River of Stars, di nuovo. Non ho ancora letto il nuovo romanzo di Guy Gavriel Kay e continuo a parlarne. Il motivo è semplice: voglio incuriosirvi. Voglio incuriosire più gente possibile. Voglio che i suoi libri vengano tradotti, letti e amati. Lo meritano.
Amo le opere di Kay fin dal 1992, quando in biblioteca mi è capitato d’imbattermi nel Paese delle due lune. Leggerlo, e amarlo, è stato tutt’uno.
Le due lune splendevano alte e il loro chiarore offuscava quello delle stelle. Su tutt’e due le rive del fiume ardevano i fuochi dei bivacchi, che si stendevano su un’area vastissima, fino a perdersi lontano nella notte. Tra l’uno e l’altro campo, la Deisa scorreva pigramente; l’argento della luce lunare e il rosso dei fuochi creavano sulla sua superficie lunghe strisce serpeggianti. E tutte quelle scie parevano convergere negli occhi di Saevar, che, seduto sulla riva, con le mani sulle ginocchia, pensava alla morte imminente e alla vita da lui vissuta.
È l’inizio del prologo, cinque pagine per farci amare Saevar, grandissimo scultore, e il suo re, grandissimo uomo. Cinque pagine prima della battaglia, nella quale entrambi sono consapevoli di essere destinati a morire. Il loro destino però è ben peggiore di quello che possono immaginare, anche se per saperne di più dobbiamo aspettare un po’ perché il primo capitolo inizia parecchi anni dopo, con altri protagonisti e tutt’altra atmosfera.
Era l’epoca della vendemmia, e dalla sua residenza di campagna, ricca di cipressi, olivi e viti, giunse voce che Sandre, duca d’Astibar, un tempo signore di quella città, aveva esalato il suo ultimo respiro di esule.
Un bel cambiamento, non c’è che dire. Kay è un maestro nell’uso della parola, e se spesso è poetico quando vuole cambiare tono lo fa senza alcun problema. E i suoi personaggi sono vivi e possono soffrire e far soffrire. Il pensiero del loro destino a volte è, come direbbe Alessan, “come una spada nell’anima”. Sempre, in tutti i libri.
Ho letto tutti i romanzi di Kay, la Trilogia di Fionavar in italiano e i successivi in inglese quando ho imparato la lingua, e sono fra i migliori libri che abbia mai letto. Per questo ho iniziato la mia campagna pro-Kay. Come fare a far sì che un autore venga tradotto? A parte fondare una propria casa editrice, cosa che non intendo fare, il modo migliore mi sembra convincere un editore che con quest’autore potrà guadagnare.
Ogni libro è una scommessa, in realtà tranne che in rari casi non si può sapere prima se un libro sarà un successo oppure no, ma si possono fare delle ipotesi. Ci si può lavorare. Se si riesce a incuriosire abbastanza gente, per esempio, ci sono buone probabilità che il libro venda. Posso farlo? Io da sola no, soprattutto non dal mio blog, anche se a Kay ho dedicato svariati articoli pure su FantasyMagazine, che è un vero giornale e anche un po’ più grosso del mio librolandia. Ma magari se convinco qualcuno di voi e voi a vostra volta mi date una mano… intanto io ho fatto il nome di Kay alla bellezza di quattro case editrici. La prima mi ha dato retta quanto meno per un titolo, Under Heaven, diventato in italiano La rinascita di Shen Tai. Fanucci pubblicherà altre opere di Kay? Non è detto, dipende se sono rimasti soddisfatti dall’incasso della vendita dei libri anche in rapporto a dettagli quali diritti d’autore e spese di commercializzazione del romanzo. Lo farà un altro editore? Vedremo, se uno di loro lo farà avrò modo di parlarne, per ora fare nomi mi sembra prematuro. Sospetto comunque che dietro la prossima pubblicazione di Among Others di Jo Walton da parte di Gargoyle possano esserci un paio di mie parole, perciò forse qualcuno mi ascolta. Visto che ancora non l’ho letto – ma lo farò certamente – posso solo sperare di condividere il parere dei lettori americani. Intanto posso riproporvi la bibliografia di Kay e parlare un po’ di River of Stars. Questi sono i libri di Kay:
La strada dei re, 1993 (The Summer Tree, 1984, The Fionavar Tapestry book 1);
La via del fuoco, 1993 (The Wandering Fire, 1986, The Fionavar Tapestry book 2);
Il sentiero della notte, 1994 (The Darkest Road, 1986, The Fionavar Tapestry book 3);
Il paese delle due lune, 1992 (Tigana, 1990);
A Song for Arbonne, 1992;
The Lions of Al-Rassan (1995);
Sailing to Sarantium, 1998 (The Sarantine Mosaic book 1);
Lord of Emperors, 2000 (The Sarantine Mosaic book 2)
Beyond this Dark House, 2003 (poetry);
The Last Light of the Sun, 2004;
Ysabel, 2007;
La rinascita di Shen Tai, 2012 (Under Heaven, 2010);
River of Stars, 2013.
Kay ha lavorato su numerosi altri libri. Ha collaborato, per esempio, alla sistemazione del Silmarillion in modo che potesse essere pubblicato, anche se il suo nome compare (incompleto) solo nella prefazione firmata da Christopher Tolkien. Ha scritto una postfazione a The Song of Roland, ma mi sembra eccessivo comprarmi la traduzione in inglese di un poema solo per leggere quel testo.
I libri elencati qui sopra comunque sono tutti libri che ho letto e amato intensamente. E, spesso, li ho anche riletti. Anche Kay è fortemente convinto che i libri vadano riletti perché spesso siamo così curiosi di conoscere la conclusione che molti dettagli di stile o caratterizzazione vanno persi, e riemergono solo alla seconda o anche alla terza lettura. Non solo, visto che le nostre vite cambiano cambia anche la nostra comprensione del mondo, e cambia il modo in cui rispondiamo a ciò che abbiamo letto in passato.
River of Stars è stato pubblicato all’inizio di aprile. Per ora sto facendo la pigra, dando agli editori il tempo di tradurre il libro. Se non lo faranno nel giro di qualche mese io procederò con l’acquisto in lingua originale. Comunque per chi è più curioso di me è possibile leggere un estratto del romanzo: http://www.tor.com/stories/2013/02/river-of-stars-excerpt.
La storia è ambientata nel Kitai, la stessa terra di La rinascita di Shen Tai. Sono però trascorsi 400 anni, perciò le due storie in comune hanno ben poco. Una cultura, e una capacità di scrittura da parte dell’autore che ha davvero pochi uguali.
Non ho letto il romanzo, ma ho letto interviste e recensioni in abbondanza, e se a Kay non dedico lo stesso numero di articoli che dedico a George R.R. Martin è solo perché il suo seguito non è abbastanza grande. Quello che vi ripropongo qui solo un paio di stralci presi da fonti diverse. Ho già parlato di come la sua fantasy sia di tipo storico (http://librolandia.wordpress.com/2012/07/18/guy-gavriel-kay-e-la-fantasy-storica/), citando anche più volte il suo saggio Home and Away: http://www.brightweavings.com/ggkswords/globe.htm. Lì, come nelle interviste, Guy ha spiegato che la fantasy ha le potenzialità per osservare il passato in modo da illuminare il presente. Non è semplice fuga, escapismo, un nascondersi dalle difficoltà del mondo, ma un riconoscimento che certi problemi sono complessi e moralmente difficili, e che i libri possono risuonare profondamente all’interno dei lettori perché vanno a toccare determinate corde. Va ricordato però che questo è il Kitai e non la Cina non solo perché un luogo e un tempo immaginati al posto di quelli reali consentono l’universalizzazione della storia, ma anche perché i personaggi possono interagire in modo diverso da come hanno fatto le figure reali che li hanno ispirati, e la storia può prendere direzioni diverse.
Un altro tema molto frequente nelle sue opere è quello dell’esilio, anche se non si è soffermato a rifletterci sopra fino a quando un lettore non glie lo ha fatto notare (http://whatever.scalzi.com/2013/04/04/the-big-idea-guy-gavriel-kay-2/). Si comincia con la Trilogia di Fionavar e con Matt Sören, Aileron e Torc, ma tutto Il paese delle due lune è incentrato sull’esilio. Lo subiscono il protagonista di A Song for Arbonne e una donna intorno a cui ruota uno degli snodi fondamentali della trama, così come, per un certo periodo, i due protagonisti maschili di The Lions of Al-Rassan. E il fatto che Crispin in Sailing to Sarantium parta volontariamente non lo fa sentire meno esiliato, e come lui si troveranno in esilio diverse altre figure. Tutti loro guardano la città in cui si trovano a vivere con occhi stranieri, ed è attraverso il loro sguardo che la vediamo anche noi. La realtà di The Last Light of the Sun è più dura, e un esilio lì può rivelarsi mortale. Per sopravvivere bisogna trovare una nuova famiglia o una nuova comunità. E se il protagonista di Ysabel è solo lontano da casa sua ma non esilitato, sono esiliati dal loro tempo tre personaggi la cui storia si intreccia con la sua. Quanto a La rinascita di Shen Tai, se una donna ha scelto volontariamente il proprio esilio un’altra vi è stata inviata contro la sua volontà. Nella sua riflessione sul tema Kay ha citato i versi 55-60 del Paradiso di Dante Alighieri:
Tu lascerai ogne cosa diletta
più caramente; e questo è quello strale
che l’arco de lo essilio pria saetta.
Tu proverai sì come sa di sale
lo pane altrui, e come è duro calle
lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale.
L’esilio è un potente strumento per esplorare i caratteri in condizioni limite. C’è la nostalgia, ma anche la possibilità di esplorare la società. Perché le persone vengono esiliate? Cosa significa per loro? Cosa per quelli che sono stati lasciati indietro? In più se un personaggio sta esplorando un luogo per lui nuovo le sue osservazioni e reazioni (cinismo, paura, arroganza…) diventano un modo per portare il lettore, anche lui impegnato in un viaggio lontano dalla propria dimora, dentro la storia. Kay vuole il lettore esiliato dal proprio mondo in modo da consentirgli poi di ritornare con qualcosa di nuovo. In tutti i viaggi dell’eroe non è l’avventura la fase critica ma il ritorno a casa con il tesoro, che può anche essere “solo” una nuova saggezza. Lui cerca di scrivere in modo tale da consentire al lettore un ritorno a casa con qualcosa di più, cosa che con me si è sempre verificata.