Ok, non era temporaneo. Il concetto è ormai chiaro quando, due giorni dopo, osserviamo sconsolate le previsioni meteo. Il maxischermo della stazione Colón anticipa con indifferenza minime di meno due. A fine Maggio. A Madrid. Sia benedetto il momento in cui, in barba al calendario, ho scelto di non dare retta a mia madre. “Portati solo canottiere”, diceva, “ché fa caldo”. Invece indosso tremolante l'intero contenuto della mia valigia e la netta sensazione di dirigermi al patibolo.
Un'occhiata a Céline e Michela, che nel frattempo ci ha raggiunte. Un tacito “Perchéééé?” e so che quella sensazione é condivisa. Eccome. Il patibolo, nello specifico, é un posto sotto alla tettoia stellata del Palacio De Los Deportes, destinazione ultima e panorama unico di ció che resta della nostra escursione. Quella fila che tanto odio, depreco, insulto e che peró – chissá come- col senno di poi sembra quasi sempre esser valsa la pena. Lí ci attendono Silvia e Sergio, decisi a passare una notte all'addiaccio pur di garantirci le transenne. Gli ho portato i cuscinetti del café y té, come gesto di estrema gratitudine (e anche un po' perché cosí se li gonfiano loro – allegare ghigno malefico). Nel frattempo, s'é scoperto che: - Leiva puó aspettarmi a Casa Paco solo se offre lui; - All'Hard Rock Cafévendono delle bellissime – e piuttosto economiche - tutine da neonato. Il che, considerando che: A) non é bene viziare ulteriormente la mia per ora unica pseudo-nipote (leggi: figlia di migliore amica); B) non riesco a convincere Michela a regalarla ad una sua parente; e C) che alla mia gatta non starebbe granché bene,mi fa venire una preoccupante voglia di fare un figlio con il primo che capita. Grazie a Dio mi passa dopo cinque minuti e pochi passanti sotto i cinquant'anni d'etá.- Se hai delle amiche astemie, devi sacrificarti e trangugiare anche i loro chupitos. Che, nel loro essere serviti in cialde da cono gelato, ti forniscono anche un'idea valida da copiare per il tuo trentesimo compleanno. Oltretutto, rassicurarlo che “non ti preoccupare, bevo hic tutto io”, ti garantirá i complimenti di un cameriere meglio noto come Uomo Con piú Fretta del Mondo.- La versione madrileña di una nota hit dei Negrita, conseguente a un pranzo da quattro portate, si dovrebbe intitolare “rotolando verso Sol”.- Il bar di fronte al Palazzetto dello Sport ospita un'opera d'arte sulla porta del bagno: anziché numeri di telefono, proposte oscene e dichiarazioni d'amore varie, vi si affollano date di concerti e nomi di artisti che, negli anni, si sono esibiti a pochi metri da lí. Trovo il tutto talmente rochenrolle che passo circa 15 minuti a cercare di fotografarlo seduta sulla tazza del cesso, il che la dice lunga sulla mia sanitá mentale.
Comunque. Al solito, nei due giorni di – odi et amo- fila al Palacio, il decalogo del buon concertista vuole che ci si alterni secondo turni da lavoratori in fabbrica. E siccome-che “le nubi hanno iniziato a seguirmi” capita sempre che i miei siano quelli in cui diluvia.
É cosí che il mattino dopo, quando mi ripresento sotto la tettoia stellata con l'ombrello in mano e le borse sotto agli occhi, Sergio mi imita in un “buongiornaaaaahhhacquaaaaaaaaa”. Il che mi lascia giusto vagamente intuire quale metodo abbia scelto per scaldarsi nel corso della notte. Manco a dirlo, il mio bellissimo cuscinetto café y té (che avevo scelto in un'elegante tonalitá di grigio perla) é sparito in un limbo misterioso fatto di “non ricordo , scusa” e “ahiahiahi la mia testa!”. Riposi in Pace. Che sfiga, peró, proprio adesso che l'avevano gonfiato!
[To be Continued]