Wright, infatti, era in un forte stato di depressione legata al fatto di avere gravi problemi economici, il governo federale aveva messo i sigilli sia sulla sua villa ad Atlanta sia sulla sua casa di Memphis a causa dei debiti contratti, e probabilmente per non aver trovato nessuna squadra disposta a metterlo sotto contratto già nella passata stagione. Pur di non smettere e per cercare di restare più o meno in forma era andato a giocare prima in Cina, nei Liaoning Dinosaurs, e poi in Siria nell’Al Jalaa Aleppo. Ma nonostante queste due avventure anche questa estate nessuno l’aveva contatto, chiaro sintomo che la sua carriera NBA era pressochè chiusa.
Una carriera durata 13 anni e spesa tra Clippers (che lo avevano scelto con la settima moneta al draft 1996), Hawks, Grizzlies, Kings, Cavaliers (con il quale ha chiuso la sua carriera tra i Pro statunitensi) e che gli aveva portato anche qualche soddisfazione, soprattutto con Memphis, sua città Natale, con il raggiungimento dei playoff per tre stagioni consecutive dal 2003/04 al 2005/06; proprio in maglia Grizzlies erano arrivate le sue migliori stagioni, i primi due anni viaggiava a quasi 12 punti e 8 rimbalzi di media contribuendo in maniera efficace anche in difesa, di sicuro non è mai stato una superstar ma neppure si è mai comportato da tale, anzi, ha sempre tenuto un basso profilo lavorando costantemente per migliorare se stesso e i compagni più giovani.
Il proprietario dei Grizzlies, Michael Heisley, ha emesso un comunicato in seguito alla morte di Wright in cui lo ricorda:
“Siamo terribilmente tristi per la tragica morte di Lorenzen Wright. Abbiamo perso un membro della famiglia Grizzlies. Lorenzen ha fatto gioire i tifosi sul campo con la sua passione e fuori dal campo con la sua generosità. Nelle sue cinque stagioni con Memphis, Lorenzen è stato uno degli uomini chiave della franchigia nel momento in cui abbiamo raggiunto tre playoff consecutivi. Anche a nome di tutta l’organizzazione, facciamo le nostre condiglianze a tutta la famiglia.”
Rimane da chiedersi come sia possibile che una persona di 35 anni con sei figli e una ex moglie, riesca a essere sommersa dai debiti dopo aver guadagnato più di 55 milioni di dollari in una carriera così lunga, ma siccome queste storie nello sport americano sono piuttosto comuni, un motivo ci deve essere.
Ora la polizia dovrà mettersi al lavoro per capire che cosa è successo veramente: la prima ipotesi è quella del suicidio come dicevamo, ma alcune voci dicono che il 19 luglio dal cellulare di Wright sarebbe partita una telefonata diretta al 911 (in pratica il 113 americano) nella quale una centralinista avrebbe udito delle grida e almeno 10 colpi di pistola, prima della brusca interruzione della chiamata. La polizia per ora non va oltre un “no comment” e non rivela se il decesso di Wright è avvenuto per un singolo colpo di pistola, avvalorando così la tesi del suicidio, oppure se il corpo del cestista presenta più ferite da arma da fuoco, indizi ovviamente di un omicidio.