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Su libertà di parola e carta da cesso

Creato il 12 gennaio 2015 da Obbrobbrio @obbrobbrio
Seppur costernato dalla tragedia accaduta in Francia, non riuscirei a dire o a scrivere un je suis Charlie Hebdo senza provare la tentazione di sputarmi in un occhio. Perché avere il coraggio di fare satira col rischio di morire ammazzati non è da tutti, tantomeno da me.
L'inevitabile teatrino della strumentalizzazione ipocrita è già bello che avviato: la capacità italiana di uccidere i morti non finisce mai di stupire. Ed è qualcosa di trasversale, che caratterizza la sinistra come l'estrema destra. Capita, così, che gli stessi personaggi che nel 2006 puntarono il dito contro le vignette "islamofobe" mostrate in diretta televisiva da Calderoli oggi fingano di piangere per il massacro di un'intera redazione, e che xenofobi come Borghezio manifestino a favore di una libertà di espressione che mai ci è appartenuta e mai ci apparterrà. Perché anche la censura fascio-democristiana uccide, ma lo fa a modo suo, senza spargimenti di sangue. In questo modo si limitano i possibili je suis Daniele Luttazzi in risposta agli omicidi mediatici di uno stato laico solo sulla carta.
Trovo utopico che la libertà possa essere esportata con le bombe, ma allo stesso modo ho perso fiducia nel dialogo, nell'integrazione con un dio di mezzo. Qualunque credo religioso è un motore di dis-integrazione, oltre a costituire un facile pretesto per giustificare qualsiasi tipo di atrocità umana.
Se non l'avete ancora visto, non potete perdervi questo documentario. Oggi più che mai, je suis Bill Maher.

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