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Sudest asiatico: mercati e geografia prevarranno sulla Trans-Pacific Partnership?

Creato il 19 agosto 2012 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
Sudest asiatico: mercati e geografia prevarranno sulla Trans-Pacific Partnership?

Non c’è stato molto di cui rallegrarsi nel commercio globale di questi ultimi anni. Il Doha Round sui negoziati commerciali multilaterali è in coma, se non morto. Così la Trans-Pacific Partnership (TPP), una recente iniziativa per rafforzare le relazioni commerciali tra i paesi che si affacciano sul Pacifico, è stata salutata con molto favore e sollievo, come un passo nella giusta direzione. Tuttavia, anche se la TPP deve essere approvata e elogiata per ciò che sarà – un accordo che fornisce maggior certezza nelle relazioni commerciali tra i membri – è da rilevare che non include la Cina, la seconda economia mondiale e il più grande esportatore e produttore del mondo. Per il Sudest asiatico ciò è importante. La Cina è il più grande partner commerciale del Sudest asiatico, e la TPP probabilmente non cambierà il fatto che, come gli ultimi 20 anni hanno dimostrato, i mercati e la geografia sono i principali fattori dietro l’integrazione economica dell’Asia Sudorientale con la Cina. Dopotutto, gli accordi commerciali e di investimento possono solo facilitare le forze del mercato, e non contrastarle.

Ad oggi la TPP include 11 paesi, con Giappone e Corea del Sud intenzionati a parteciparvi. Se ne entrassero a far parte, i paesi della TPP nel loro insieme rappresenterebbero il 40% del PIL mondiale e il 28% del commercio internazionale. La speranza è che la TPP infine si espanda sino a comprendere tutti i membri APEC, fino a divenire l’accordo di libero scambio (Free Trade Agreement – FTA)

Paesi membri dell'APEC
dell’area Asia-Pacifico. Ciò che rende la TPP insolita è il suo ambizioso campo di applicazione. Mira ad affrontare le barriere al commercio e agli investimenti che operano alle frontiere nazionali – e dietro di esse – non solo intervenendo sulle barriere tariffarie, non tariffarie e tecniche ma anche intervenendo sui diritti di proprietà intellettuale, sul contesto politico per le imprese statali, sulle modalità di risoluzione delle controversie tra investitori privati e Stato, sui diritti dei lavoratori e sulla tutela ambientale, solo per citarne alcuni. Il solo accordo commerciale con un simile campo di applicazione è il FTA tra Corea del Sud e USA, il quale senza dubbio rappresenta un importante punto di riferimento per i negoziatori della TPP.

Spicca l’assenza della Cina dalla TPP. È pur vero, però, che la TPP è un cantiere aperto che permette l’adesione di qualsiasi paese che sia disposto a sottoscrivere i suoi standard elevati, ed è possibile che a un certo punto la Cina possa farlo. Tuttavia è improbabile che ciò accada presto. La Cina può non essere parte della TPP, ma è sempre più centrale nel commercio in Asia. La Cina ha sostituito gli USA e la UE come più grande partner commerciale del Sudest asiatico, e l’andamento dell’integrazione commerciale tra la Cina e l’Asia sudorientale mostra pochi segni di rallentamento. La maggior parte dell’espansione commerciale dell’Asia è rappresentata dal commercio intra-industriale, che riflette la crescente importanza dei network di produzione regionale nei quali

Paesi membri della TPP (clicca per ingrandire)
differenti fasi della produzione avvengono in paesi diversi. Ciò permette alle imprese di specializzarsi, realizzare economie di scala e localizzare le loro attività dove le condizioni sono migliori per loro. Allo stesso tempo, la prossimità geografica permette di mantenere bassi i costi di trasporto e comunicazione.

La TPP certamente non farà deragliare l’integrazione commerciale intra-regionale dell’Asia per una serie di ragioni. Primo, l’Asia è probabile che resti la regione più dinamica nel futuro prossimo ed è stimato che incrementerà sempre più la domanda mondiale di beni. Il commercio intra-asiatico continuerà a crescere più veloce del commercio con il resto del mondo. Secondo, i paesi della regione hanno recentemente accentuato gli investimenti nelle infrastrutture dei trasporti per meglio collegare le economie dell’Asia Sudorientale tra di loro e con la Cina. Ciò ridurrà ancor di più la distanza economica tra le economie dell’Asia, specialmente nel Sudest asiatico continentale. Terzo, i salari reali e i prezzi dei terreni in Cina stanno crescendo e il tasso di cambio reale del renminbi si sta apprezzando. Queste tendenze spingeranno le imprese ad alta intensità di lavoro a delocalizzarsi verso le economie dell’Asia Sudorientale che abbondano di forza lavoro, contribuendo ancor più all’integrazione attraverso i flussi commerciali e di investimento. Infine, considerato l’attuale surplus del bilancio estero della Cina, sono sempre più consistenti le pressioni per le imprese cinesi ad aumentare gli investimenti diretti esteri. La maggior parte di questi investimenti è probabile che sia diretto verso i vicini paesi del Sudest asiatico.

Questa integrazione sempre più profonda dei flussi commerciali e di investimento avrà senza dubbio bisogno di una maggior politica di supporto. Ma la risposta non consiste in più FTA. Forse, la quantità enorme e intricata di FTA nella regione sta divenendo più un ostacolo che un supporto. Amministrare una miriade di regole e regolamentazioni bilaterali e multilaterali comporta costi amministrativi, ostacola l’efficienza del transito di beni attraverso i confini e in qualche modo promuove perfino la corruzione. Inoltre, quando costretti da FTA, i governi hanno fatto ricorso a politiche interne per proteggere le industrie. Per l’Asia, quindi, la risposta non sta solo nel forgiare un’intesa commerciale regionale di vasta portata che elimini il bisogno di molteplici accordi di libero scambio bilaterali e multilaterali, ma sta anche nell’assicurare che tali intese riducano le barriere commerciali interne. Ciò aiuterà a modellare e facilitare la vitalità dei mercati e il potere dei mercati in una economia regionale costantemente in crescita. Inoltre, fornirà la piattaforma per la graduale convergenza con la parallela evoluzione del TPP.

(Traduzione dall’inglese di Massimiliano Porto)


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