di Michele Marsonet. Qualcuno s’illudeva che, con il trascorrere del tempo, si chiarisse finalmente qual è l’esatta collocazione politica di Beppe Grillo e del suo movimento. Beh, forse l’aggettivo “esatta” è esagerato visti gli strani comportamenti del leader e dei suoi seguaci, per non parlare del guru Casaleggio. Ci si accontenterebbe in fondo di capirne un po’ di più, anche perché attualmente M5S è pur sempre la seconda forza politica italiana per consistenza numerica, posizione confermata dai risultati delle recenti elezioni europee (nonostante una breve crisi di sconforto dell’ex comico genovese, che sperava addirittura di arrivare primo).
Invece niente, il fenomeno pentastellato continua a essere avvolto da una fitta coltre di nebbia. Un paio di giorni fa il “Secolo XIX” di Genova ha pubblicato una vignetta divertente ma pure significativa. Avviandosi ai colloqui con Renzi Grillo dice a Casaleggio: “ora gli faremo vedere che siamo persone serie”, e quest’ultimo risponde: “che la forza dei cavalieri Jedi sia con noi”.
Se giudicassimo in base alle alleanze che Grillo sta tessendo in Europa, dovremmo collocare M5S in un’area spiccatamente di destra. Non però la destra moderata dei conservatori inglesi o dei cristiano-sociali tedeschi, ma quella più radicale (o alternativa che dir si voglia).
La Ukip di Nigel Farage ne è l’esempio tipico, però ora si parla anche dei “Democratici Svedesi”, spesso citati da Anders Breivik – autore della strage dell’isola di Utoya – e che si sono di frequente fatti notare per l’uso di simboli nazisti durante le loro manifestazioni.
Il fatto curioso è che per parecchio tempo da noi la compagine grillina è stata etichettata come “sinistra”, anche se non se comprendono bene i motivi. Quando ho fatto notare in un precedente articolo che Beppe Grillo fu a lungo corteggiato dal PD pre-renziano alcuni lettori mi hanno subito smentito.
Eppure basta un piccolo sforzo di memoria per ricordare i ripetuti tentativi bersaniani di portare Grillo e i suoi al tavolo delle trattative. L’ex segretario non desisteva nemmeno di fronte ai molti insulti ricevuti, e qualcosa in fondo ottenne. Pietro Grasso e Laura Boldrini furono infatti eletti grazie all’accordo con M5S, ed è in base a tale schieramento che ora ce li ritroviamo a capo dei due rami del Parlamento.
Le cose andarono diversamente nel caso di Rodotà ma, anche in quell’occasione, si notava l’ansia di una parte del PD e di SEL di riconoscere i grillini quali plausibili compagni di strada. Lecito chiedersi: com’è possibile? Non rammento infatti simili espressioni di simpatia sul versante del centro-destra.
Il mistero, tuttavia, non riguarda soltanto i vertici, ma anche la base. Chi sono i militanti di M5S? C’è qualcosa che li unisce al di là della protesta anti-sistema che vorrebbe distruggere tutto e tutti, anche se non si sa con quali metodi? Non sono interrogativi di poco conto, poiché i numeri che il movimento può vantare sono importanti nonostante l’arretramento alle europee.
Il fatto è che lo scenario politico nazionale non può riacquistare una sia pur minima parvenza di normalità se l’avversario principale del PD resta Beppe Grillo. Già ci troviamo in una situazione che definire “anomala” è dir poco, con un Parlamento che non riflette più la vera consistenza degli schieramenti.
Se a questo aggiungiamo l’anomalia grillina il quadro diventa ancora più fosco, alimentando tentazioni che proprio democratiche non sono. Riflettendo un attimo, non è un caso che si senta parlare di un “partito della nazione”, idea che ai liberali fa venire la pelle d’oca.
Featured image, Stefano Rodotà