Il marciume si respira nella città eterna
Opera seconda di Stefano Sollima, Suburra è un prodotto di sicuro richiamo, nel quale Roma è disegnata in modo spietato e oscuro. Un percorso amorale verso l’apocalisse, mentre sullo sfondo la città eterna è livida, plumbea e costantemente colpita da una pioggia biblica, premonizione e sottolineatura del crollo sociale, del delicatissimo equilibrio che progressivamente si incrina.
Mentre Papa Ratzinger sta valutando di rassegnare le sue dimissioni, Filippo Mangardi, politico corrotto e dissoluto, passa la notte con due escort (di cui una minorenne, che rimane uccisa) e da quel momento comincia il suo lungo calvario. Suo complice è Samurai, l’ultimo esponente della banda della Magliana, che sta mettendo in piedi per conto delle famiglie del Sud Italia un enorme affare con l’aiuto di Numero 8, un piccolo delinquente di Ostia. Al di fuori di questo “circolo” Sebastiano, giovane pr, si imbatte nella famiglia di zingari Anacleti perché contrae i debiti del padre suicida. Attorno a loro ruotano la escort Sabrina, Viola (la fidanzata tossica di Numero 8) e Spadino, il più giovane esponente della famiglia Anacleti.
Suburra non è un film che fa riflettere, ma deve fermentare a fine visione per poterne trarre una disamina attenta e accurata. Perché ciò che Sollima mostra, e sottolinea a più riprese, purtroppo appare come qualcosa di conclamato, di dannatamente realistico e alle corruzioni, ai sotterfugi, ai criminali in giacca e cravatta e alle estorsioni alla luce del sole lo spettatore ormai ha fatto (desolatamente) il callo. E proprio per questo motivo si ha la netta sensazione che Suburra non sveli nulla di nuovo, niente di sconvolgente. Tuttavia non si può non apprezzare un regista che crede fermamente nel genere (il gangster movie “de no altri) e lo riadatta in forma meno pulita alla situazione italiana. Per poter apprezzare quest’ultimo film, si deve necessariamente tornare indietro nel tempo e riesumare Romanzo criminale – La serie, una serie televisiva di venti puntate che poteva permettersi di allargare le maglie narrative della storia della banda della Magliana, quella raccontata (in modo condensato e ritmato) dal film di Placido. Sollima, in quella serie, dimostrava tutta la sua bravura ed esibiva uno stile registico sporco, oppressivo e aggressivo per narrare la storia di un gruppo di criminali affascinati dal buio, che volevano essere gli imperatori di una città che un padrone non lo voleva avere. Diversamente in Suburra il padrone esiste e non fatica a farsi evidente: è il potere, invisibile ed eterno, che tutto orchestra e può comprare chiunque, dal politico all’uomo di fede, da un’intero litorale (quello di Ostia) a un pr strozzato da debiti che non gli appartengono. È il potere l’indiscusso protagonista di un film che probabilmente non brilla in fase di scrittura, ma che attanaglia e rapisce. Il merito va però suddiviso: da una parte c’è un cast di sicuro livello (Favino, Amendola, Germano, Borghi e Dionisi), dall’altra parte c’è un regista che sa il fatto suo, che dirige con sicurezza e controllo. Ed è proprio quest’ultima caratteristica a denotare una maturazione da parte di Sollima: difatti l’autore romano passa da uno stile opprimente a un quadro più convenzionale, meno virtuoso e schizzofrenico, che gli concede la possibilità di lasciar fluire gli avvenimenti, di intrecciarli e focalizzarli in un’apocalisse dichiarata dalle prime sequenze. Ciò non vuol dire che Sollima abbia abbandonato quella macchina a mano e quel dolly così viscerali (la piovosa vita notturna diviene terreno fertile per qualche suo virtuosismo), ma fa comprendere quanto sia necessario porre un punto esclamativo sulla vicenda, sui caratteri dei personaggi coinvolti e sui loro malaffari.
Pellicola che si svolge in una settimana piena di avvenimenti (notare bene che il giorno in cui tutto esplode non è casuale), Suburra era atteso con trepidazione. Gli accenni all’attuale scandalo Roma Capitale, ai criminali di periferia che svolgono i loro sporchi traffici in una villa pacchiana e rumorosa (vedi Casamonica) e al governo, amorale specchio distorto dell’Italia di oggi, sono gli elementi di contorno di una vicenda dal lato oscuro accentuato, nella quale i caratteri sono marionette di cartapesta, pronte a cadere al minimo errore.
Uscita al cinema: 14 ottobre 2015
Voto: ***1/2