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su certa poesia scritta da donne

Creato il 01 luglio 2014 da Vivianascarinci

per un articolo su Alejandra Pizarnik

La poesia è uno strumento espressivo che non assicura nessun certificazione di esistenza a chi la scrive, costituendo per il poeta sia la base programmatica del dire l’indicibile sia l’allontanamento da quel mondo che non potrà mai mantenere alta la tensione formale e estetica cui i versi ambiscono cristallizzandolo nel linguaggio.
L’incandescenza di questa sottrazione sta al centro della poetica di Alejandra Pizarnik, una delle voci più significative della poesia argentina moderna. In Pizarnik non c’è il bisogno di significare, attraverso la poesia mancata o mancante, l’evidenza del silenzio ma c’è attraverso quella stessa sottrazione, la necessità di dare testimonianza al bisogno negato di esistere in una condizione precedente la sua dicibilità, e proprio perché autenticamente precedente, in assenza totale di quella ribellione che la renderebbe assertiva. Pizarnik è prima di tutto bisognosa di un luogo concreto, quello dell’appartenenza al corpo sessuato della sua poesia, poiché è questa la sottrazione che più di tutte le risulta. Secondo una definizione di Nadia Fusini, certa poesia scritta da donne somiglia al gesto dell’affamata che smette di mangiare per dominare il mondo, per divorare il niente che il mondo è. Al centro della sua ricerca Pizarnik pone la necessità di venire meno da parte della sua anatomia poetica a uno statuto che certamente non può giustificarla attraverso un’elaborazione storica e filosofica agglutinata intorno a modalità poetico/esistenziali note. Quel mondo che per Pizarnik significa niente, lo significa perché non riesce a ricevere valore/nutrimento dal modo in cui esso è stato rappresentato fin qui. Da qui la poesia di Pizarnik dilaga in un’extraterritorialità prossima al nulla limitrofo a ogni oggetto, per di più con una carica di segno ignoto e la direzione di un movimento che esaurisce il suo mandato in termini non significanti ma incessantemente generativi e quindi femminili. Nel caso di Pizarnik ciò avviene anche attraverso l’asserzione del non essere una creatura di qui, palesata fin dagli albori della sua prima consapevolezza. E ciò è vero, se il qui, cui si riferisce Pizarnik, è un luogo che si esaurisce in una direzione univoca, rigidamente chiusa in un solo modo di intendere il significato del corpo nelle sue qualità visibili e invisibili. Non è veramente qui per Alejandra il luogo in cui il criterio nominale rispetto a corpi e oggetti, resta quello di un unico attributo che definisce figure mostruosamente sprovviste della loro ombra, dimentiche della loro notte. Di ciò Pizarnik ha una lancinante consapevolezza in quanto è testimone oculare di una doppia memoria:

sono nata tanto /e ho tanto sofferto nella memoria di qui e di là

quella di qui, è la memoria che è articolata dalle credenze di tutte quelle creature che si mettono in scena come simulacri bidimensionali di se stesse al fine di creare un teatro per l’esercizio dei loro interessi particolari. Quella memoria è ciò che riduce al silenzio l’altra memoria, che pure esiste per intero ma senza riscuotere un vero e profondo riconoscimento di legittimità rispetto al proprio essere irriconoscibile.

Vedi pure Una voce acuta che tace  e L’intero deserto


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