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Su Heidegger e la libertà

Creato il 15 giugno 2012 da Faustodesiderio

Heidegger era nazista sì o no? Sì, fu nazionalsocialista. Su questo non dobbiamo avere esitazioni. Le abbiamo forse quando parliamo di Gentile e il fascismo? No. E allora perché dovremmo fare sconti ad Heidegger? Fu nazista e fece suo il Fuhrerprinzip. Ritorno sulla “questione” perché in qualche commento qua e là è venuto fuori che di un autore o di un filosofo ci devono interessare le idee e le opere e va tralasciata la politica. Osservazione giusta perché se una cosa è buona è buona in sé, ma osservazione da completare perché le idee non sono giacche  – oggi metto quella a righe, domani quella a quadri -  e hanno sempre un risvolto morale. La differenza è notevole perché nel primo caso la filosofia è puro intrattenimento più o meno intelligente, nel secondo invece è pensiero e vita morale.

Gianni Vattimo nella sua interpretazione del pensiero di Heidegger sminuisce e svaluta nettamente il suo coinvolgimento hitleriano. Per Vattimo la filosofia dell’essere di Heidegger non è nazista, non rende nazisti e soprattutto, a differenza della tradizione metafisica che è priva di storicità, fonda la democrazia. Nell’interpretazione di Vattimo c’è della verità ma è più di Vattimo che di Heidegger. Quando Heidegger approdò al nazismo ci giunse da filosofo già famoso e celebrato, perché Essere e tempo era uscito e discusso da tempo. Heidegger volle essere il filosofo del nazionalsocialismo e anche dopo le sue dimissioni da rettore non si allontanò dal regime e, anzi, continuò ad esserne espressione e a rendergli servigi. Mario Vargas Llosa in un suo articolo del 1993, ora ripubblicato nel libro Sfide alla libertà edito da Libri Scheiwiller, prende in esame l’esperienza nazista di Heidegger e punta il dito sulla vergognosa immobilità e sul mutismo di chi non vedeva o non voleva vedere i crimini di lesa maestà che si commettevano intorno a lui che continuava a tenere i suoi seminari e a scrivere i suoi trattati “come se vivesse sull’Olimpo”. Da qualunque parte si voglia vedere il problema, ciò che emerge è la meschinità di Heidegger che prima aderì al regime di Hitler sulla base della “decisione” di cui si dice in Essere e tempo e poi si rifugiò nella Foresta Nera ascoltando l’essere dal cui destino faceva dipendere ogni responsabilità. La filosofia di Heidegger  – come vuole Vattimo -  non sarà nazista ma certamente non si oppone ad Hitler. Perché?

L’osservazione di Vargas Llosa è significativa. Nel periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale altri filosofi fecero altre scelte quando la politica, da destra e da sinistra, calpestava e uccideva gli uomini e negava la libertà. Il giudizio del Premio Nobel colpisce perché, ad esempio, altri filosofi che, diversamente da Heidegger, si sono opposti con il pensiero e con l’azione al fascismo e ai totalitarismi sono visti come olimpici e distanti. E’ il caso di Croce: ma proprio il suo pensiero e la sua vita politica e morale furono un pensiero e una vita sempre in lotta che non si abbandonarono alla teorizzazione dell’angoscia ma la elaborarono e non agirono “come se vivesse sull’Olimpo” ma su questa terra che fu messa a ferro e fuoco. Per la sua patria e per la più universale umanità Croce lottò affermando il valore irrinunciabile: la libertà.

E’ il punto centrale: senza la libertà e il pensiero che la illustra e schiarisce  – diciamo pure teorizza -  noi possiamo cadere o nella propaganda o nella illibertà. Cosa che accadde ad Heidegger sul versante nazionalsocialista ed a tanti altri sul versante comunista. L’idea (e la pratica) della libertà è per noi la più importante e nessun’altra può prendere il suo posto: né la giustizia, né l’uguaglianza, nemmeno la pace. La giustizia senza libertà è ingiusta, l’uguaglianza senza libertà è criminale, la pace senza libertà è servile, nel migliore dei casi. Anche la cultura della non violenza  – che in molti casi rappresenta la sconfitta della rivoluzione -  è secondaria rispetto alla libertà: è evidente, infatti, che a volte per difendere la libertà e la dignità umana bisogna far ricorso alla violenza. Come nel caso del nazismo in Europa centrale e del comunismo nell’Europa dell’Est.



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