Il nuovo Stato del Sudan meridionale, la cui capitale è la città fantasma di Juba, che abbiamo imparato a conoscere di recente dai media, continua a vivere ore difficilissime a causa delle ripetute infiltrazioni dei cosiddetti "ribelli" al soldo di Khartoum.
Non esisteva, ma continua a non esistere, alcuna forma di sicurezza nelle case e nelle strade.
E gli spostamenti sui lunghi percorsi sono costantemente a rischio.
I sequestri di persone e le violenze non si contano anche perché qui, purtroppo, la povertà è sovente miseria.
E la miseria non può permettersi di fare troppi distinguo.
A Khartoum ,intanto, è certo che a partire dal 1 aprile si verificherà un esodo quasi biblico di sud-sudanesi, cioé di coloro che non avranno la residenza e il permesso di soggiorno.
In poche parole tutti quelli che non sono musulmani saranno bene o male, prima o poi, costretti a lasciare il Paese per andare a Sud. A Juba.
E questo non è da sottovalutare ,a livello di danno economico e d'immagine complessivo,anche per quelle organizzazioni umanitarie e/o istituzioni europee-occidentali a carattere religioso-confessionale,che nel Paese di Al Bashir,a suo tempo, hanno investito e svolgono attività.
Ad esempio mi riferisco a scuole, collegi, orfanatrofi e ospedali , che presto saranno chiusi.
La cosa per altro, che io sappia ,sta già avvenendo gradualmente da un bel po'.
Peggio, molto peggio, è ovviamente il discorso che riguarda la povera gente, quella che, una volta espulsa, dovrà inventarsi di tutto. Dalla casa al lavoro.
Per non morire letteralmente di fame e per non finire in campi-profughi.
E non sarà facile il realizzarlo, su tabula rasa, dall'oggi al domani.
Tutto quanto sta accadendo a livello di tensioni tra Khartoum e Juba ha, comunque, un nome.
Si chiama "Petrolio".
Il maledetto "oro nero", in assenza del quale si blocca ogni forma di sviluppo, ma che scatena, ovunque esso si trovi, avidità incredibili.
Khartoum ha intenzione, nei fatti ,d'imporre una tassa di 36 dollari a barile di petrolio per consentire a quelli di Juba di utilizzare le proprie infrastrutture.
Non è difficile immaginare cosa significhi tale imposizione.
A Juba e dintorni, a loro volta, rispondono con la minaccia di chiudere i rubinetti della produzione.
Intanto il flusso di chi vuole salvarsi dalla conflittualità nell'area del Blue Nile e del Sud Kordofan è diretto verso l'Etiopia.
Meglio pare che vada piuttosto nella regione di Jonglei, dove invece il mese scorso si verificò un'autentica mattanza , con circa tremila morti e la fuga di centinaia di persone in ogni direzione di scampo possibile.
Il peggio è che difficilmente si arriverà in tempi brevi, se non alla pace tra Khartoum e Juba, almeno ad una tregua.
Perché?
Perché gli interessi in ballo sono troppo grossi e nessuno dei due contendenti ha intenzione di mollare.
La povera gente?
Quella si arrangi.Rispondono da entrambe le parti.
Come ha sempre fatto, da generazioni.
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
L'immagine in basso è un dipinto del pittore spagnolo, Josep Segui Rico, dal titolo :"Donna mistica"