Malgrado le condanne di buona parte della Sinistra io continuo a difendere Fassina per le sue affermazioni sull’evasione :
“esiste un’evasione di sopravvivenza. Senza voler strizzare l’occhio a nessuno, senza ambiguità nel contrastare l’evasione ci sono ragioni profonde e strutturali che spingono molti soggetti a comportamenti di cui farebbero volentieri a meno”
Una frase non scandalosa ma solo rappresentativa della realtà italiana. L’evasione si combatte e chi evade deve pagare ma negare un fatto non aiuta a risolverlo alla radice.
Oggi su La Stampa un interessante articolo di Luca Ricolfi. Non condivisibile del tutto ma in alcuni passaggi rivelatore della cultura negazionista di una certa sinistra:
“Specie chi ha ferme convinzioni etiche, morali o politiche, ha difficoltà a riconoscere, talora addirittura a «vedere», i fatti che potrebbero insidiarle. Se mi batto per i diritti degli immigrati, mi è molto difficile accettare una statistica che dimostri che il loro tasso di criminalità è più alto di quello degli italiani. Se sono un fervente meridionalista, mi è molto difficile accettare un’indagine in cui si mostra che evasione e falsi invalidi sono concentrati in alcune regioni del Sud. Se sono un nemico giurato dell’evasione fiscale non riesco ad accettare che esista l’evasione per sopravvivenza
Ma è un errore logico. Il piano dei valori e quello dei fatti sono separati. Si può restare difensori dei diritti umani, meridionalisti, o amanti della tasse (viste come «cosa bellissima», secondo l’audace definizione di Tommaso Padoa Schioppa) anche in presenza di fatti che rendono più complessa la difesa dei nostri valori. Anzi, dovremmo renderci conto che – proprio per promuovere i nostri ideali – ci serve sapere come stanno le cose. Conoscere per deliberare, diceva Einaudi, ma forse oggi dovremmo dire, più precisamente, non aver paura di conoscere se si vuole cambiare la realtà”
[Fonte La Stampa]