le yogini di Juba, da unhcr.org
L'idea di portare lo yoga nel campo è venuta a Sara Gottfredsenuna funzionaria dell'UNCHR (l'agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di rifugiati) che aveva iniziato a prendere lezioni da un'insegnante inglese proprio a Juba. Perché non condividere quell'attimo di pace con le donne del campo, per offrire loro qualcosa di diverso?
L'esperimento ha funzionato, le dodici ragazze, molte delle quali vittime di strupro nel loro paese, hanno trovato nello yoga uno sfogo, un modo per elaborare le proprie privazioni ritrovando fiducia in se stesse. "Hanno un corpo eccezionale queste donne- spiega Naomi Swan, l'insegnante - riescono a tenere le posizioni per lunghissimo tempo al contrario di noi abituate a una vita sedentaria".
L'entusiasmo è ricambiato: "Sono felice, affronto meglio il mio lavoro in casa" dice Ariel Okidi, una di loro, un'altra continua nonostante i pregiudizi dei genitori, "mi dicono che facendo yoga rischio di non avere più bambini"..
A fine lezione le ragazze tornano alle loro attività quotidiane: raccogliere legna, preparare i pasti, accudire i figli. Ma quell'ora diversa, trascorsa tra donne, ha dato qualcosa: la consapevolezza del proprio corpo rubato e della propria forza interiore.
Con un po' di anticipo..Buon 8 Marzo a tutte!