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Suburra (di Stefano Solima, 2015)

Creato il 10 novembre 2015 da Frank_romantico @Combinazione_C
Suburra (di Stefano Solima, 2015)
Guardare Suburra è come osservare il cinema italiano e coglierne l'essenza, finalmente, nascosta tra tanti vuoti a perdere super pubblicizzati e piccole gioie sconosciute. Un viaggio tra passato e futuro (o meglio, uno dei possibili futuri), tra ieri, oggi e domani, tra realtà e finzione. Suburra, di Stefano Solima, sembrerebbe il solito film che strumentalizza i soliti problemi di casa nostra, li spettacolarizza, proponendo il peggio del peggio sia a noi che "ormai lo sappiamo", sia a chi spesso lo intende ancora come stereotipo. Perché è questa l'accusa che molti rivolgono a 'sto tipo di fiction, quasi cinema e TV fossero costretti tra le solite commediole, il solito cinema urlato o il ricordo di un passato glorioso e neorealista che, ammettiamolo, è fuori contesto.
Suburra invece sta lì, nel solco tracciato da due serie televisive come Romanzo Criminale e Gomorra (guarda caso, dello stesso Solima), entrambe tratte da dei film tratti a loro volta da dei libri. Anche Suburra è tratto da un libro (di Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo) e ci prepara ad una serie di prossima uscita per la Netflix, così, per chiudere il cerchio di cui sopra.  In un certo senso eredita il contesto di Romanzo Criminale e lo descrive attraverso la concezione estetica ereditata da Gomorra, segnando il cambiamento rispetto ad A.C.A.B. del 2012, opera prima del regista. 
Suburra (di Stefano Solima, 2015)
5 novembre 2011 - Sette giorni prima dell'Apocalisse: ha così inizio il conto alla rovescia che porterà l'Italia al crollo di un'era della Repubblica. Intanto un gruppo di criminali cerca di far approvare una legge per la nascita di una nuova Las Vegas a Roma. Samurai, l'ultimo esponente della banda della Magliana, cerca di controllare il politico corrotto Filippo Malgradi, la Chiesa e il giovane boss di Ostia Numero 8, ma nei suoi piani non tiene conto della famiglia Anacleti e del piccolo imprenditore Sebastiano, ostaggio dei debiti di suo padre.
Il punto di partenza, secondo me, è Romanzo Criminale - La serie. La prima e l'ultima puntata, per l'esattezza, ponte tra il vecchio e il nuovo. Un uomo, picchiato a sangue e derubato da un gruppo di giovani delinquenti, urla alla periferia di Roma "io stavo col Libanese". La Roma in cui vive adesso non è più quella di cui aveva preso il controllo la banda della Magliana. E' diversa, senza onore, disunita. Chi ha una certa età vive nel rimpianto, chi è giovane se ne frega, non può sopportare il paragone. E' la Roma di Suburra, quella preda delle famiglie del Sud Italia, degli zingari e delle bande controllate da uomini "nuovi" ma, soprattutto, quella dei politici e degli imprenditori. Una Roma malavitosa che vive nella leggenda di un passato lontano rappresentato da Samurai e in un presente fragile come il cristallo, sul punto di infrangersi. Perché si va veloci nella seconda decade degli anni 2000, non c'è respiro, tutto cambia a seconda degli umori di una classe dirigente dalla pelle di serpente, abituata a riciclarsi ma che deve fare i conti, anch'essa, con il tempo che passa. 
Da questo punto in poi il post contiene SPOILER
Suburra (di Stefano Solima, 2015)
Roma è Suburra. L'Italia è Roma. L'Italia è Suburra. Non ci sono più confini netti. Poco più giù, lo sappiamo tutti, c'è Napoli e per alcuni, dispiace dirlo, Napoli è ancora la Camorra. Ecco, una delle differenze basilari tra Romanzo Criminale - La serie e Gomorra - La serie è l'estetica, ma molto fa anche l'ambientazione temporale. Se RC è pop, romanzata, è una visione retroattiva di certi eventi e certe dinamiche, Gomorra è ambientata in un contesto contemporaneo, è violacea, iperrealista e decadente. Alle icone negative, agli antieroi che in un certo senso divenivano punti di riferimento spaziali e temporali, si sono sostituite le sfumature di personaggi negativi in cui è impossibile identificarsi, i luoghi rappresentativi di una determinata condizione che contengono individui, le masse amorfe da cui si emerge soltanto per morire. 
In Suburra viene evidenziato il cambio netto di prospettiva. Quello di RC è un passato rappresentato da individui che, uno alla volta, devono lasciare il posto al presente e da personaggi fagocitati dalle dinamiche di massa. Il film di Solima è corale, basato su più storie che convergono perché inserite nel medesimo contesto. Samurai è "amico" di Malgradi e in affari con Numero 8. Numero 8 è nemico giurato degli Anacleti, che tengono per le palle Sebastiano da quando ha "ereditato" i debiti di gioco di suo padre, morto suicida. Ma Sebastiano è amico della escort Sabrina, coinvolta nella morte di una prostituta minorenne durante un festino con Malgradi, che a causa di ciò è stato ricattato da Spadino, il fratello minore del boss Manfredi Anacleti. Tutti questi personaggi vivono, respirano, combattono e muoiono. Tutti quanti cercano di dare un'ordine al caos. Alcuni di loro sono umani, troppo umani, hanno persino degli ideali, dei sogni. Ma la loro individualità si spegne: quasi tutti muoiono e chi non muore perde comunque la partita perché c'è, in fondo, qualcosa di più grande di loro, che sia la Chiesa di un Papa che si vuole dimettere o un governo che tutti sanno cadrà molto presto. O, molto più semplicemente, che sia il tempo o emozioni come l'odio, l'amore o la vendetta. La paura, il più delle volte. E Roma osserva questi personaggi mentre si dimenano, mentre provano ad ottenere quel qualcosa che li renderebbe vivi, veri, unici. E poi li annega, li soffoca, lei sempre eterna che lì è e lì rimane, che cambia ma non muore, vittima torturata non da individui ma dai meccanismi, politici e sociali, com'è sempre stato.
Suburra (di Stefano Solima, 2015)
Fine SPOILER
Suburra è un film bello. E' bello il montaggio che da serrato si dilata e poi torna frenetico, è bella la fotografia (di Paolo Carnera) che lo disegna da Ostia a Trastevere, è bella la plasticità incorniciata nel silenzio che poi diventa dinamicità, musica e rumore, sparatorie e inseguimenti in auto. Sembra quasi che Solima abbia raccolto l'eredità di quel cinema del passato, quello di Lenzi, Corbucci, Di Leo e Castellari, ma senza il rimpianto di qualcosa perso per sempre. Anzi, quell'eredita la contestualizza, il suo cinema è attuale al cento per cento. Internazionale oserei dire, esportabile quasi: se cambiassimo lingua, ambientazione e nomi ai personaggi. Suburra potrebbe tranquillamente essere ambientato in America o in Francia. Senza dimenticare però cosa voglia dire "cinema italiano", un marchio di fabbrica per stile e intenti.  Ma Suburra è un bel film anche per i personaggi e le interpretazioni, con attori che ormai sono pesi massimi (Pierfrancesco FavinoElio Germano) affiancati da giovani in ascesa (Greta ScaranoAlessandro Borghi) e qualche volto storico ormai più famoso per la TV che per il cinema (Claudio AmendolaAntonello Fassari). Interpreti che non hanno paura di mettersi a nudo o di osare anche in ruoli lontani dalle loro corde. 
Suburra, però, soprattutto, è bello perché non ha paura di dosare tutti quegli ingredienti che sembrano fare così paura al nostro cinema mainstream: sesso, violenza, sangue e cattiveria. Nichilismo. Non ci accompagna alla fine di questo viaggio tenendoci per mano, cullandoci, dicendoci che tutto andrà bene. Perché non andrà bene un cazzo, forse. Non solo non ci regala un lieto fine, ma non ci concede nemmeno un vero finale. Perché tutto è ancora lì, un po' come lo scandalo Roma Capitale, un po' come tutte le cose di cui non sappiamo nulla. E vedere Suburra ci fa venire un po' di nausea (per cose che già sappiamo, eh) ma, allo stesso tempo, ci esalta. Direi che siamo ancora molto lontani dalla perfezione, ma la strada è quella giusta.
Suburra (di Stefano Solima, 2015)

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