Su la testa – L’altra Lombardia: no alla logica del meno peggio. Sì all’astensionismo militante

Creato il 27 febbraio 2013 da Cremonademocratica @paolozignani

Le elezioni politiche del 24 e 25 febbraio: respingere la logica del meno
peggio

“Se votare facesse qualche differenza, non ce lo lascerebbero fare” ( M.
Twain)

La campagna elettorale per le prossime elezioni politiche ha riempito le
pagine e gli spazi dei quotidiani, delle TV e della RETE negli ultimi tre mesi.
Indubbiamente esse rivestono una notevole importanza, perché decideranno quale
“frazione” del capitale governerà l’Italia nel prossimo periodo di crisi
dell’organizzazione economica capitalistica e determineranno, comunque, diversi
assetti politici ed istituzionali.
Inoltre costringeranno anche l’opposizione sociale e le soggettività
antagoniste e rivoluzionarie a riposizionarsi rispetto all’organizzazione del
conflitto e alla costruzione di una formazione comunista in grado di
rappresentare più compiutamente gli interessi di classe, al di là di tutti i
settarismi e le auto-referenzialità che le hanno paralizzate e travolte negli
ultimi 20 anni e più.
Molti “a sinistra” si stanno adoperando per dare questa o quella indicazione
di voto, in base anche al teorema del Meno-Peggio. Noi non siamo tra questi,
perché preferiamo sviluppare un ragionamento per sostenere che in questa fase
storico-politica l’astensione dal voto (ricordiamo che il voto non è un dovere,
ma un diritto che si può o meno esercitare) non solo è giustificata, ma può
costituire un atto militante di responsabilità con l’obiettivo della
delegittimazione di tutto l’apparato parlamentaristico e di governo borghese,
oltre che di qualsivoglia “ lista improvvisata di sinistra” che pretendesse di
arrogarsi il diritto di rappresentare strumentalmente gli interessi di classe
del nuovo-proletariato e del movimento di lotta in generale.
La teoria, l’idea e la pratica dei comunisti non sono rappresentate, neppur
lontanamente, da nessun partito o lista che partecipa a questa scorribanda
elettorale.
L’astensionismo può costituire una forma seria e militante di protesta che
nulla ha a che vedere con il qualunquismo astensionistico endemico al sistema
borghese di rappresentanza. Non si può più delegare a forze impresentabili o
pseudo-democratiche la rappresentanza delle istanze sociali di radicale
cambiamento. E tanto meno lo possono fare i comunisti e i rivoluzionari.
Occorre respingere la logica truffaldina, manipolatoria e ricattatoria del
meno-peggio. Si cerca di diffondere il timore e il senso del precario per
farci accettare il pensiero unico, qualsiasi soluzione politica e il punto di
vista della classe dominante. Va trasferita nel campo nemico la paura che
cercano di infonderci, rilanciando l’autonomia proletaria. Oggi è richiesta
maggiore lucidità e consapevolezza e questo ricatto va respinto al mittente.
Altre volte, purtroppo, questo ha funzionato, facendo leva sull’anti-
berlusconismo.
Non consideriamo il bandito Berlusconi meno pericoloso di un tempo, ma
constatiamo che anche coloro che formalmente oggi si presentano come
alternativi a lui ( Bersani,Vendola e Monti), hanno sostanzialmente lo stesso
progetto e non hanno fatto nulla in questi anni per contrastarlo realmente. Al
contrario, nell’ultimo anno e mezzo hanno governato insieme e hanno condiviso e
votato in parlamento le più criminali e violente scelte del massone Monti su
mandato dell’Unione Europea. Monti, massone del 33° rito scozzese, più che
svolgere il ruolo di presidente del Consiglio dell’Italia ha operato come
terminale della BCE (Banca Centrale Europea) e del FMI (Fondo Monetario
Internazionale), essendo presidente europeo della Trilateral, un organismo
composto dagli uomini e dalle donne più potenti del pianeta che decide,
condiziona e impone le scelte economiche a quasi tutti i governi del mondo. In
sostanza le politiche socio-economiche del centro-destra e del centro-sinistra
sono due facce della stessa medaglia.
Quale sarebbe allora il meno peggio da poter votare? Qualcuno sostiene essere
la lista “Rivoluzione civile”( RC, guarda caso, che brutti scherzi le sigle!).
Questa è di fatto un cartello elettorale composto dai partiti residuali della
“sinistra” in via di sparizione e tenuta insieme dalla figura carismatica del
magistrato Ingroia. Non è una formazione strutturata e si è costituita tre mesi
fa in modo raffazzonato e senza un programma articolato, dopo aver liquidato
brutalmente il generoso tentativo di “Cambiare si può”. Rivoluzione civile ha
un’ideologia iper-eclettica(si va dal moderato-legalitaro Di Pietro al
reazionario verde Bonelli, fino al nulla di Ferrero e Diliberto, ex RC ed ex
PdCI) che sarà all’origine di un esplosione di contrasti e contraddizioni,
qualunque dovesse essere il risultato elettorale. La lista Ingroia ha al centro
della sua propaganda la difesa della legalità contro i poteri criminali, questo
è il vero cemento che tiene insieme queste “debolezze” che sono divise, in
realtà, su quasi tutto. Un altro aspetto che va sottolineato è che all’interno
di questa lista albergano ben 3 ex-ministri di governi precedenti, tutti
corresponsabili, in quanto ministri, dall’aver avallato il finanziamento delle
truppe in Afghanistan, i provvedimenti che hanno aggravato le condizioni di
vita di milioni di persone, il non aver approvato una norma elementare sul
conflitto di interessi contro Berlusconi, l’avere deciso e avallato il
finanziamento del TAV (Di Pietro ministro delle infrastrutture) ecc…
Per queste e molte altre ragioni, l’opposizione sociale e i comunisti non
possono riconoscersi e legittimare una formazione che, in ultima analisi, si è
costituita per garantire l’elezione in parlamento ai quattro segretari dei
partiti residuali ( la banda dei 4), storicamente ormai superati ed obsoleti.
Questi personaggi non hanno avuto e non avranno alcun rapporto politico con il
conflitto sociale che si è sviluppato e si svilupperà nel nostro paese con più
forza e determinazione. Come dicono alcuni compagni sardi: “… E’ necessario
disvelare il rapporto truccato fra funzione politica e la conflittualità
sociale”…” la guerra contro il Kapitalismo si svolge altrove rispetto al
parlamento (luoghi di lavoro, scuola, territorio, solidarietà internazionalista
ecc…)”.
In sintesi: a nessuno venga in mente, nel caso dovessero essere eletti, di
agire e parlare a nome dell’opposizione sociale. Non hanno voluto riconoscere
la storia e la funzione dei movimenti, dei comitati, delle associazioni, delle
soggettività antagoniste ecc… o, peggio, hanno tentato di strumentalizzarle,
quindi non ci si arroghi il diritto di parlare a nome loro. NON IN NOSTRO
NOME.
Occorre aggiungere che le istituzioni e le campagne elettorali si devono saper
“usare” per accentuare le contraddizioni del sistema capitalista e delle forze
borghesi e per smascherare di fronte alle masse l’inganno e la mistificazione
della falsa democrazia borghese, basata sulla delega e sulla
deresponsabilizzazione dei cittadini.
E’ da più di un ventennio che in Italia i partiti di “sinistra” hanno operato
coscientemente, e con incoscienza, per la distruzione delle teorie e delle idee
socialiste e comuniste. L’aver scelto di abbandonare il marxismo come metodo
scientifico di interpretazione della realtà e dei processi storici ha portato
al progressivo dissolvimento di qualsiasi formazione che potesse rappresentare
gli interessi e i bisogni del nuovo-proletariato (operai, lavoratori precari,
studenti e ricercatori senza futuro, lavoratori pubblici, pensionati poveri,
l’area sociale delle partite IVA ecc…).
Bertinotti, Vendola, Diliberto e i loro accoliti hanno dato un contributo
decisivo all’ottenimento di questo risultato catastrofico e drammatico e a
diffondere sfiducia e rassegnazione fra i militanti in buona fede. Queste
valutazioni sono suffragate dal fatto che l’Italia è l’unico paese dell’Europa
occidentale a non avere né un partito comunista strutturato e organizzato, né
un solido partito socialdemocratico di massa come in Francia, Germania ed
Inghilterra. Non si può definire socialdemocratico il PD, perché in esso
prevalgono ampiamente delle connotazioni liberal-democratiche moderate.
D’altro lato la frammentazione e l’inadeguatezza teorica, culturale e politica
delle soggettività rivoluzionarie non ha ancora consentito di avviare un
processo di rifondazione serio e rigoroso di una formazione comunista,
anticapitalista, unitaria, radicata nel sociale e con un un programma credibile
di transizione al socialismo e al comunismo, in grado di competere anche nelle
elezioni democratico-borghesi, usando le istituzioni come cassa di risonanza.
Un altro aspetto, che in questa contingenza rafforza la scelta
dell’astensione (noi non siamo astensionisti per principio sempre e
comunque), è la constatazione che queste elezioni rischiano di essere
sostanzialmente inutili. Infatti i parlamentari saranno una sorta di “figure
formal-virtuali” più o meno impotenti e limitati nell’azione .Questo perché i
bilanci, le politiche economiche e di welfare saranno subordinate, vincolate e
sottoposte al controllo e all’autorizzazione dei vari organismi burocratici-
amministrativi della UE. Si tratta, in sostanza, dell’annullamento della nostra
indipendenza nazionale.
Quasi nessuna delle forze politiche presenti in questa campagna elettorale ha
denunciato con forza questo vincolo che potrà essere “rimosso” solo con grandi
mobilitazioni e lotte sociali coordinate in tutti i paesi dell’Unione Europea.
Aleggia quasi un timore culturale e politico nel pronunciarsi contro il
trattato di Maastricht e gli altri trattati europei che hanno asservito
totalmente il nostro Paese agli interessi del capitale internazionale. La
battaglia contro i vincoli che ci impone l’Europa non può essere lasciata alla
destra più becera e reazionaria.
Il pareggio di bilancio e il fiscal compact, imposti per legge, costituiscono
oggi un vincolo insormontabile per qualsiasi governo moderato. Si devono
elaborare, proporre e praticare politiche di incompatibilità economica con
l’attuale sistema capitalistico e di rottura costituzionale e istituzionale.
Questo però richiede mobilitazioni di massa prolungate e degli organismi in
grado di sostenerle e coordinarle. E’ questo il compito enorme che
l’opposizione sociale e le avanguardie antagoniste si devono porre
nell’immediato futuro. Tutto il resto è fuffa, menzogna, mistificazione e
strumentalizzazione della buona fede dei cittadini.
In campagna elettorale non si possono proporre traguardi mirabolanti, sapendo
che finché si accettano le logiche e la dialettica di questo sistema non si
potranno mai raggiungere obiettivi strategici (per il Capitale). Ad esempio
dire che si vuole abolire il Fiscal Compact è in sé una cosa giustissima, ma
non dire in che modo e con che tipo di mobilitazione rischia di essere
utopistico ed anche un po’ truffaldino.

Di fronte a questa situazione si rende più che mai necessario intensificare
l’impegno nel costruire organismi di CONTROPOTERE in grado di rappresentare i
bisogni e gli interessi fondamentali del nuovo proletariato e, in embrione, la
nuova organizzazione non gerarchizzata della futura nuova società.

22 febbraio 2013

SU LA TESTA l’altra Lombardia

Nella foto la dolce rosa della speranza

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