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Sudafrica oggi /L'apartheid di certi bianchi

Creato il 23 agosto 2012 da Marianna06

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Leggevo ieri, sul supplemento “D”come Donna di Repubblica,  la traduzione di un articolo-reportage di Dan Mc Dougall , tratto dal The Sunday Times/NI Syndacation, che affronta  la povertà di alcune categorie di bianchi nel Sudafrica odierno.

E tutto questo, appunto, negli anni di un ANC (African National Congress) al potere,  corrotto e populista  e, senza dubbio alcuno, molto vorace ma per se stesso, nonché di una crisi economico finanziaria generalizzata ,che non risparmia certo, in termini di disoccupazione, nemmeno un Paese come il Sudafrica che, fino a ieri, era considerato, nel contesto africano, un paese da primo mondo.

La povertà dei bianchi che vivono in Sudafrica è riscontrabile soprattutto nelle periferie delle grandi città come Città del  Capo o Johannesburg – scrive l’articolista – ma non risparmia alcune realtà meridionali del Paese, che sono divenute un rifugio estremo e  di fortuna per chi ha perso casa, lavoro  e status sociale di un tempo e deve comunque tentare di rifarsi , in qualche modo , una vita.

Molti altri bianchi, nelle stesse condizioni di questi, hanno preferito piuttosto il rientro in Europa.

 E l’ esodo di alcune famiglie bianche o afrikaner è in corso a partire dalla fine degli anni ’90 quando c’erano già le avvisaglie di quello che sarebbe stato poi.

 Lo spettro era ed è, infatti,il timore reale di perdere tutto quello che si è realizzato con  tanti anni di lavoro come poi è accaduto nello Zimbabwe a moltissimi proprietari terrieri.

Le storie umane ,che il giornalista del The Sunday Times ha avuto modo di ascoltare e di raccogliere per stendere il suo articolo, hanno poi dell’incredibile .E meritano la nostra attenzione.

Una famiglia, ad esempio, che non è più in grado di mandare  a scuola i propri figli perché, frequentarla e raggiungerla materialmente da un’estrema periferia, ghetto dei neri, è costoso e pericoloso( violenze e stupri accanto alla diffusione di droghe “povere” ma letali, come il tik, sono all’ordine del giorno anche per i giovanissimi) dal momento che, oggi,  il padre di famiglia è un disoccupato e in cerca di un  lavoro che non trova.

L’uomo, infatti, dice  all’articolista :-I miei figli torneranno a scuola solo quando potrò davvero permettermelo.

Uomini e donne bianchi poi non mancano, che si offrono, come forza lavoro, in cambio magari del solo piatto di minestra giornaliero.

E  c’è la storia di una ex- missionaria in Cina, una  bianca di 49 ani, espulsa (non è chiaro il motivo) da quel Paese e che vive attualmente pulendo i gabinetti di un bagno pubblico a Città del Capo, frequentato da prostitute di colore, lenoni e bande criminali, per una paga equivalente ai nostri quattro euro al giorno.

E questa donna, Gael Brittle, non si lamenta affatto della propria condizione in quanto lei stessa racconta al giornalista di essere a conoscenza di situazioni molto peggiori della sua.

Proprio dalla conversazione con Gael emerge, tuttavia, un aspetto importante per poter zoomare la crisi sudafricana.

Gael è bianca, povera e dalla sua famiglia d’origine, al rientro in Sudafrica dopo l’espulsione, vissuta una breve fase d’accoglienza iniziale, è stata lasciata completamente sola.

I sudafricani poveri, i neri- dice Gael – vivono le tragedie della loro povertà all’interno quasi sempre di famiglie allargate , in cui la solidarietà è reciproca e non manca mai . Anche in quel pochissimo, che si ha, o si può avere, a disposizione.

E questo , in qualche modo, è di conforto e fa da argine a quella disperazione, cui alcune tragiche situazioni potrebbero condurre la persona.

In breve quello che la donna vuole far capire è che la povertà, anche quella estrema, nelle famiglie di colore è accettata e affrontata con una umanità che l’egoismo dei bianchi, invece, non conosce.

Senza contare che  la solidarietà del nero verso il bianco è spesso un optional nel Sudafrica odierno e, a giusta ragione, perché il nero non ha certo dimenticato e non dimentica il vergognoso passato recente.

Un passato che, ancora oggi, e in certi contesti bianchi, di cui le cronache c’informano ampiamente, purtroppo persiste e sussiste quanto a discriminazione e violenza .

Fosse pure solo violenza psicologica.

 

   a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

 

nella foto in basso un quartiere-ghetto di Città del Capo

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