E ‘ passato un anno da quando il finale de La ragazza di fuoco ci ha lasciato con speranze e aspettative. Con Hunger Games: il canto della rivolta speriamo di vedere realizzate queste aspettative.
Bene, questo post sembra essere partito come un commento di una puntata di una soap opera quindi cerchiamo sin da subito di recuperare la funzionalità dei nostri neuroni, spegniamo la modalità fan sfegatato,e parliamo de Il canto della rivolta da un punto di vista quanto più oggettivo possibile . Mi farò aiutare da Giuseppe, che non ha ancora letto i romanzi e quindi non ne è condizionato nell’analisi. Quello che leggerete sarà quindi un post il quanto più possibile senza spoiler che vuole presentare questo capitolo della saga di Hunger Games da un doppio punto di vista.
[Mick] Partiamo da quello che mi è piaciuto.
Ho trovato che nel film sia rispecchiata in pieno l’atmosfera di tensione e pericolo che si percepisce nella prima parte del romanzo: gli abitanti del Distretto 13 hanno imparato a vivere occultati da Capitol City ma la loro sicurezza si paga con rinunce piuttosto pesanti che fanno riflettere sul reale costo in termini di libertà che la guerra comporta indipendentemente dalle vite umane spezzate. Katniss è un personaggio in continua evoluzione che però in questa fase della storia rimane centrale solo per scopi propagandistici ed è quindi lontana da quell’immagine di eroina alla Giovanna D’Arco che i libri quanto i film precedenti hanno indotto a creare: anzi, in questa fase scivola ai margini quasi di una storia che si riempie di personaggi nuovi ma anche di ritorni di vecchie facce note che la fanno da padroni. Scelta azzeccata per dare spessore anche agli altri personaggi.
L’impatto emozionale è fortissimo: gli sceneggiatori sono riusciti a rendere al meglio alcune scene che seppur siano di transizione in realtà sono estremamente funzionali per lo sviluppo della trama. L’obiettivo è quello di creare empatia tra i personaggi del film e lo spettatore, trascinarlo dentro la storia e fargli vivere l’avventura al fianco di Katniss. Semmai forse l’altalena emozionale è un po troppo veloce e il messaggio finisce per arrivare qualche ora dopo aver terminato la visione.
Jennifer Lawrence è bravissima, sembra quasi essere nata per interpretare questo tipo di ruolo laddovè invece in altri ruoli e in altri film mi era sembrata fuori fase. Buona anche la trasposizione dei nuovi compagni di avventura: la regista Cressida e gli aiutanti Castor e Pollux. Hanno una buona profondità e sono interpretati bene dalle new entry nel cast. Tra queste spiccano Nathalie Dormer (The Tudors, Game Of Thrones) e Julianne Moore.
Alla fine anche se non condividerò mai la scelta di trarre due film da un unico romanzo, che poi tra l’altro è l’ultimo di una trilogia, devo dire che il film regge. Non ha l’impatto del primo ma, se è per questo neanche il secondo lo aveva avuto, è costruito bene. Al di là di qualsiasi critica (che arriverà) il prodotto è buono.
[Mick] Cosa invece non mi è piaciuto.
Mi ripeto: non capisco perchè trarre due film da un unico romanzo. E nel caso: perchè tralasciare parti importanti e velocizzare tutto se hai scelto di farci due film di 2 ore ciascuno?
Non immagino i motivi di ciò ma tagliare di netto una parte della storia che è importantissima per dare spessore a quello che deve succedere dopo è quasi criminoso. La forza della saga di Hunger Games è tutta nella crescita del personaggio di Katniss da tutti i punti di vista e se vengono tolti eventi chiave in quest’ottica si finisce per rovinare tutto il costrutto, specie nella fase meno psicologica della trama.E il guaio maggiore è che moltissimi particolari sono andati persi anche su personaggi chiave come Finnick, Alma Coin e Haymitch.
Non vorrei essere troppo duro ma il fatto è che semplificare la trama non vuol dire migliorarla ma anzi, spesso si finisce per confondere le idee allo spettatore. Ora, il fan sfegatato non avrà nemmeno colto questo particolare anche se ha letto i romanzi e va benissimo così, però se tra un anno, dopo aver visto il film conclusivo, ci saranno dei passaggi poco chiari invito chiunque stia leggendo questo post e trovi dimostrato il mio teorema di tornare qui e darmi atto di essermene accorto per tempo.
Ricapitolando i pro di questo Hunger Games: il canto della rivolta sono l’impianto emozionale preponderante, lo spazio lasciato ad alcuni personaggi e lo slittamento laterale della protagonista. I contro, invece, sono: l’eccessiva velocità del costrutto narrativo e la mancanza di alcuni passaggi fondamentali.
[Giuseppe] Hunger Games: Il Canto Della Rivolta – Parte 1
Angoscia. Ansia. Paura. Katniss Everdeen non riesce a trovare pace: fatica ad adattarsi nel Distretto 13 dei ribelli, dopo essere stata salvata al termine dei 75° Hunger Games, che lei stessa, con una freccia scoccata sulla parete dell’Arena, ha contribuito a distruggere. Peeta è stato catturato – con Johanna e Annie – e il pensiero è sempre rivolto a lui.
Già dalle prime sequenze di Hunger Games: Il Canto della Rivolta – Parte 1 possiamo comprendere quale sia lo stato d’animo della protagonista, perché sa che il Distretto 12 è stato annientato dopo la rivolta, quando ha dimostrato a tutti che i Giochi non sono altro che finzione, drammatica e disumana, voluta da anni da Capitol City. Una protesta soffocata nella violenza e nelle uccisioni. E’ giunto finalmente il momento di guidare il popolo di tutti i Distretti contro Snow, ma per farlo occorre ai ribelli una guida. La loro Presidente Alma Coin, con Plutarch Heavensbee accanto, cerca di convincere Katniss che lei dovrà essere la Ghiandaia Imitatrice, il simbolo della lotta contro l’oppressione per riportare la libertà a Panem. Ma ancora prima che sul campo di battaglia, occorre rispondere a Snow a livello mediatico, replicando ai messaggi pubblici e trasmessi sui monitor con altrettanta propaganda. Per Katniss, però, è più importante salvare Peeta e mettere al riparo i suoi affetti, e non sarà facile essere la leader della rivolta conclusiva.
Dopo un’attesa di un anno, Mockingjay mantiene le premesse. Del resto se in Catching Fire, così come nel primo capitolo, erano i Giochi l’asse portante del film e il momento decisivo, qui è tutto nuovo, ancora più cupo e misterioso. E dunque diventano necessari un lavoro persino maggiore di scrittura del film e una regia molto abile e precisa.
Peter Craig e Danny Strong traggono il meglio dall’adattamento che Suzanne Collins compie dal proprio romanzo. Ed era ciò che ci si aspettava. Finiti i Giochi, è il momento per ogni Distretto di comprendere cosa voglia dire essere governati da Capitol City, una dittatura che illude con la promessa di mantenere l’ordine e il controllo e invece reprime con la violenza tutta Panem, assoggettando le persone con la paura. Senza la macabra distrazione degli Hunger Games, Snow (interpretato sempre da Donald Sutherland) non può tenere sotto scacco il popolo ancora per molto, crogiolandosi della propria forza. I ribelli lo sanno ed ecco che cercano di organizzarsi. A guidarli l’ambigua Alma Coin, donna decisa e dal passato difficile, consigliata dall’abile Plutarch. I due personaggi vengono resi alla perfezione da un’algida Julianne Moore e da un sempre brillante Philip Seymour Hoffman, all’ultimo film prima della drammatica scomparsa. L’opera è a lui dedicata.
Senza naturalmente svelare dettagli e particolari della trama, ciò che posso affermare è senza dubbio che il film segna un punto di svolta fondamentale nella saga. Senza, giustamente, modificare troppo rispetto ai romanzi, va detto che mi attendevo un cambio di passo e così è avvenuto. Da una parte è un processo naturale proprio per il fatto che Mockingjay (titolo originale di libro e film) compia una grande evoluzione rispetto a Hunger Games e Catching Fire, ma quando si traspone un romanzo in un film non sempre gli effetti sono scontati. E Il Canto della Rivolta sorprende in questo senso: non senza un po’ di fatica a trovare il giusto ritmo e qualche passaggio ripetitivo, Francis Lawrence – più sicuro e deciso alla regia, con maggiore capacità a dare intensità al momento opportuno rispetto al secondo film, sebbene già ottimo – riesce a far rivivere allo spettatore il dramma di Katniss, cambiata e stravolta dai Giochi, e costretta a farsi riferimento di un popolo intero e inquadra il contesto politico, perché Capitol City esercita il suo totalitarismo attraverso i mezzi di comunicazione, la forza violenta e la manipolazione della realtà; sul terreno dei media decide di puntare, per la propria propaganda, anche Alma Coin, che utilizza Katniss e i sopravvissuti all’Arena come potente risposta a Snow. Ma siamo certi che la strada della ribellione porti a un nuovo inizio per Panem, oppure la Coin abbia un’idea di potere non esattamente democratico a sua volta? La Ghiandaia Imitatrice sarà il vero simbolo della speranza, per un futuro libero da Snow e dalla repressione.
Con Il Canto della Rivolta – Parte 1 ritroviamo, tra gli altri, personaggi importanti come Beetee (Jeffrey Wright), Finnick (Sam Claflin), i fantastici Haymitch (Woody Harrelson) e Effie (un’eccezionale Elizabeth Banks) e soprattutto Gale (Liam Hemsworth) e Peeta (Josh Hutcherson in crescita esponenziale), quest’ultimo davvero sorprendente.
Ma la protagonista è sempre lei: Katniss ovvero Jennifer Lawrence, semplicemente meravigliosa. Ogni sguardo, ogni frase, ogni azione restano scolpite negli occhi dello spettatore. Per lei non bastano le parole, il suo talento è assolutamente immenso! E si scopre anche cantante: The Hanging Tree, interpretata dall’attrice, è già in vetta alle classifiche internazionali, composta da James Newton Howard (autore di una robusta colonna sonora) sulle parole di Suzanne Collins.
Resta il fatto che per ragioni soprattutto di incasso e commerciali e non tanto per esigenze di sceneggiatura, la produzione abbia deciso di dividere il film. Il Canto Della Rivolta – Parte 1 si regge comunque perfettamente da solo, a mio parere: e la seconda parte si annuncia ancora più ricca di azione.
Passiamo e concludiamo con i voti.