E’ stato sufficiente pronunciare il loro nome per far saltare all’unisono migliaia di persone nel main stage del Rototom. Quando il sole spagnolo cominciava a dare tregua al popolo del Sunsplash, sul palco di Benicassim è spuntata un’altra stella: quella dei Sud Sound System.
Del resto, Don Rico, Terron Fabio e Nandu Popu lo raccontano da oramai 20 anni: a noi ce basta lu sule, ce scarfa entro e fore, ed è proprio n’amore.
E sarà che un’ampia fetta della reggae massive presente al Rototom è venuta dall’Italia, ma proprio tutti i brani dei Sud sono stati cantati da un coro di ragazzi che conosceva a memoria ogni parola dei loro brani e perfino quelle, la maggior parte, in dialetto salentino.
Una maniera di cantare per ricordare sempre da dove si viene, senza montarsi mai la testa nonostante il successo di una carriera ormai consolidata. E, a conferma che i valori del reggae non hanno confini, il trio salentino ha spopolato anche in Spagna con l’ormai famosissimo singolo ‘Le radici ca tieni’. ”Se non ti vergognerai mai delle tue radici, rispetterai anche quelle di chi viene da paesi lontani”, recita una frase chiave del testo che traduciamo in italiano, consapevoli di tradirne un po’ il vero sapore.
Ma è proprio così, rispettando la propria terra, i propri genitori e la propria cultura che si impara a non aver paura di chi è diverso da noi, spesso solo per il colore della sua pelle o perché parla una lingua che non comprendiamo.
Lo sanno bene i ragazzi del Rototom, che si ritrovano ogni giorno, dal risveglio alla notte successiva, a condividere, con gente di ogni arte del mondo, emozioni che solo il reggae riesce a regalare. ”Per me è la meglio musica che c’è, mi batte nel cuore e nella testa e non so neanche perché”, canta Don Rico. D’altronde, aggiungiamo noi, chiedersi perché si ama il reggae sarebbe come chiedersi perché si ama la vita.
Il ritmo in levare ogni giorno ci regala un’emozione in più, ogni giorno ci insegna che non esistono traguardi impossibili da tagliare percé ”se una cosa la vuoi davvero riuscirai senz’altro a farla”.
E ai Sud, che da due decenni ci fanno riflettere e ballare, possiamo rimproverare soltanto una cosa: quella di non aver mai detto su un palco che baresi e salentini devono smetterla di farsi la guerra, trasferendo una già stupida rivalità cacistica in un più odioso conflitto culturale che esiste solo nella mente di chi lo alimenta.
Qualche anno fa, in Salento, i Suoni Mudù, storica band barese, aprivano il concerto del jamaicano Capleton. Dopo pochi minuti dall’inizio della loro esibizione, sul palco cominciarono a piovere pietre e monetine che colpivano strumenti, musicisti e il cantante dei Mudù, Nico Caldarulo.
Fu quest’ultimo, dopo aver fatto rientrare la band dietro le quinte per impedire che si facesse male, a ritornare sul palco con un fiore tra le labbra, e a esporsi agli insulti e alla sassaiola ancora per qualche istante. Invitando tutti, se quesllo fosse davvero un loro desiderio, a colpirlo ancora. Fu così.
Solo quando Caldarulo andò via gli animi si placarono. Ma nessuno, tanto meno i Sud, intervenne.
Nessuno spiegò a quanti lanciavano le pietre che, molto probabilmente, non avevano capito proprio nulla della musica che stavano ascoltando.
Qualche tempo più tardi questo episodio, intervistai Nandu Popu per il Corriere del Mezzogiorno. Gli chiesi di commentare l’accaduto e mi rispose, anche giustamente, che si trattava di una minoranza di tifosi ai quali non si può impedire l’accesso alle dance hall e ai concerti.
Siamo d’accordo ancora una volta coi Sud. I salentini e i baresi sono prima di tutto persone, pugliesi, uomini e donne che hanno le stesse radici e origini e che non devono litigare fra loro. E non ci sogneremmo mai di impedire a nessuno, ultrà o tifoso moderato che sia, l’accesso ad alcun evento musicale.
Anzi, invitiamo tutti a frequentare il più possibile le dance hall e tutti i luoghi in cui si può ascoltare il reggae e vivere in armonia con gli altri.
Allo stesso modo, però, invitiamo i Sud a usare quello che sanno e che ci hanno insegnato, per provare a fare quello che finora nessuno ha mai fatto: far salire sul palco di un loro concerto due capi ultras, del Bari e del Lecce, e invitarli a stringersi la mano davanti a tutti. Sarebbe un bell’esempio per tutti e davvero un bel gol per il Sud Sound System, per il Reggae e per la nostra società che a volte cresce grazie anche ai piccoli grandi eroi.
Reggae music, Love and Unity.