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Su Stefano Borghi e sulla passione

Creato il 25 settembre 2011 da Giuseppe Armellini
Su Stefano Borghi e sulla passioneDa piccolo sognavo di diventare giornalista sportivo. Se a 8,9 anni riempivo quaderni con i record del mondo dell'atletica, con gli arrivi di tappa del Giro d'Italia, con i goal di tutte le squadre europee mi dicevo che inevitabilmente questa sarebbe stata la mia strada. Perchè sempre, da piccoli, si pensa che il proprio lavoro sarà la naturale continuazione della propria passione. Purtroppo non è così, quasi per nessuno. Le contingenze della vita quasi sempre ti portano lontano dalle tue aspirazioni e portare il pane a casa (giusto quello...) il 90% delle volte significa riporre in un cassetto le ali del sogno. Poi però senti Stefano Borghi in televisione e cambia qualcosa. Senti che quel telecronista non è come gli altri, non ha costruito la propria enfasi a tavolino, non ha coniato un tormentone o, all'opposto, non ti sembra compassato, annoiato, come altri o messo lì perchè l'editore ha deciso così. Stefano Borghi è la passione prestata al giornalismo, è un bambino che si esalta per un goal in Premiership, è un ragazzo che rivolge la stessa competenza ed attenzione a un terzino dall' Arsenal Sarandi come a una mezzapunta del Barcellona. E, succede così una cosa strana. Dovresti invidiarlo, dovresti odiarlo perchè è pagato per una cosa che tu pagheresti per fare. Invece no, Stefano Borghi diventa te, diventa la tua metà oscura che non ce l'ha fatta, diventa il paladino di una concezione dello Sport che si sta sempre più perdendo, quella dell'emozione, dell'entusiasmo, del divertimento. Tenetevi i disastrosi Caressa, Di Gennaro e compagnoni belli, io mi tengo Borghi perchè lo Sport se non lo senti e vedi come lo sentirebbe e vedrebbe un bambino è soltanto una macchina da soldi, un baraccone, un corpo freddo in attesa della propria autopsia.

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