA RACCONTATO DA MANCINI. A cominciare dall’aumento di capitale varato dalla banca nel maggio 2008 e legato appunto all’acquisto dell’istituto padovano. Mancini sottolinea l’”enorme sforzo” prodotto dalla Fondazione nel parteciparvi pro quota con un esborso di 2,9 miliardi «evitando da un lato la diluizione dell’Ente e dall’altro agevolando il collocamento sul mercato delle nuove azioni». L’ente sottoscrisse anche il 49% del bond ibrido FRESH2008 da 1 miliardo attraverso i Total Return Swap per 490 milioni, «avendo praticamente ridotto a soli 700 milioni la propria liquidità», aggiunge Mancini.
La stessa Fondazione si era inoltre impegnata a trovare altre controparti disposte ad acquistare il Fresh2008 come Fondazione Cariparo, Pistoia, Livorno, Lucca e Cuneo.
LA FONDAZIONE CRUCIALE PER IL COLLOCAMENTO DELL’IBRIDO. «Le modalità tecniche di adesione all’aumento di capitale 2008 e i citati enormi sforzi richiesti all’ente di supportare totalmente la banca Mps, furono noti solo in prossimità dell’aumento di capitale e furono fortemente voluti ed avallati da tutti gli Stakeholder della Fondazione che mai lasciarono spazi per una eventuale diluizione», sottolinea il presidente  nella lettera  ricordando anche che «senza la sottoscrizione del titolo ibrido, sottoforma di strumento derivato, e senza l’operazione di supporto all’offerta presso terzi investitori, il collocamento dello stesso avrebbe avuto molte meno chance di chiudersi con successo e comunque sarebbe avvenuta a tassi di interesse (che sono costi per la Banca Mps) decisamente più elevati».
AUMENTO DI CAPITALE 2011: UNA DECISIONE INATTESA. Nella versione di Mancini emergono altri tre punti interessanti. Il presidente della Fondazione evidenzia che «il presidente e il direttore generale della banca avevano sempre nettamente smentito a partire dal 2009 e fino al marzo 2011 un successivo aumento di capitale, affermando invece l’assoluta validità dei Tremonti Bond come strumento di rafforzamento patrimoniale. La Fondazione aveva quindi impostato la propria gestione del patrimonio in funzione degli unici debiti “potenziali” dei derivati esistenti «che al tempo equivalevano a circa 170-180 milioni.  L’annuncio dell’aumento di capitale 2011», scrive Mancini, è stato dunque «improvviso e per certi versi inatteso. Se la Fondazione avesse conosciuto l’alta probabilità di tale evento prima, avrebbe certamente proposto agli Stakeholder già nel corso del 2010, di valutare un diverso concetto di indipendenza strategica e solo allora avrebbe potuto affrontare un percorso teso alla diluizione».
LE SCELTE IMPOSTE DALLA POLITICA. Non solo. E qui entra in gioco la politica. Dalla lettera si lascia infatti intendere che il sindaco di Siena in campagna elettorale non voleva scendere sotto il 50% perché avrebbe messo a rischio la sua elezione.  «In quegli stessi mesi era in corso la campagna elettorale amministrativa e tutti gli schieramenti nonché la comunità di riferimento erano fortemente orientati al mantenimento della soglia del  50,1% del capitale della banca. Per la Fondazione fu già molto difficile in quel delicato momento far accettare la necessità di finanziare l’adesione all’aumento di capitale attraverso una cessione di un pacchetto di azioni privilegiate (6,7% circa) e il principio del mantenimento del 50,1% sul capitale sociale con diritto di voto e non complessivo». 
INVESTIMENTI IN TITOLI DI STATO? UNA RICHIESTA DEL TESORO. Poi è arrivata la crisi greca e il contagio dell’Italia: «Il Monte si ha fortemente investito nei Titoli di Stato italiani (per rispondere ad un invito del Tesoro e forse per incrementare una redditività che probabilmente, all’interno della banca, si era già consci, difficilmente sarebbe arrivata dal piano industriale presentato). L’asserita robustezza del piano industriale appena presentato è venuta meno così come tutte le prospettive di redditività future dichiarate, determinando un fortissimo deprezzamento del titolo azionario e del FRESH2008 che ha costretto la Fondazione a richiedere una ristrutturazione dell’esposizione a tutti i creditori finanziari», conclude Mancini. source
Su BMPS la verità del Presidente della fondazione MontepaschiE continuando il focus su questa Banca, c'è da sottolineare che la Fondazione MPS ha ceduto l’11,45%....mentre il 2 aprile scade il termine per la presentazione delle liste di minoranza per il consiglio. Possibile un unico elenco di nomi.
La Fondazione Mps ha completato l’attività di dimissione della partecipazione nel capitale della banca Monte dei Paschi finalizzata all’abbattimento del maxidebito da circa un miliardo di euro.
Il 30 marzo, l’ente ha ufficializzato la cessione di un ulteriore 3,25% del Montepaschi che porta la Fondazione ad aver alienato complessivamente l’11,45%.
PREZZO MEDIO DI 3,65 EURO. Il prezzo medio a cui è stata ceduta la quota è stato di circa 0,365 euro. «L’Ente», si legge in una nota, «ritiene di aver sostanzialmente raggiunto l’obiettivo prefissato di cedere tutte le azioni libere da pegno (pari a circa il 12,99% del capitale di Mps) in vista della definizione del piano di ribilanciamento con i creditori finanziari».
TREGUA RAGGIUNTA CON I SINDACATI. Archiviato il giovedì nero dei conti in rosso, il Montepaschi volta pagina e mette a segno un importante tregua con i sindacati in vista della manovra taglia-costi da 80 milioni di euro. il direttore generale del Monte, Fabrizio Viola, ha ricevuto le rappresentanze di categoria per far luce sul piano. Il banchiere avrebbe, quindi, sgombrato il campo da equivoci, garantendo che sul tavolo non c’è l’ipotesi di licenziamenti collettivi. Per questo motivo i sindacati hanno fatto sapere che ci sono «i presupposti per una sospensione delle iniziative di lotta indette», tra cui gli scioperi, e la possibilità di proseguire il confronto con il Monte.
SI PREPARANO LE LISTE PER IL CDA. Intanto, sul fronte proprietario le diplomazie, in primis quelle della famiglia dei neo-azionisti Aleotti, sono a lavoro per sciogliere il rebus delle liste che dovranno essere depositate entro il 2 aprile in vista dell’assemblea per il rinnovo dei vertici del 27 aprile. Dopo la formazione presentata dalla Fondazione, che nominerà sei consiglieri capitanati da Alessandro Profumo come presidente al posto di Giuseppe Mussari, adesso la parola spetta alla famiglia Aleotti, azionista col 4%, Unicoop Firenze (2,42%) e Axa (2,05%).
POSSIBILE UN’UNICA LISTA DI MINORANZA. L’ipotesi su cui si sta lavorando i legali sarebbe quella di fare una lista unica. Fonti assicurano che la situazione resta fluida e che la partita si chiuderà lunedì stesso. Alla famiglia Aleotti dovrebbe andare la vice-presidenza così come lo è stato fino a pochi mesi fa per Francesco Gaetano Caltagirone quando possedeva una quota analoga. Intanto, in Borsa il titolo ha continuato a perdere quota (-1,65% a 0,31 euro) dopo il tonfo della seduta precedente scatenato dai conti in rosso per quasi 4,7 miliardi per via delle forti svalutazioni sull’avviamento. source

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